Editoriale

di Giancarlo Magnano San Lio e Antonio Sichera

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha reso a tutti consueta un’espressione, ‘resilienza’, che più o meno da un decennio aveva già assunto più matura e diffusa consistenza teorica in ambito scientifico ed accademico, ma che soltanto negli ultimi anni si è imposta nel linguaggio e nell’uso – e persino nell’abuso – della vita quotidiana. Per tale ragione abbiamo chiesto a studiosi ed esperti di diversi ambiti disciplinari di tornare a riflettere in modo circostanziato e dedicato, in questo numero di Siculorum Gymnasium, sull’origine, la consistenza etimologico-concettuale e le principali declinazioni del termine, ora che emozioni ed angosce appaiono per certi versi stemperate e ricomposte entro un quadro generale dai confini e dai colori inevitabilmente ridefiniti: le pagine che seguono costituiscono l’ampia, avvertita ed articolata risposta a tale nostra sollecitazione e sono, certamente, cifre di un interesse ancora assai vivo, nonché della possibilità di rivisitare l’intera questione in modo ancora stimolante e secondo approcci molteplici. Siamo grati, per questo, a tutti gli autori che con le loro articolate competenze e sensibilità hanno voluto ragionare con noi su un tema che, evidentemente, suscita ancora diversi interrogativi e, al di là di talune inevitabili ridondanze, mostra di meritare approfondimenti e sviluppi ulteriori.

Il dato di fondo dell’intero dibattito pare, innanzi tutto, quello dell’opportunità e persino della necessità di procedere ad una forzata e per molti versi imprevista ‘normalizzazione dell’emergenza’, all’indomani dell’inatteso ed inquietante diffondersi della pandemia e del riproporsi di ulteriori e forse fin qui sottovalutate urgenze, tra le quali il prepotente riproporsi della guerra entro scenari oramai da tempo più o meno consapevolmente ritenuti in qualche modo immuni o i ripetuti e sempre più drammatici squilibri e disastri ambientali. In tal modo, ciò che in un primo momento è stato ripreso e nuovamente utilizzato – fino a divenire di uso comune e quotidiano – nell’ambito di definizione di un progetto politico comunitario, vale a dire il concetto di ‘resilienza’, ha poi di fatto finito per dischiudere scenari assai più vasti ed incerti, quasi ad ammonire dinanzi all’ineluttabile riproporsi di situazioni-limite che forse ci si era oramai abituati a collocare in scenari ed in tempi remoti, e dunque sostanzialmente ad ignorare.

È interessante e per molti versi indicativo notare come diversi interventi tra quelli di seguito raccolti forniscano, prima di prendere in considerazione argomentazioni e trattazioni più specifiche, interessanti notazioni terminologico-concettuali in grado di ricostruire e di restituire all’espressione ‘resilienza’ una connotazione storica e teorica utile ed appropriata per riportare ed inquadrare l’intero dibattito entro una dimensione genetica ed evolutiva in grado di mostrarne, certamente, aspetti più ampi e complessi.

In una prospettiva pluridisciplinare ed interdisciplinare, il concetto di ‘resilienza’ è stato quindi declinato tenendo sempre sullo sfondo l’urgenza che in anni più recenti ne ha determinato la ripresa in diversi ambiti – non ultimo quello scientifico ed accademico – ma anche alla luce di più specifiche ed interessanti argomentazioni letterarie, filosofiche, geografiche, estetiche, in una parola ‘umanistiche’: perché ad emergere è sempre l’imprescindibile, coinvolgente e per molti versi imperscrutabile dimensione dell’umano, inteso come costitutiva connessione storica di individuale ed universale, di quanto, cioè, pur rappresentando un termine di riferimento fondamentale, se non addirittura ultimo, spesso finisce, però, per essere perso di vista, e dunque va in qualche modo recuperato, ristabilito e riaffermato. La storia universale mostra, con irrisolta ciclicità, il perpetuo e per molti versi imprevedibile reiterarsi di circostanze e di eventi che costringono ogni volta, al cospetto di ciò che rimane per lo più ignoto ed imperscrutabile, ad essere ‘resilienti’, a resistere ed a riguadagnare ragione e fondamento, sebbene al di là di qualunque anacronistica quanto improbabile volontà di dominio, ma alla luce, piuttosto, di un avveduto e costruttivo rapporto con l’altro da sé. L’irruente e continuo riproporsi di malattie, epidemie, disastri ambientali e climatici e di molto altro spinge ogni volta a riflettere con rinnovata urgenza, dunque, su qualunque eventuale travisamento ed abuso di matrice e di ispirazione antropocentrica (che la società della tecnologia e della comunicazione rende inevitabilmente più repentino e subdolo). Come dire, allora, che al di là di ogni moda o urgenza del momento, di qualunque eventuale eccesso linguistico ed abuso semantico, riflettere sulla ‘resilienza’ vuol dire tenere sempre sotto tutela critica e in una qualche misura etica il senso autentico dell’umano, tornando ogni volta a rivisitarlo ed a rimeditarlo in una prospettiva universale e cosmica complessa e tutt’altro che esclusiva: è quanto tocca fare, tra gli altri, alle istituzioni, alle attività ed agli studiosi che di questo si occupano, a vario titolo e da prospettive diverse, con responsabilità ed intelligenza, come mostrano le pagine che seguono.

In tale ottica, questo numero di Siculorum Gymnasium prova a battere ed a far battere ai propri lettori le ‘vie’ possibili della resilienza, come prospettiva teoretica e come prassi umana. Si tratta insomma di rispondere alla domanda su che cosa fare nella distretta, quali azioni possiamo mettere in campo: per resistere, per non soccombere, per intravedere il futuro. Nella sezione Res, grazie ai contributi proposti da studiosi di diverse generazioni e provenienze ma di uguale serietà, si tenta in fondo, almeno dal nostro punto di vista, di far vedere, in definitiva, come il pensiero rigoroso, il racconto partecipe, l’esperienza del dolore, la poesia della grande tradizione, la musica, il contatto con il paesaggio e la natura, la religione e i suoi riti possano divenire, se letti e vissuti con spirito di ricerca e autentica umanità, spazi di vitalità, luoghi di riscoperta del senso del vivere e dello stare assieme. Nella medesima direzione si muovono sia l’appassionato dibattito proposto da Riletture sia la solita, multiforme Agorà di Siculorum. Né si dimentichi che, come ogni volta, l’uscita della rivista coincide con l’implementazione della bibliografia dell’anno sulla Sicilia, vista da tutti i punti di vista: è l’obiettivo pluriennale perseguito da BiblioSicily.

Vale allora la pena di ribadire, per chiudere, quanto sostenuto in fase di ideazione e di progettazione di questo numero di Siculorum Gymnasium, cioè l’opportunità di fare riferimento all’etimologia latina del termine ‘resilienza’, dunque al verbo resilire, una sorta di ‘rimbalzare indietro’ che vuole in una qualche misura sottolineare proprio tale capacità di assorbire eventi e traumi della vita e della storia, sapendo ogni volta riguadagnare, con ansie e fatiche più o meno intense, una condizione esistenziale più consona ed adeguata. Viene fuori, se si vuole, l’apparente paradossalità di quanto, pur manifestandosi in modo inatteso e traumatico, di fatto finisce per rivelarsi, invece, originario e costitutivo della vita e dei suoi ininterrotti corsi e ricorsi, dove ad essere ogni volta chiamata in causa è la capacità di porre un argine e di fronteggiare le diverse situazioni, cioè di custodire sempre e comunque la speranza e la forza di recuperare, all’indomani di ogni emergenza, autenticità e vita.

 



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Siculorum Gymnasium

A Journal for the Humanites

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