L’Europa, una babele di lingue

di Maria Chiara Ferraù

Arabo, greco, inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, turco, bulgaro, austriaco, danese, croato, portoghese, polacco, ceco, romeno, sloveno, svedese. Sono alcune delle lingue parlate nei 28 paesi che fanno parte dell’Unione europea. Una babele di lingue che rende difficile l’integrazione fra i popoli, nonostante l’Unione negli atti ufficiali si esprima solitamente in inglese, tedesco e francese.

L’Europa affonda le sue origini negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, poi arriva un periodo di crescita economica, un mercato unico, la caduta delle barriere per i cittadini membri per arrivare infine alla moneta unica nel terzo millennio.

In Europa la diversità linguistica è pane quotidiano. Le lingue sono parte integrante dell’identità europea e l’espressione più diretta della cultura. “Unita nella diversità” potrebbe essere il motto dell’Unione europea dal punto di vista linguistico. Ogni Stato membro ha le proprie peculiarità che sono costituite dal tessuto sociale, culturale, artistico e anche linguistico.

Sarebbe riduttivo provare ad uniformare l’Europa dal punto di vista delle lingue. È importante, infatti, che ogni nazione preservi la propria identità che si fonda anche sulla lingua. Tanto è vero che uno dei valori fondamentali dell’Unione, al pari del rispetto per la persona e dell’apertura nei confronti delle altre culture, è il rispetto della diversità linguistica. «L’Unione», si legge nell’articolo 3 del Testo Unico Europeo, «rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica.«

E se esiste una moneta unica (anche se non per tutti gli Stati membri) non è così per la lingua ed è giusto così perché ogni Stato deve mantenere la propria identità. Nel corso degli anni l’Europa ha lavorato affinché ogni cittadino europeo fosse in grado di comunicare in due lingue oltre che nella propria. Ma la lingua madre dovrà comunque essere salvaguardata. Negli ultimi trent’anni grazie ai programmi di integrazione culturale quali Erasmus, Erasmus+, Comenius, Leonardo e altri, i cittadini europei hanno imparato ad interagire con i cittadini di altri Stati membri, apprendendo le altre lingue straniere e riuscendo così a comprendere e a farsi comprendere. Conoscere lingue straniere differenti dalla propria è molto importante per arricchire il proprio bagaglio culturale, ma anche per lavorare. Le imprese hanno bisogno di persone capaci di comunicare nella lingua dei loro clienti e il plurilinguismo è una dote talvolta indispensabile nel mercato del lavoro.

La lingua franca per l’Unione europea, è l’inglese, compreso e parlato in tutto il mondo. Ma non basta conoscere questa lingua. Occorre, come prevede l’Unione, che ogni cittadino impari almeno due lingue oltre alla propria. Questo per far fronte a diverse necessità sia dal punto di vista della comunicazione sia lavorativo. Un italiano, ad esempio, potrà essere assunto in Francia per un lavoro che richiede la conoscenza di una lingua franca quale l’inglese, ma è necessario in questo caso che conosca anche il francese. La lingua franca da sola non gli consentirebbe, infatti, di poter svolgere le attività quotidiane più banali, come andare a fare la spesa ed integrarsi nella vita sociale.

L’ideale per un cittadino europeo sarebbe riuscire a parlare almeno due lingue differenti dalla propria. Oltretutto, a detta di tutti i plurilingui, quando si impara una seconda lingua, impararne una terza e poi ancora una quarta o una quinta, diventa molto più facile. E poi nella nostra Europa in cui molte lingue appartengono allo stesso ceppo, sarà ancora più facile impararne in numero maggiore. I giovani si trovano in posizione privilegiata, dato che la scuola resta il principale luogo dell’apprendimento. Il problema è che ogni stato membro dell’Europa ha la sua legislazione in materia scolastica.

La Commissione europea indica la conoscenza delle lingue straniere come una delle priorità delle politiche per l’istruzione e la formazione. Per questo nel 1990 l’Unione ha inaugurato il primo programma Lingua e da allora promuove l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue straniere, nonché la mobilità di tutti i cittadini attraverso programmi mirati di istruzione e formazione professionale.

Oggi, allo stato attuale delle cose, è difficile che ogni cittadino europeo conosca altre due lingue oltre alla propria. Ma l’obiettivo dell’Unione non appare così lontano. Gli studenti europei sono sempre più inclini ad imparare più lingue per diventare davvero cittadini poliglotti. Il processo di integrazione linguistica non avverrà mai nella sua interezza, ma sicuramente si arriverà ad un momento in cui tutti gli europei riusciranno a comprendersi perché avranno imparato le lingue degli altri stati membri. Se non di tutti, almeno degli stati limitrofi. E se questo non dovesse accadere, sicuramente tutti i cittadini europei potranno utilizzare la musica quale mezzo di comunicazione universale.

 


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LINGUE , FORMAZIONE , PROGRAMMI , ESTERO


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Educazione e società

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