La storia come etica civile

di Margherita Angelini

 
 
 

Il saggio Uomo e natura. Antiche e nuove concezioni del rapporto tra uomo e ambiente ad una prima lettura è apparentemente distante dagli interessi di Giuseppe Galasso:[1] in realtà, come vedremo in queste brevi pagine, esso si colloca pienamente in continuità con tutta la sua riflessione storiografica poiché, per lo storico napoletano, lo studioso di storia ha una precipua responsabilità nei confronti della società in cui vive. Di origini umili, Galasso fu un “autodidatta” in quanto costruì la propria cultura leggendo libri presso una biblioteca circolante negli anni della guerra a Napoli. In una intervista del 2017 ad Antonio Gnoli affermò come: «Mi impiegai come sguattero, facchino, magazziniere. Lavorai con i francesi e poi gli inglesi. E poi, nel tempo libero, leggevo. Qualunque cosa: giornali, libri, riviste specializzate. Quel poco che si affacciava su Napoli veniva da me intercettato e divorato».[2] Visse tutti gli anni della sua giovinezza in una città che gli appariva come “uscita esaurita dal fascismo” e di cui aveva una «immagine di una realtà sforzata e patetica […] con molto ieri e poco domani intorno a sé».[3] Nel 1953 vinse una borsa di studio presso l’Istituto di Studi Storici di Benedetto Croce, ove si formarono molti giovani ricercatori del dopoguerra e di cui divenne segretario tra il 1956 e il 1958. A quel mondo rimase legato, trovandovi i suoi primi maestri fra cui Federico Chabod di cui ricordò nel 2017 come fosse persuaso che «lo studio della storia permettesse di fare cose importanti anche sul piano della coscienza civile. E che in fondo nella storia come nella vita sono le idee e i comportamenti morali a costituire il fondamento e la forza determinante della realtà umana e dei suoi svolgimenti».[4] Dal 1963 Galasso  iniziò la sua carriera accademica divenendo libero docente in storia moderna e insegnando nelle Università di Salerno, Cagliari e Napoli, dove dal 1966 entrò come professore di Storia medievale e moderna.

Tra anni Sessanta e Settanta, lo studioso napoletano si occupò di Mezzogiorno medievale e moderno, del suo ruolo nella storia d’Italia, di storia della storiografia italiana e più in generale di problemi di teoria e metodologia della storia.[5] Per Galasso il lavoro dello storico doveva nutrirsi di «un assiduo e intenso dialogo metodologico e critico con la storiografia di ieri e di oggi nei suoi aspetti sia di storiografia […] sia di orizzonte problematico generale e di dibattito storiografico del tempo dello storico».[6] Questo è dimostrato da tutti i suoi lavori in cui si occupò di tematiche molto diverse tra loro: istituzioni, società, politica, cultura e vita materiale sia di storia italiana sia di quella europea. La sensibilità dello storico napoletano per tutte le forme di conoscenza si legò non solo ad una pluralità di temi di ricerca, ma anche di approcci e di metodologie di analisi, che a volte fecero intersecare lo studio della storia con le sue componenti geografiche e socio-antropologiche.

Lungo tutto l’arco della sua vita gli interessi di Galasso furono onnivori e si confrontò con diverse correnti di pensiero quali il crocianesimo e il liberalismo così come il marxismo, quest’ultimo inizialmente dibattuto in termini polemici e successivamente approfondito, come testimonia il suo ricorrente tornare intorno al pensiero di Antonio Gramsci.[7] Non bisogna poi scordare l’interesse per autori quali Ernesto De Martino, tanto che nel 1979 scrisse una Introduzione alla riedizione della La terra del rimorso.[8] È importante, infine, sottolineare come “Uomo e natura” uscì nel 1989, un anno prima della pubblicazione del volume Croce e lo spirito del suo tempo[9] in cui Galasso analizzò il pensiero europeo tra la metà dell’Otto e Novecento: l’articolo porta anch’esso il lettore nel vivo dei dibatti sul rapporto tra uomo e ambiente lungo un ampio arco cronologico che si conclude proprio con il passaggio tra XIX e XX secolo.

Il saggio dimostra quanto sia stato continuo e inesausto il rapporto che Galasso intrattenne con tutta la storia del pensiero antico, moderno e contemporaneo, intessendo al contempo una relazione con la storiografia italiana e internazionale. Fin dalla fine degli anni Settanta, Galasso dialogò in profondità con diversi autori che non furono solo storici, ma anche filosofi, antropologi, letterati e giuristi.[10] Il saggio “Uomo e natura” è pienamente all’interno dei suoi eclettici interessi e del suo modo di intendere lo studio dei problemi storiografici poiché esso non analizza solamente la storia delle concezioni del rapporto tra uomo e ambiente nel loro complesso, ma si concentra su alcuni autori che più lo hanno colpito e con cui ha intrattenuto un rapporto intellettuale di confronto aperto.

La domanda centrale intorno a cui si muove l’articolo “Uomo e natura” è come sia stato possibile passare dall’idea di una natura “faticosa, rischiosissima, impari per l’uomo così a lungo” perdurata nella storia intellettuale allo sviluppo di una concezione “della natura madre benigna, realtà armoniosa e felice, non solo non responsabile dei problemi e delle traversie fra cui l’uomo si dibatte, ma esposta essa ad alterazioni e danni gravissimi da parte dell’uomo che, nel distaccarsene, degrada moralmente e si fa danno materialmente”.[11] Nel corso del Novecento, come nota l’autore, questa idea è poi culminata nell’ideologia ambientalista. Ciò che si evince dalla lettura complessiva del saggio è l’invito alla riflessione, centrale per Galasso, sulle responsabilità degli intellettuali e sul loro compito nella fondamentale costruzione del rapporto tra presente e passato, al fine di stimolare a considerare la riflessione sul proprio tempo non solo come un’attività disciplinare settoriale, ma anche come un’eco “di tutta la vita intellettuale, civile e morale di quel tempo”.[12] Non è un caso che l’articolo uscì per «Prospettive settanta», un’iniziativa nata per volontà di Elena Croce e che dal 1979 fu affidata alle cure dello storico napoletano. Questa rivista, nelle parole del curatore, aveva avuto il compito di portare avanti «uno storicismo coerente, ma del tutto alieno dall’addormentarsi sui suoi principii ed elementi e largamente aperto alle voci della ragione di sempre e del proprio tempo».[13] «Prospettive settanta» fu vicina ad una «liberal-democrazia a forte accento democratico, anche se aliena dalla civetteria di qualificarsi come democrazia sociale»,[14] in quanto proprio il rapporto tra liberalismo e democrazia fu uno dei temi più importanti della prospettiva storico-politica del direttore Galasso. La rivista coltivava «un’intima fede nei valori della tradizione europea e occidentale e una stretta connessione con gli indirizzi dei regimi e dei paesi nella cui vita e presenza e azione storica quei valori appaiono meglio rappresentati e vissuti; quando e nella misura in cui effettivamente lo sono».[15] Essendo gli anni Settanta una “epoca forte”, essa non aveva bisogno di un “pensiero debole” e per questo motivo la rivista doveva porsi, come successivamente “L’Acropoli” ‒ diretta sempre da Galasso ‒,[16]  come un luogo dove si sarebbe dovuta esprimere la forza del pensiero per portare un contributo di rinnovamento nella società.

L’intima e ferma certezza morale che mosse tutta l’opera storiografica di Galasso fu la convinzione che la storia non potesse dissociarsi dal vissuto. È proprio per questo che Galasso con questo saggio ‒ pur collegandosi indirettamente al dibattito internazionale sulla nascente storia dell’ambiente ‒,[17] unì alla riflessione prettamente intellettuale il proprio percorso come uomo politico: esponente del Partito repubblicano italiano, sindaco di Napoli nel 1975, fu deputato dal 1983 al 1994 e come sottosegretario al ministero per i Beni culturali e ambientali tra il 1983 e il 1987 diede un rilevante contributo all’entrata in vigore della cosiddetta legge Galasso (8 agosto 1985, n. 431), con la quale gran parte del territorio nazionale veniva sottoposto a “vincolo paesistico”. La vita intellettuale dello storico napoletano fu del tutto permeata dalla sua etica civile e in questa prospettiva è, quindi, necessario interpretare tutto il saggio così come uno degli ultimi densi ed illuminanti paragrafi in cui lo studioso affermò come:

 

non è dunque, un’ipotetica ‘responsabilità’ umana a determinare un’etica ambientale, che a sua volta richieda una politica e una cultura. È, invece, il contrario. È la storia dell’uomo ad avergli imposto problemi ‘ecologici’ e sfide ‘ambientali’ […]. Resta solo da aggiungere che la storia della quale parliamo non si esaurisce nella lezione, morta o viva che sia, del passato. È innanzitutto la storia nuova che l’uomo ‒ naturalmente e storicamente determinato ‒ ogni giorno inventa e costruisce con le sue scelte. È la storia nella quale nulla è mai dato di scontato e di definitivo, per cui non c’è un uomo concluso, così come non c’è natura conclusa una volta per tutte, e il verbo ‘conservare’ non può essere coniugato nel senso dell’imbalsamazione o dell’arresto della vita e del suo fluire.[18]

 

 

[1] G. Galasso, Uomo e natura. Antiche e nuove concezioni del rapporto tra uomo e ambiente, «Prospettive settanta», 1989, pp. 260-92.

[2] <https://www.iiss.it/intervista-a-prof-giuseppe-galasso-repubblica-marzo-2017/>.

[3] G. Galasso, Intervista sulla storia di Napoli, a cura di P. Allum, Roma-Bari, Laterza, 1978, p. 241.

[4] <https://www.iiss.it/intervista-a-prof-giuseppe-galasso-repubblica-marzo-2017/>.

[5] Tra le opere di Galasso di questi anni si possono ricordare: G. Galasso, Mezzogiorno medievale e moderno, Torino, Einaudi, 1965; Id., Economia e società nella Calabria del ̓500, Napoli, Università di Napoli, 1967 poi pubblicato da Feltrinelli nel 1975; Id., Croce, Gramsci e altri storici, Milano, Il Saggiatore, 1969; Id., Napoli spagnola dopo Masaniello. Politica Cultura Società, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1972; Id., L’Italia come problema storiografico (Introduzione alla Storia d’Italia, diretta da G. Galasso), Torino, Utet, 1979; Id., L’Italia dimezzata. Dibattito sulla questione meridionale (con G. Chiaromonte), Bari, Laterza, 1980; Id., L’altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, Milano, A. Mondadori, 1982; Id., L’Italia democratica. Dai Giacobini al Partito d’Azione, Firenze, Le Monnier, 1986; Id., “La filosofia in soccorso de’ governi”. La cultura napoletana del Settecento, Napoli, Guida, 1989.

[6] G. Galasso, Storiografia e storici europei del Novecento, Roma, Salerno editrice, 2016, p. 7.

[7] A partire dal volume G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, cit.

[8] E. De Martino, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, introduzione di Giuseppe Galasso, Milano, Il Saggiatore, 1979; in appendice si trovavano scritti di Giovanni Jervis, Letizia Jervis-Comba, Diego Carpitella, Amalia Signorelli, Ernesto De Martino, Vittoria De Palma.

[9] G. Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo, cit.

[10] Dall’esperienza delle Annales a Palmer, Hobsbawm e Namier, da Kelsen e Campagnolo a Popper, da Heidegger e Arendt a White a Vernant a Berlin, da Mosse a Nolte per citarne solo alcuni, cfr. G. Galasso, Storiografia e storici europei del Novecento, cit.

[11] G. Galasso, Uomo e natura, cit., p. 266.

[12] Id., Storiografia e storici europei del Novecento, cit., p.8.

[13] Id., Le ragioni de “L’Acropoli”, «L’Acropoli», 2000, I, p. 5

[14] Ibidem.

[15] Ibidem.

[16] «L’Acropoli» riprendeva la tradizione di «Prospettive settanta» attualizzandola e il nome della rivista che fu diretta e fondata tra il 1945 e il 1946 da Adolfo Omodeo insieme all’editore Gaetano Macchiaroli.

 

[17] M. Armiero (a cura di), Alla ricerca della storia ambientale, «Contemporanea», 5, 1, 2002, pp. 131-135.

 

[18] G. Galasso, Uomo e natura, cit., pp. 291-292.

 


Tags

STORIOGRAFIA , PROFILO INTELLETTUALE , GALASSO STORICO , POLITICA.


Categoria

Storia

Scarica il PDF

Siculorum Gymnasium

A Journal for the Humanites

ISSN: 2499-667X

info@siculorum.it