Pasquale Hamel, Federico III: il lungo regno, vita avventurosa di Federico III di Sicilia, Cosenza, Rubbettino, 2014, pp. 142, € 10,20

di Francesco Carbonaro

Quando si tratta della vita di una sovrano la possibilità di lasciare ampio spazio alle leggende o all’aura di mito che lo ha attorniato è particolarmente elevata. Già la questione sul Federico II di Kantorowickz ha costituito un tassello all’interno dell’ampia discussione sulla metodologia di ricerca in grado di indagare, quanto più oggettivamente e storicamente possibile, la vita di un uomo che ha retto le redini di un’entità statuale ben precisa.
Con tale problematica Pasquale Hamel ha dovuto fare i conti nella stesura del libro Federico III: il lungo regno, vita avventurosa di Federico III di Sicilia pubblicato da Rubbettino. L’autore, in questo caso, dirige la propria ricerca storica su terreni non inesplorati, già trattati da altri studiosi (come Salvatore Fodale), sui cui testi egli costruisce la propria immagine del sovrano aragonese. Il risultato è quello già raggiunto dall’autore nei suoi lavori precedenti; Hamel sembra voler dipingere un affresco di Federico III dalle tinte romanzesche, a cromature avventurose (non a caso il lemma si ritrova nel titolo), realizzando così un’opera dove il piacere di leggere prevale su qualsiasi altra pretesa scientifica.
Lo scrittore agrigentino tende infatti a fornire un resoconto dei rapporti che costellarono la vita di Federico III: quello con il fratello in primo luogo, con l’ammiraglio Ruggero di Lauria e con il papa Bonifacio in secundis. Il risultato è quello di un racconto nel quale sono gli uomini che fanno la storia. In primo piano rimane sempre l’aspetto umano come se Hamel volesse proseguire sulla strada tracciata da Bloch, che considerava la storia come un’antropologia, una storia dell’uomo.
Proseguendo su questo sentiero, l’autore lascia ampio spazio anche alla componente emotiva dei personaggi di questo romanzo storico. L’intento che anima l’intero organismo del libro è infatti quello di carpire l’attenzione di un lettore non addetto ai lavori. Per raggiungere tale obiettivo la trama sulla quale Hamel intesse questo suo lavoro rimane dunque di matrice romanzesca. Croce e delizia di questo libro è la capacità di affrontare la materia storica con un grande coinvolgimento, che può allettare i palati meno ‘scientifici’. Basti leggere le pagine dedicate alla battaglia di Capo d’Orlando del 3 Luglio 1299, per vedere come Pasquale Hamel tenda a dar risalto al fattore spettacolo piuttosto che a una ricostruzione storicamente fondata dell’evento.
Non c’è nel libro una metodologia di indagine storica. L’assenza di uno studio della diplomatica legata al regno di Federico III costituisce la mancanza più rilevante perché fa scomparire l’aspetto più tipicamente politico della reggenza del sovrano siciliano. La politica interna non risulta oggetto di alcuno studio da parte di Hamel.
Il libro appare dunque interamente opera di approccio alla Sicilia della seconda metà del XIII secolo. Un punto di partenza che non può soddisfare però le esigenze di una metodologia storicamente fondata.



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Storia


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