Manoela Patti, La mafia alla sbarra. I processi fascisti a Palermo, prefazione di Salvatore Lupo, Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2014, XII, pp. 255, € 15.

di Francesco Di Bartolo

Il libro tratta la vicenda del processo giudiziario alla potente cosca mafiosa della borgata palermitana di Santa Maria del Gesù ai tempi del fascismo. La prefazione è di Salvatore Lupo e il volume consta di quattro capitoli. Nel primo è descritto l’ambito storiografico in cui è stato possibile rintracciare le prime inchieste sociali e politiche della Destra post-unitaria fino ai processi svolti durante il fascismo e la definizione, in termini giuridici e filologici, del fenomeno mafioso. L’autrice intende portare alla luce i paradigmi e le retoriche dell’antimafia del regime: «Oltre che operazione più prettamente poliziesca […], l’antimafia del regime fu pertanto sin dall’inizio anche operazione politica […] il cui obiettivo era quello di guadagnare il consenso delle masse» (p. 31). Nel secondo e terzo capitolo, Patti rintraccia i fili delle relazioni dell’organizzazione criminale con l’economia e la società e le connessioni con il potere politico. È importante che gli storici inizino a esplorare da dentro le relazioni mafiose, che pur mostrando una straordinaria continuità, una sorta di carattere invariante, presentano simultaneamente una singolare capacità di trasformare al loro interno le gerarchie di potere e gli affari illeciti.
Gli ultimi due capitoli tornano a riflettere sul paradigma dell’antimafia del fascismo. A tal proposito la studiosa analizza le vicende del processo alla cosca durante il fascismo all’interno di una riflessione storiografica più ampia attorno ai processi di mafia degli anni ’30, inaugurata dallo storico inglese Cristopher Duggan. Le fonti utilizzate, giudiziarie e poliziesche, sono inedite, copiose e ben selezionate. Dall’utilizzo di tale materiale emerge un quadro in cui l’azione repressiva del fascismo consentì di far affiorare un mondo ‘sotterraneo’ di relazioni criminali, di nomi e cognomi prima di allora sconosciuti financo alle cronache giornalistiche. Il contesto storico in cui avvennero i processi di mafia durante il fascismo, e non sarebbe del tutto fuorviante affermare che si trattò di un primo maxi-processo, è risaputo. Per l’autrice, l’antimafia democratica degli anni ’80 è stata, infatti, ben più efficace di quella fascista (p. 239), ma tralasciando tale giudizio, che andrebbe approfondito e che mostra tesi contrapposte, se ci si lascia trasportare troppo dalle fonti giudiziarie si rischia di scrivere una storia processuale della mafia e non la storia della mafia. Da questo punto di vista è stato lo stesso Duggan a chiarire l’oggetto dell’indagine e a indicare un ragionato utilizzo delle fonti giudiziarie che andrebbero incrociate con altrettante fonti documentarie di varia natura e provenienza. Il libro offre spunti di riflessione quando getta un ponte di continuità con la mafia del ventennio 1980-2000. Nella prefazione Salvatore Lupo scrive che nel passaggio tra gli anni ’70 e gli anni ’80 «la mafia si palesò in tutta la sua nuova pericolosità per la convivenza sociale e per la stessa democrazia italiana mentre era impegnata in modernissime forme di business, mentre provava a prendere il potere». Delle strategie nuove e modernissime si sa ancora poco o nulla. La straordinaria attitudine terroristica della mafia degli anni ’80, che coincise, non a caso, con il fiorire delle trame terroristiche su scala mondiale, mal si coniuga con ciò che fin qui si è tentato di analizzare. Basti pensare alla differenza tra la violenza mafiosa del secondo dopoguerra, legata allo scontro di classe nelle campagne a seguito dei provvedimenti Gullo, e le stragi rivolte ai corpi dello Stato e alle guerre dichiarate dalla fine degli anni ’70 al 1993, che si configurarono come vere e proprie ‘carneficine’. Chi indaga ‘l’immaginario collettivo’ conferma una sostanziale mutazione del ‘vissuto’ della violenza del fenomeno mafioso tra i due periodi sopra citati. Quel surplus di violenza ruppe un secolare equilibrio dei rapporti della mafia con la società, decretando, forse, anche la progressiva scomparsa della prima. La congiuntura terroristica-mafiosa non sembra immediatamente riferibile, per modus operandi e intensità, ai tradizionali strumenti di controllo del territorio e di ‘regolamento di conti’, tipicamente mafiosi. Assomiglia, invece, a una ristrutturazione, come nei moderni processi capitalistico-finanziari, che passa attraverso la disgregazione della ‘vecchia materia’ produttiva. Insomma, vi fu, per un breve periodo, un mutamento del ‘protocollo operativo mafioso’ sul quale ancora si dovrà indagare storicamente.

 


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MAFIA , ANTIMAFIA , PALERMO , FASCISMO


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Storia

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