Antonello Battaglia, Sicilia Contesa. Separatismo, guerra e mafia, Roma, Salerno, 2014, pp. 142, € 12.

di Manoela Patti

In Sicilia Contesa. Separatismo, guerra e mafia Antonello Battaglia, storico delle relazioni internazionali, ripercorre la parabola separatista nell’isola dalla nascita del Movimento indipendentista siciliano (MIS), in concomitanza con lo sbarco anglo-americano del 10 luglio 1943, all’esaurirsi del movimento dopo l’ultima definitiva sconfitta, alle elezioni regionali del 1951, in cui il MIS ottenne meno del 4% delle preferenze.
Il saggio si articola in cinque capitoli, preceduti da un’introduzione in cui l’autore, sulla scia di una mitologia ‘indipendentista’ cara ad un’antica e radicata ideologia sicilianista – della quale peraltro non viene esplicitata la strumentalità −, individua una linea che dai Vespri siciliani, attraverso i secoli, condurrebbe direttamente al separatismo del secondo dopoguerra, e infine, in anni a noi più vicini, al successo dei movimenti politici che si riallacciano alla tradizione rivoluzionario-indipendentista (l’MPA per esempio). I primi tre capitoli si concentrano sull’affermazione del MIS, guidato da Andrea Finocchiaro Aprile, tra guerra e dopoguerra; gli ultimi due ripercorrono le tappe della ‘guerra’ separatista nell’isola, che oppose le frange estremiste del MIS, militanti nel cosiddetto Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia, e lo Stato, e che si concluse con il successo della repressione statuale e con l’affermarsi dell’opzione autonomistica nel 1947.
Le fonti di cui si vale l’autore per raccontare questa breve storia del separatismo siciliano sono interessanti. Si tratta per esempio delle carte dell’Archivio Finocchiaro Aprile o dei rapporti dell’intelligence militare italiana (SIM) custoditi presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (AUSSME). Tuttavia la sensazione è quella di trovarsi di fronte alla narrazione di vicende già note, presentate all’interno di un quadro di riferimento di cui sarebbe stato forse necessario sottolineare maggiormente la complessità. Contesto che, peraltro, viene analizzato secondo chiavi di lettura ormai un po’ superate. Nonostante l’ampiezza dei riferimenti bibliografici, il saggio non tiene infatti conto, neppure per contestarli, di alcuni tra i più importanti contributi sul tema. Pensiamo per esempio agli studi di Mangiameli, di cui andava preso in considerazione almeno il fondamentale La Sicilia in guerra, pubblicato ormai nel 1986 ne La Sicilia uscita per Einaudi a cura di Maurice Aymard; oppure ai lavori di Giuseppe Giarrizzo e di Salvatore Lupo. Gli stessi Francesco Renda o Giuseppe Carlo Marino, che pure sono citati, non sono utilizzati per approfondire criticamente il tema.
Così, ad esempio, l’autore fa sua, senza alcun vaglio critico, la vulgata che vuole lo sbarco anglo-americano propiziato da «trattative tra i servizi segreti americani e la mafia», e attribuisce «un ruolo importante» a Lucky Luciano (p. 15). Di contro, poco spazio è dedicato all’analisi dei rapporti tra mafia e separatismo o al ruolo dei partiti del CLN, riaggregatisi già alla fine del ’43 intorno all’opzione autonomista. Limitati ci sembrano anche gli approfondimenti critici della dimensione altamente conflittuale attraversata dall’isola e del ruolo dei separatisti nelle agitazioni (basti pensare all’appoggio dei separatisti al fronte compatto di coloro che evadevano gli ammassi granari). Nella ricostruzione della stagione separatista siciliana, i nodi interpretativi finiscono così per restare spesso sullo sfondo, accennati in qualche caso, ma raramente sviluppati, a vantaggio di una narrazione che a tratti si fa quasi cronachistica. Un peccato, visto il sostegno di una buona ricerca documentale, che avrebbe meritato un maggiore sforzo interpretativo.


Tags

SEPARATISMO , MAFIA , MIS


Categoria

Storia

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