Giuseppe Traina, Siciliani ultimi? Tre studi su Sciascia, Bufalino, Consolo. E oltre, Modena, Mucchi, 2014, pp. 118, € 15.

di Maria Panetta

Il denso volume di Giuseppe Traina raccoglie tre saggi dedicati a Sciascia, Bufalino e Consolo, e tre brevi scritti su Sciascia già usciti in precedenza su rivista o in atti di convegni, ma aggiornati per la pubblicazione. La Prefazione di Giuliana Benvenuti definisce il volume un «atto d’amore nei confronti della grande tradizione letteraria siciliana o, se si vuole, della “letteratura in Sicilia”» (p. 9), ma ne sottolinea opportunamente anche il senso di «interrogazione intorno alla contemporaneità» (ibidem).
Non ci si può esimere dal chiedersi se la voluta ambiguità del titolo alluda agli ultimi tre grandi siciliani, oppure si riferisca proprio agli scrittori della contemporaneità, «ultimi» nel senso di ‘più recenti’ ma non per questo privi di una rilevanza nel panorama siciliano, nazionale e internazionale. E, di conseguenza, se gli ‘ultimi siciliani’ abbiano perduto, secondo il parere del critico loro conterraneo, le caratteristiche peculiari comuni a quella ‘linea siciliana’ della tradizione letteraria nazionale, «sulla via dell’omologazione a un discorso italiano nel quale si vanno elidendo i segni e i conflitti culturali e regionali» (ibidem). Traina ha risposto a tali interrogativi sul numero di «Diacritica» del 25 ottobre 2015 (http://diacritica.it/letture-critiche/siciliani-ultimi-risposta-a-maria-panetta.html): «Sciascia, Bufalino e Consolo sono senz’altro gli ultimi scrittori siciliani assimilabili in toto a una grande tradizione; i loro successori stanno “oltre”, con un piede nel passato (alcuni di loro proprio guardando al modello di questi tre scrittori […]) e con un altro nel presente, inevitabilmente proiettandosi nel futuro […] l’operazione di […] “aggiornamento” tematico, stilistico e prospettico viene condotta, dagli scrittori del XXI secolo […], senza nostalgia per quel passato glorioso».
La sezione più ‘militante’ del volume è rappresentata dall’introduzione dell’autore: partendo da una distinzione tra ‘letteratura siciliana’ e ‘letteratura in Sicilia’, Traina distingue scrittori che hanno «coltivato un’ostinata ‘isolitudine’» (p. 13) da altri che si sono allontanati dall’isola, conservandone sempre il ricordo e riservandole centralità nella propria produzione letteraria (come Consolo o Bonaviri), oppure «optando per orizzonti culturali assai diversi ma non meno centripeti» (ibidem), come Ripellino o Samonà. Molto pertinente la domanda che Traina si pone riguardo alla consapevolezza o meno degli scrittori siciliani contemporanei di discendere dalla «linea ‘lirica’ Verga-Vittorini-D’Arrigo-Bonaviri-Consolo» (p. 15, come le cit. sgg.) o da quella «“prosastica” De Roberto-Pirandello-Borgese-Brancati-Sciascia», oppure di rientrare nel novero dei «grandi eccentrici o grandi incompresi» come Tomasi, Fiore, Samonà e Bufalino.
L’introduzione-bilancio (ma anche «‘rilancio’ verso il futuro», p. 22), fingendo di avviare l’elaborazione del lutto per la fine della letteratura siciliana, in realtà la mette in dubbio («se lutto è», ibidem), ottimisticamente rivolta a «cogliere quel che di buono s’affaccia a un orizzonte che può essere molto a portata di mano» (ibidem). E, anzi, finisce per identificare il ‘filo rosso’ che collega i grandi scrittori siciliani del Novecento ai loro conterranei contemporanei nella dimensione ‘esistenziale’ che accomuna anche l’idea di letteratura come impegno di Sciascia, quella di letteratura come opposizione al potere di Consolo e quella di letteratura come «universo/soluzione alternativa che consenta di preservare l’umanità dell’uomo» (p. 23) di Bufalino.

 


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LEONARDO SCIASCIA , GESUALDO BUFALINO , VINCENZO CONSOLO , LETTERATURA SICILIANA


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Letteratura

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