Renata Lavagnini, Cristina Rognoni (a cura di), Byzantino-Sicula VI. La Sicilia e Bisanzio nei secoli XI e XII, Atti delle X Giornate di Studio dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini (Palermo, 27-28 maggio 2011), Palermo, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici “Bruno Lavagnini”, 2014, pp. 373, XXV tavole, € 50.

di Giulia Arcidiacono

In accordo con l’indirizzo interdisciplinare che distingue tradizionalmente le iniziative promosse dall’Associazione Italiana di Studi Bizantini, il volume che raccoglie gli atti della decima giornata di studio restituisce una riflessione corale sui rapporti storici, culturali e artistici intercorsi tra Bisanzio e la Sicilia dominata dai Normanni. I saggi storico-artistici condividono in particolare, in modo consequenziale rispetto al tema trattato, la focalizzazione sui due monumenti-simbolo del rapporto tra Ruggero II e Bisanzio, oggetto di un recente dibattito che ha condotto ad una revisione di conclusioni storiograficamente consolidate: la Cappella Palatina di Palermo e la chiesa eretta alla Vergine da Giorgio di Antiochia.
Al pannello di dedica che, nella chiesa dell’Ammiraglio, raffigura il suo fondatore ai piedi della Vergine, Simona Moretti ha correlato segnatamente l’immagine della Vergine Haghiosoritissa che – copia probabile, a suo parere, di un’icona a mosaico – orna il primo foglio del typicon della confraternita di Santa Maria di Naupaktos, portato in Sicilia dall’antiocheno dopo la conquista di Tebe. Che il pannello della Martorana abbia trovato la sua fonte nella miniatura o che sia stato il soggetto riprodotto a motivare il trasporto in Sicilia della pergamena, le scelte dell’Ammiraglio potrebbero essere all’origine, osserva la studiosa, della diffusione del tipo iconografico dell’Haghiosoritissa nella Palermo di Ruggero II.
Anche Beat Brenk, nel suo contributo, pone in assoluta evidenza la figura di Giorgio di Antiochia, attribuendogli la responsabilità di avere scelto il mosaico bizantino quale mezzo espressivo per decorare la sua cappella privata e quella del suo re. Gli apparati musivi delle due chiese non presuppongono comunque, a suo avviso, un rapporto modello-copia, dovendosi attribuire all’attività parallela delle maestranze coinvolte. Guardando al cantiere della Palatina, Brenk riassume i risultati delle sue ultime ricerche, confermando l’ipotesi circa la contestualità dei mosaici dell’area presbiteriale, di quelli del cleristorio della navata centrale e del soprastante soffitto, che ritiene frutto della cooperazione tra artisti fatimidi e un concepteur normanno. Le relazioni cronologiche tra la chiesa dell’Ammiraglio e la Cappella Palatina sono discusse anche da Ruggero Longo, che affrontando il tema da un’angolazione privilegiata – quella dei pavimenti musivi – riconosce al pavimento della Martorana una precedenza esecutiva, pur condividendo con Brenk l’ipotesi di una sostanziale contemporaneità tra i due cantieri. Ribadendo conclusioni in altra sede esposte, Longo riconduce alla Campania l’origine di entrambe le squadre di artisti e analizza comparativamente i materiali impiegati, i procedimenti tecnici e i principi compositivi del linguaggio formale che, spiccatamente bizantino nella Martorana, gli appare prevalentemente islamico nella Cappella Palatina, in accordo a quell’ibridismo sincretico che riflette le direttive propagandistiche della committenza. Infine Vladimir Zoric individua ed analizza le aggiunte edilizie che hanno modificato l’assetto della Cappella Palatina dopo l’età ruggeriana, mettendo in luce il ruolo di committente svolto da Guglielmo I.
I saggi storico-artistici rispecchiano dunque le tendenze di un dibattito all’avanguardia, i cui termini essenziali riguardano aspetti cruciali quali cronologia relativa dei cantieri ruggeriani, committenza, area di provenienza delle maestranze e dei materiali utilizzati, i modelli di riferimento e il loro significato ‘retorico’. Nel complesso il volume offre un contributo rilevante per il prosieguo degli studi, non solo perché converge su un tema essenziale per la comprensione della storia della Sicilia medievale, ma anche in quanto prezioso strumento di aggiornamento critico, metodologico e bibliografico.


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BISANZIO , RUGGERO II , STORIA DELL'ARTE MEDIEVALE , MEDIOEVO


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Arte e spettacolo

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