“What is an emotion?”

di Giovanni Salonia

Non cerco la salvezza nell’irrigidimento,
il meglio della sorte umana è il brivido:
caro si paga al mondo il sentimento,
ma solo chi è commosso sente a fondo l’immenso
(J.W. Goethe)[1]
 
 
 
1. Una domanda antica e nuova
Iniziamo il nostro percorso proprio dalla domanda elementare: “cosa sono le emozioni”?
Constatiamo innanzitutto che le emozioni accadono e non siamo noi a deciderle. Accadono prima ancora che noi ne diventiamo consapevoli. A volte, poi, non riusciamo neppure a dare un nome all’emozione che proviamo. Ecco perché “di nessuna emozione devi vergognarti”.[2] Le emozioni continuamente ci avvertono su come stiamo nel mondo. È una spontanea e attendibile autovalutazione del nostro esserci-nel-mondo-qui-e-adesso. Ogni emozione, poi, non solo ci dice come stiamo nel mondo adesso, ma fa molto di più: è una spinta a cambiare il rapporto Organismo-Ambiente. La matrice semantica non mente: l’e-mozione è un ex-movere (un muovere “da”) e dunque un muovere “verso”, cioè esprime un’intenzionalità. Un presente in movimento. Erving Polster amava chiamarlo “now-for-next”.[3] La saggezza greca lo affermava da tempo: «tutto è in movimento».[4]
L’intenzionalità di una emozione tende verso due obiettivi: o a farci sentire a nostro agio nelle situazioni (il sentirsi fit) o a raggiungere una sensazione di pienezza (fullness).[5]
Oltre alla spinta all’agire, le emozioni hanno una tonalità, che può essere piacevole o spiacevole. Immaginando un quadrante di due assi cartesiani, le emozioni trovano la loro collocazione (ad es. entusiasmo: attivo-piacevole; rabbia: attivo-spiacevole; tristezza: passivo-spiacevole e così via). Per quanto riguarda l’asse dell’agire, è necessario tener presente che l’emozione spinge o verso un’azione in vista di uno scopo ben preciso o verso l’espressività di uno stato d’animo (sono felice e danzo).[6]
Un tema discusso riguarda la collocazione corporea delle emozioni. Reich[7] assegnava ad ogni emozione un posto in una parte specifica del corpo, mentre per altri (Downing)[8] ogni emozione si può avvertire indifferentemente in vari arti del corpo. A me pare che le due teorie si integrino definendo quella di Reich “collocazione primaria” e quella di Downing “stratificazione”. Esempio: nel bacino si collocano in genere emozioni calde e piacevoli ma, se ci sono state esperienze di blocchi, anche la rabbia o la depressione possono essere collocate nel bacino. Così l’ansia è dovuta al contrarsi (da angustus) della cassa toracica, il che ostacola l’immissione di ossigeno, bloccando l’energia che dall’ossigeno sarebbe invece alimentata e creando una condizione di immobilità dinanzi a qualcosa che non si riesce a (o non si vuole o si teme di) fare.[9] Viceversa, chiamiamo rabbia quella emozione che ci porta a concentrare l’energia nella parte alta del corpo e soprattutto negli arti superiori, pronti a sporgere il torace in avanti, a digrignare i denti o a sferrare un pugno. L’invidia si limita a coinvolgere la sfera mentale e in particolare gli occhi (l’etimo video-in, come sempre, illumina il senso), creando una iper-accentuazione di attenzione ed un conseguente stato di alterazione percettiva e di sofferenza.[10]
Esistono poi molte emozioni – paura, rabbia, disgusto, interesse, gioia, sorpresa, disprezzo, imbarazzo, vergogna, gelosia, invidia, gratitudine, ammirazione, indignazione, compassione – che, in base alla loro natura, si possono ricondurre in due grandi tipologie: le emozioni che potremmo definire “sociali” in quanto accomunano tutti gli esseri umani (avvertendo una forte scossa di terremoto, tutti provano paura) e quelle “personali” in quanto risposta individuale ad un evento (così, di fronte ad un  fulmine in alto nel cielo, ci si può impaurire o si può restare affascinanti dalla suggestione estetica di quello squarcio di luce).
 
   2. Il lungo cammino delle emozioni
Le emozioni nella storia del pensiero sono state da sempre più temute che tollerate.[11] Già le prime parole del poema per eccellenza entrano subito nel vivo del problema: l’argomento sarà l’ira (la passione), causa di dolori infiniti.[12] Né sicuramente gli dei erano a propria volta esenti da passioni, anzi era la loro hybris la causa dei peggiori mali dell’uomo. Il pathos delle antiche tragedie era dato spesso proprio dagli insolvibili tormenti a cui le passioni che si agitavano nei cuori – degli uomini e degli dei – condannavano chi ad esse dava ascolto.
Si riteneva sapienza del vivere la razionalità: quel therapeutikos logos che, nella sua stessa definizione, si pone come farmaco contro il grande male che lo contrasta. Il corpo, col suo bagaglio di emozioni, era in tale prospettiva prigione dell’anima, ne tarpava le ali impedendole una vita serena, che – nell’accezione più alta – equivaleva a vita stabile: «Quando l’anima si serve del corpo, va errando qua e là e si confonde e barcolla come ubbriaca».[13]
L’emozione – questa la certezza condivisa per secoli – ci rende istintivi, mentre la ragione ci qualifica come umani. Le emozioni vanno governate, pena il regredire allo stadio animalesco. Sentimento o ragione. Piacere o dovere. Essere uomini era essere lucidi, con la mente sgombra da condizionamenti del cuore: solo nella sordità alle emozioni l’uomo poteva decidere assennatamente. Essere attenti alle emozioni sarebbe stato già accondiscendere ad esse.
Voce a sé Pascal, che riconosce che «il cuore ha ragioni che la ragione non conosce».[14] Pochi anni dopo, nel 1649, Descartes dedica un intero trattato allo studio delle passioni umane:[15] un’analisi minuziosa e apprezzabilmente tesa a darne una lettura quanto più scientifica possibile, se non fosse per quel dualismo irriducibile tra res cogitans e res extensa che rendeva praticamente non comunicanti mente e corpo (con relative emozioni).[16] Il suo ancorare la certezza stessa e il senso del proprio esistere al cogitare non lasciava dubbi sul valore antitetico attribuito alle emozioni.[17]
Il cammino procede. È l’epoca dei “maestri del sospetto”[18] e ci si muove finalmente verso una rivalutazione delle emozioni: «Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua miglior saggezza»[19] – avverte Nietzsche. Con lui le emozioni acquistano priorità rispetto alla ragione, operando un capovolgimento che inaugura nuovi percorsi di pensiero sulle emozioni.   
È la curvatura psicologica del discorso sulle emozioni che compie William James col suo articolo intitolato proprio What is an emotion? [20] La sua domanda punta al centro. Qui egli pone l’ipotesi che la persona, dinanzi ad un orso, non trema perché ha paura ma ha paura perché trema. C’è una matrice corporea nell’emozione definita paura: una modificazione periferica dell’organismo che determina l’emozione (si parla, infatti, di teoria periferica o teoria del feedback). L’evento emotigeno comporterebbe una modificazione del sistema neuronale per cui si determina una reazione che è quella che noi chiamiamo emozione. «La mia tesi – scrive James – è che i cambiamenti corporei seguono direttamente la percezione del fatto eccitante e che la nostra sensazione degli stessi cambiamenti, man mano che si verificano, sia l’emozione».[21] Le emozioni sono per lui la lettura di cambiamenti fisiologici che registriamo in noi, come l’accelerazione del battito cardiaco o le tensioni muscolari. L’emozione è così per James una attivazione fisiologica, una reazione su base biologica, che accade soprattutto a livello dei visceri. C’è dunque una connessione diretta fra il sentire emotivo e l’espressione di esso.
Applicando la teoria di James allo studio degli animali, Cannon (1927)[22] non trovò dei riscontri utili a confermarla. Per Cannon l’origine dell’emozione non è periferica ma centrale (a livello di regione del talamo), né le emozioni sono sempre necessariamente espresse fisicamente.
Esse sono l’esito di come percepiamo e valutiamo le condizioni ambientali rispetto al nostro benessere e al raggiungimento dei nostri scopi. Sono dunque la conseguenza di un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione (e ciò accade secondo lui in base ad un frame di utilità).
Mentre per James era necessario che accadesse una risposta del corpo alla vista dell’orso per poter avere la percezione dell’emozione, per Cannon era la diretta attivazione del talamo causata dalla vista dell’orso che determinava l’emozione che, a sua volta, avrebbe causato quelle manifestazioni fisiche che solitamente la accompagnano. È per questo motivo che tali reazioni potevano anche non esserci, poiché l’emozione era già attivata nel cervello a prescindere dalle manifestazioni di essa.
Le due teorie (di James e di Cannon) si sono però fermate agli aspetti biologici dell’emotività, ignorando gli aspetti più psicologici. Torneremo sulla domanda di James al termine della nostra riflessione.
Schachter (1962)[23] compie una analisi psicologica delle emozioni e arriva alla teoria cognitivo-attivazionale, secondo cui un evento emotigeno attiva il corpo, cui segue una spiegazione. L’Ellenismo aveva già considerato le emozioni un fatto intellettivo, una forma di opinione espressa su qualcosa, una erronea mozione mentale in antitesi alla razionalità – un «giudicare di sapere ciò che non si sa»[24] – in una visione generalizzante di contrapposizione razionalità/emozione, adesso però si ha con Schachter un significato situazionale per cui le emozioni dipendono dal modo in cui gli individui valutano e interpretano gli stimoli del loro ambiente.[25]
Circa le situazioni scatenanti un’emozione, è diffusa l’ipotesi di una finalità utilitaristica che – percepita come possibile – attiverebbe il movimento interno dell’organismo: ri-conosco qualcosa come interessante, capace di arrecarmi benessere e quindi un’emozione si muove in me. Per Sartre, invece, la natura delle emozioni è determinata dal riscontrare nella realtà circostante una difficoltà.[26] Per LeDoux è la paura, l’avvertimento di un pericolo che genera una reazione emozionale.[27]
Altri studi lasciano in secondo piano la controversia James/Cannon sul coinvolgimento del sistema periferico o di quello centrale e avanzano l’ipotesi dell’esistenza di uno specifico circuito delle emozioni (Papez)[28] o di una interazione fra informazione corporea, informazione corticale ed informazione emotiva che nascerebbe in risposta a quanto percepiscono le persone che ci circondano (Hill).[29] Si converge infine su un punto: alla base del sentire un’emozione c’è, a livello cerebrale, l’amigdala (LeDoux).[30] La lettura del cervello come uno-trino (MacLean),[31] per cui il rettiliano, il mammaliano e la neocorteccia funzionano non in cadenza temporale ma sempre intrecciati, in una sorta di pericoresi che ne porta uno a far figura rispetto agli altri che rimangono nello sfondo, offre oggi significative chiavi di comprensione del processo emozionale.
Dalle neuroscienze giunge anche una chiarificazione che aiuta il nostro inoltrarci nel mondo delle emozioni. L’uomo, infatti, fruisce di una memoria “dichiarativa” (o esplicita) e di una “procedurale” (o implicita).[32]
 

«La prima riguarda gli eventi della vita, può essere verbalizzata e rievocata in maniera consapevole, ed è quella che ci consente di recuperare e ricostruire la nostra storia personale (memoria autobiografica). La memoria implicita ha a che fare con informazioni che non possono essere né ricordate né verbalizzate, e non è conscia. Essa racchiude al suo interno sia la memoria procedurale, che ha a che fare con gli automatismi comportamentali che guidano buona parte delle nostre attività quotidiane, sia la memoria emotiva, riguardante le esperienze emotive relative alle nostre prime esperienze di vita, quando da bambini non abbiamo ancora sviluppato le strutture cerebrali che supportano la memoria esplicita e il pensiero verbale».[33]

 

In tale memoria implicita risiedono le esperienze che un bambino fa quando si trova ancora in una fase di sviluppo preverbale, costituendo una forma di inconscio che non concerne processi di rimozione e che costituisce un substrato in cui – a mio parere – trova senso il discorso sulle emozioni. Seguiamolo.

 

3. La prospettiva della Gestalt Therapy   

3.1 Modelli Relazionali di Base

 La Gestalt Therapy è un modello di psicoterapia postfreudiana elaborata agli inizi degli anni  Cinquanta per rispondere ai cambiamenti culturali che si verificarono, nella prima metà del secolo scorso, dopo le due guerre mondiali.[34]  Una delle grandi intuizioni di Fritz Perls, iniziatore di questa revisione della psicoanalisi – poi diventata, grazie al contributo della moglie Laura Perls, di Paul Goodman, di Isadore From e di altri,[35] un nuovo modello di psicoterapia – fu l’aver compreso e connesso i limiti che cominciavano ad emergere nella teoria e nella prassi psicanalitiche. Non tanto a causa di un deficit di alcune prospettive teoriche, quanto piuttosto del cambiamento antropologico legato alle nuove condizioni  socio-culturali.[36] Intuirono che lo “spirito del  tempo” (Zeitgeist) concerne le modificazioni del modello antropologico su cui è costruita la teoria e la prassi di una psicoterapia. F. Perls e i suoi collaboratori misero in luce che il modello di uomo e di relazione che si stava configurando dagli anni Cinquanta in poi si differenziava in modo significativo dal modello di uomo dei tempi in cui Freud aveva elaborato la psicoanalisi. 
In psicologia sociale, Durkheim è stato il primo a cogliere la connessione tra  il contesto culturale (nella fattispecie l’anomia) e i vissuti emozionali (depressione e tendenze suicidarie).[37] Kardiner  sostiene che ogni società produce un proprio coerente modello antropologico che egli definisce “Personalità di Base”.[38]  
Nell’ermeneutica della Gestalt Therapy, che focalizza la centralità degli stili relazionali, i contesti socioculturali modificano  gli stili relazionali a tal punto da creare coerenti Modelli Relazionali di Base (MRB).[39] In altre parole, si modificano i modi in cui vengono vissuti e pensati i rapporti tra l’Organismo Animale Umano (OAU) e l’Ambiente con cui entra in contatto. Sono due i contesti socioculturali di riferimento: il contesto di emergenza (fame, guerra, epidemia), che produce in modo fisiologico un MRB in cui è prioritaria l’appartenenza per proteggere la sopravvivenza (MRN-Noi),  e il contesto di “pace pragmatica”,[40] che produce un  MRB nel quale diventa prioritaria la spinta alla propria autorealizzazione (MRB-Io). Il MRB-Noi ha una struttura verticistica, mentre il MRB-Io ha una struttura orizzontale o a rete.[41] 
L’analisi approfondita ed articolata dei differenti MRB evidenzia come la qualità e le dinamiche delle emozioni si modificano radicalmente nei differenti contesti socioculturali. In tempi di “emergenza” (MRB-Noi), le emozioni hanno due caratteristiche di fondo: hanno uno spettro ridotto e sono pervasive e condivise. Emozione dominante la paura (per guerra, fame, malattia), che viene avvertita come clima di fondo (Stimmung) e, proprio per questa ragione, non riceve attenzione e non viene esplicitata ma contenuta, in modo da non farsene travolgere. Si ha così una sorta di riduzione all’essenziale della percezione dalle emozioni e della loro espressione, per cui si avvertono e si esprimono solo le emozioni che garantiscono la sopravvivenza, relative dunque al nutrirsi, proteggersi, sopravvivere. Anche il piacere va blindato e limitato all’essenziale, perché potrebbe distrarre dal pericolo comune e rendere meno attenti alle necessità del gruppo, illudendo sulla realtà dell’esistenza in quel contesto.
Diversamente, nel MRB-Io si allarga lo spettro delle emozioni. Non essendo il contesto socioculturale dominato dalla emozione unica e condivisa della paura della morte, emergono emozioni che puntano sul vivere la propria vita con pienezza.  Non si vive contratti e ci si apre ad una varietà di emozioni positive, di sfumature che puntano a rendere la vita di ogni soggetto piena. Diminuisce il senso di condivisone delle emozioni e la Stimmung è segnata  da una varietà indefinita e non contenibile di emozioni. Il piacere è un’emozione che va vissuta e condivisa. Anzi, compito primario è vivere ed esprimere le emozioni nella loro pienezza e varietà.[42]
Mentre nel MRB-Noi le emozioni tendono a differenziarsi poco tra un soggetto e l’altro, soggettività e varietà delle emozioni diventano così caratteristica dei MRB-Io. Borgna ha parlato di “arcipelago di emozioni”:[43] è chiaro, infatti, che ogni emozione ha sfumature differenti che rivelano la sensibilità della persona nell’identificarla.
A questo punto, sottolineato che la percezione e l’espressione delle emozioni è in parte determinata dal contesto culturale, deputato a definire la qualità e la varietà delle emozioni legittimate (quelle della sopravvivenza o della ricerca di pienezza), proviamo a descrivere la grammatica di fondo delle emozioni: come si presentano e quale è la loro funzione. 
 
3.2 Le emozioni nella Teoria del Sé
 
La Gestalt Therapy  inscrive le emozioni dentro il processo relazionale della “teoria del Sé”.[44]
In modo pioneristico (solo dopo decenni Kohut parla di teoria del Sé e Stern di evolutiva della teoria del Sé)[45] la Gestalt Therapy prese come punto di riferimento teorico il Sé, intendendo  proprio l’OAU in contatto con l’Ambiente. Una lettura processuale relazionale che non può essere blindata e standardizzata ma è da concepirsi in continua evoluzione.[46]
Il Sé ha molte funzioni. Ma la GT sceglie tre funzioni che entrano in gioco  nella crescita dell’OAU: funzione-Es (“cosa sento”), funzione-Personalità (“chi sono io che sento/chi sono diventato”), funzione-Io (“cosa voglio”).
La crescita avviene in questo modo: l’organismo avverte un movimento verso un nuovo rapporto con l’Ambiente, quindi, avvertendo un’emozione, si decide se attuarla no, si assimila il cambiamento e, in modo spontaneo e inconsapevole, si cresce. 
Vediamone i  vari passaggi. 
L’OAU avverte, in un certo momento, per fattori interni o stimolati dall’A., delle sensazioni che progressivamente prendono la forma di una emozione. Ogni emozione, come sappiamo, è un movimento che spinge per provocare un nuovo rapporto dell’OAU con l’Ambiente. La funzione del Sé che ci rende consapevoli di questo processo che emerge dal Ground dell’O. è la funzione-Es. Essa è attivata dal sistema sensorio (si cominciano a percepire sensazioni che man mano prendono una forma) e dal sistema motorio (attivazione di energia verso una direzione).  Percepisco sensazioni sgradevoli, consapevolizzo che ho rabbia, sono spinto a muovermi, a fare qualcosa. Sensazione, emozione, direzione. L’emozione è il futuro, che si rende presente nell’OAU. Sento la spinta ad andare avanti.  Già qui vediamo come il “cosa sento” non sia mai inchiodato al presente.[47] È chiaro che tutto questo processo avviene nel corpo. Il che significa che ne diveniamo consapevoli progressivamente, in quanto le percezioni corporee precedono la consapevolezza.  A questo punto nell’OAU diventa
attiva un’altra funzione: la funzione-Personalità, che è la autobiografia corporea. Ossia il mio corpo ha registrato, esperienza dopo esperienza, una sorta di più o meno coerente “struttura”.[48]  
La nuova direzione verso cui spinge l’emozione può entrare in conflitto con la struttura, con l’autobiografia corporea. Ed ecco che accade un serrato polemos. Come se l’OAU si chiedesse se tale direzione verso cui si è spinti è coerente con la storia e le esperienze assimilate a livello corporeo, se l’esperienza che l’emozione propone lo cambierà in modo lineare e coerente rispetto a ciò che è diventato e vuole diventare. In altre parole, l’OAU si interroga se l’intenzionalità che tale emozione porta possa essere assunta come propria o sia in contrasto con la propria struttura identitaria.
Se sono diabetico e sono attratto da un dolce, come risolvere tale polemos? Dove la psicanalisi vede un conflitto tra Es e Super-Io, la Gestalt Therapy vede un processo di crescita tra due funzioni che appartengono allo stesso corpo. Questa differenza è decisiva. Il Super-Io fa riferimento ad una istanza regolativa esterna,[49] come a dire che nasciamo con spinte talmente distruttive[50] che abbiamo bisogno di una forza esterna, molto rigida, predisposta a  bloccare  queste spinte. La paura di un danno maggiore farà scoprire delle scelte “tristi” ma certamente necessarie,[51]  scelte che portano al disagio, prezzo da pagare alla civiltà.
Per la GT invece l’autoregolazione è dentro il corpo e le relazioni. Per cui se l’OAU assume dentro di sé fino in fondo l’emozione della voglia di dolce e sente allo stesso modo tutta la propria autobiografia (ha integrato in sé l’essere diabetico), ecco che emergerà dalla funzione-Io una soluzione creativa. Potremmo affermare che, dentro e oltre l’affermazione di Pascal, le ragioni del cuore e le ragioni della ragione, nella prospettiva della Gestalt Therapy, coincidono e trovano una fusione di orizzonti.
Tra il presente-passato della funzione-Personalità e il presente-futuro della funzione-Es (emozioni) sarà il presente-presente della funzione-Io a creare il nuovo. Il “cosa sento” viene quindi inscritto in altre consapevolezze: chi sono io (chi sono diventato), chi decido di diventare. Dentro queste tre consapevolezze avviene il processo del polemos e della creatività che porta alla nuova crescita.
Segno che la soluzione sia positiva e provoca crescita è il senso di sentirsi placati nel corpo: come se sia la spinta al dolce che la consapevolezza dell’essere diabetico siano state ambedue placate.[52]
L’energia del polemos produce una soluzione creativa: in Gestalt Therapy si parla di “adattamento creativo” come capacità creata dalla funzione-Io di tener conto del passato (adattamento/funzione-Personalità) e del futuro della creatività (funzione-Es).
La funzione-Io in GT  – sottolinea Goodman – non è il risultato della lotta estenuante tra Es e Super-io, ma è la funzione che crea il nuovo, la crescita.[53] 
La nuova esperienza viene, quindi, assimilata provocando la crescita dell’OAU. Questo processo viene portato avanti anch’esso dalla funzione-Personalità (è il suo secondo compito). Nel mio corpo diventa memoria il Tu che ho incontrato, le esperienze nuove che ho vissuto, le nuove integrazioni che il mio corpo ha vissuto. L’emozione, compiuto il proprio cammino, elaborata, si trasforma in sentimento. 
La differenza tra emozione e sentimento in GT è decisamente significativa. Mentre l’emozione è quella attivazione corporea che spinge a cambiare i rapporti OAU/A, il sentimento è l’assimilazione del nuovo contatto OAU/A. Man mano che avvengono esperienze piene, esse vengono assimilate ed emergono sentimenti che si stratificano e che, come una sorta di background feeling, diventano la tonalità affettiva (Stimmung) dell’O.[54]
Ben distante da qualsiasi visione dualistica o antitetica, la GT vede dunque la regolazione emotiva come autoregolazione: non come contenimento di ciò che possa essere nocivo o che va frenato, ma come elaborazione creativa di nuove possibilità suscitate dalle emozioni e integrate dall’O. Le emozioni non sono ciò che è da regolare, ma  sono spinta e contributo decisivo per ciò che va regolato e integrato.
Nella teoria del Sé della GT diventa chiaro e coerente il modo in cui le emozioni sono una spinta necessaria ma non sufficiente per la crescita. Come un fiume che ha bisogno di vitalità (di emozioni), ma ha bisogno anche di sponde per essere ciò che è, così le emozioni hanno bisogno di un contesto che le incanali e che a propria volta esse definiscono: senza sponde, le acque non sono fiume; senza acqua, le sponde non sono sponde. Le sponde non limitano il fiume ma lo fanno diventare fiume e l’acqua non è pericolosa per le sponde. Le emozioni, dunque, si autoregolano perché nate dentro un Sé che sa anche quale sia la propria storia, quali i sentimenti che ha maturato, quale il contesto in cui si trova nel qui-e-ora rispetto ad un Tu (sono gli argini). Siamo ben lontani da concezioni super-egoiche che affidavano ad un principio esterno la autoregolazione delle emozioni!

 

4. Quando le emozioni non sono funzionali: le patologie

Un discorso a parte riguarda le disfunzioni delle emozioni. Quando e come le emozioni invece di aiutare la crescita possono ostacolarla? 
Le emozioni per poter essere strumento di crescita devono mantenere la loro collocazione e la loro specifica funzione nella crescita dell’OAU. Esse diventano ostacolo alla crescita quando non si connettono e non si integrano con la totalità delle altre funzioni dell’OAU.  
Le disfunzioni si presentano in modi ben precisi: non percepire le emozioni (alessitimia), percepirle come un assoluto, non inserite nel loro contesto (modalità isterica), percepirle in modo selettivo (modalità fobico-ossessiva), percepirle in modo distorto (narcisismo), percepirle in modo confuso (modalità borderline).
-    L’alessitimia. Riguarda la compromissione della capacità di divenire consapevoli delle proprie emozioni e, di conseguenza, di verbalizzarle. Si è più orientati verso l’esterno, senza capacità di cogliere il proprio vissuto. Direbbe Kierkegaard che è l’incapacità di dare del tu a se stessi. Non si riesce né a percepire le emozioni né a verbalizzarle. Al di là di un’apparente produttività, l’OAU che non avverte le emozioni presenta monotonia del pensiero, povertà d’immaginazione, incapacità di discriminare i vissuti, una certa grossolanità relazionale.
-    La modalità relazionale isterica.[55] L’OAU avverte l’emozione in modo assoluto e isolato. Non inserisce l’emozione nella totalità del funzionamento organismico, distorce la configurazione e la funzione della stessa emozione. L’OAU, non possedendo una propria integrità, si identifica con l’emozione: non ha l’emozione, ma è l’emozione. L’emozione non ha il Ground. A volte addirittura l’emozione può essere imitazione o contagio di emozioni non proprie ma di altri Organismi che vengono imitati e idealizzati nella propria autobiografia corporea. Una emozione che non si inscrive nella totalità del corpo e dei vissuti e delle relazioni diventa distruttiva: o perché si intensifica autonomamente o  perché conduce a decisioni che non emergono da una integra valutazione organismica.  Il ruolo catartico delle emozioni perde di valore se l’emozione non viene inserita in tutto il processo di elaborazione e assimilazione. 
-    Le modalità fobiche e  ossessive.[56] Vengono percepite (ed evitate) alcune specifiche emozioni perché intuite come distruttive. Non si ha fiducia sulle capacità del proprio OAU di contenere ogni emozione assumendola ed elaborandola. L’angoscia di tali emozioni porta ad un progressivo restringimento percettivo, per cui l’emozione evitata diventa un’ossessione che paralizza l’O.
-    La modalità narcisistica.[57] Nel narcisismo, così come in altri tipi di patologie, certe emozioni si colorano di significati negativi. Ad esempio, il chiedere o il sentire un bisogno per le modalità narcisistiche diventa fonte di umiliazione. Ciò non permette all’emozione legata al chiedere di diventare esperienza di vera reciprocità e condivisione, bloccando la fluidità delle relazioni e quindi la crescita.
-    Le modalità relazioni borderline.[58] In alcune forme di patologia borderline nessuna emozione viene avvertita con chiarezza: l’emozione è “sostituta” (instead of) di altre o è connessa con altre emozioni in modo confuso (si pensi, ad esempio, alla condizione seguente a casi di abuso). Un’altra modalità borderline è quella in cui l’emozione viene percepita con nomi sbagliati (come il chiamare “ansia” la vitalità) o quando vengono attribuite ad altri proprie emozioni. Senza una chiara identificazione dell’emozione che il corpo avverte, non è possibile attivare processi di contatto e di crescita.
 
In generale, tutte le volte che un’emozione non può essere elaborata rimane come “gestalt aperta”, ossia energia che non porta da nessuna parte ma crea al contrario un blocco che interrompe la crescita dell’OAU, generando distorsioni percettive su di sé o su altri. 

 

5. Oltre l’embodiment

Ritorniamo alla domanda di James: Whats is an emotion? Fuggiamo  dall’orso e abbiamo paura o abbiamo paura e fuggiamo?
Dal nostro discorso si evince che la teoria di James necessita di essere ripresa per coglierne una rinnovata attualità e preziosità all’interno di nuovi saperi cognitivi, della  Bodytherapy, dell’Infant Research, dentro cui essa trova una sua precisa collocazione, che permette una risposta creativa e innovativa tale da includere anche i risultati delle neuroscienze.
Il grosso equivoco credo sia stato quello di confondere l’esperienza emozionale con il nome dell’emozione.
Quando ci chiediamo se fuggiamo di fronte all’orso e poi chiamiamo questo “paura” o abbiamo paura e poi fuggiamo, partiamo da premesse errate. È lo stesso errore che compie Erikson quando scrive che il bambino ha fiducia e si lascia cadere sulle braccia e sulla ginocchia della madre.[59] L’equivoco è evidente: il bambino si affida al corpo della madre e questa esperienza corporea dopo imparerà a chiamarla fiducia o tenerezza. Ma non esistono una fiducia e una tenerezza come realtà non corporee.[60]
Il termine che usiamo per indicare un’emozione – in questo caso “fiducia” – è il nome che noi diamo ad un’esperienza corporea: fuggire di fronte all’orso è l’emozione della paura. La parola “paura” dà un nome ad una esperienza ma non è l’esperienza.[61] Ed è chiaro che nemmeno la parola è un’etichetta, ma l’espressione propria di un vissuto corporeo, l’espressione di una consapevolezza che rende dicibile l’esperienza in maniera non giustapposta.
Qui emergono le perplessità e gli equivoci relativi al modo in cui viene usato il termine embodiment. Non esiste una emozione incarnata: esprimersi in questi termini è confuso e confusivo. Esiste un’esperienza intercorporea che riceve poi un nome dal punto di vista cognitivo.
Il concetto di embodiment come dimensione o momento corporeo delle nostre emozioni (intese sul piano puramente verbale e cognitivo) non solo crea confusione, ma rischia di dar vita a un’altra forma di alessitimia perché confonde il nome delle emozioni con le emozioni. Forse è proprio nel ridurre le emozioni a parole o a costrutti cognitivi il grande rischio che viviamo in questo momento storico. “Paura” – per restare nell’esempio di James – è allora la parola corporea che emerge da un’esperienza intercorporea. La paura non è una realtà in sé.[62]
E se l’emozione è un’esperienza, al centro c’è il corpo: la matrice delle emozioni è il corpo. Ogni esperienza primaria parte dal corpo, trova compimento nella parola e torna così al corpo. «Il vissuto (Erlebnis) e la sua espressione (Ausdruck) sono unità vivente inseparabile»[63] – ci ricorda la Fenomenologia. Se poi è vero che ci sono pensieri che determinano esperienze, queste non sono esperienze primarie, ma risultati di un pensiero generato da particolari tipi di pensieri (pensieri-attesa): se io ho appreso che ogni persona che incontro mi deve salutare, diventerò triste se qualcuno non risponde a questa attesa. Si tratta di quei pensieri che A. Ellis chiama «irrational beliefs».[64]
Le neuroscienze confermano: la parola “paura” è la parola corporea che nasce dalle reciproche interazioni. La percezione stessa del mondo non è un fatto cognitivo,[65] non deriva dal cervello ma emerge da tutto il corpo, con i suoi stati d’animo, con le sue esperienze, con la consapevolezza che – a livello corporeo – se ne ha.
Le emozioni non sono allora la vita, ma sono le onde della vita che ci raggiungono e ci rendono vibranti. Le emozioni precedono i pensieri e li generano. Le emozioni non sono parole: sono il fuoco dentro le parole. Le emozioni mi parlano del mio corpo e del tuo. Del mio mondo e delle mie notti stellate. Forse  le emozioni  ci danno il ritmo, il calore, la musica per comporre la danza della vita. Quella mia. Quella tua. Quella che, con fatica, diventa anche nostra.

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

Borgna E., L’arcipelago delle emozioni, Milano, Feltrinelli, 2001.

Cannon W.B., The James-Lange theory of emotion: a critical examination and alternative theory, «American Journal of Psychology», 39, 1927, pp. 10-124.

Cicerone, Tusculanae orationes.

Clyman R.B., The procedural organization of emotions: a contribution from cognitive science to the psychoanalytic theory of therapeutic action, «Journal of the American Psychoanalytic Association», 39, 1991, pp. 349-382.

Cusinato G., Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris. In dialogo con Max Scheler, Milano, Franco Angeli, 2018.

Damasio A., Emozione e coscienza, Milano, Adelphi, 2000, (ed. or. 1999). 

Damasio A., Il sé viene alla mente, Milano, Adelphi, 2012 (ed. or. 2010). 

Damasio A., L’errore di Cartesio: emozioni, ragione e cervello umano, Milano, Adelphi, 1995 (ed. or. 1994).

Descartes R., Le passioni umane, Milano, Bompiani, 2003 (ed. or. 1649).

Downing G., Il corpo e la parola, Roma, Astrolabio, , 1995 (ed. or. 1995).

Durkheim E., Il suicidio. Studio sociologico, Milano, BUR Rizzoli, 2007 (ed. or. 1897).

Ellis A., Ragione ed emozione in psicoterapia, Roma, Astrolabio, 1989 (ed. or. 1962).

Eraclito, Frammenti (a cura di M. Marcovich), Firenze, La Nuova Italia, 1978.

Erikson E., Infanzia e società, Roma, Armando, 1976 (ed. or. 1950).

Freud S., Disagio della civiltà (1929), in Id., Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, vol. X.

Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), in Id., Opere, cit., vol. IV.

Friedman L., La società orizzontale, Bologna, Il Mulino, 2002 (ed. or. 1999).

Frijda N.H., Emozioni, Bologna, Il Mulino, 1990 (ed or 1986).

Giddens A., Il mondo che cambia, Bologna, Il Mulino, 2000 (ed. or. 1999).

Goethe J.W., Faust, Milano, Garzanti, 1994 (ed. or. 1829), vol. II.

Hill D., Teoria della regolazione affettiva, Milano, Raffaello Cortina, 2017 (ed. or. 2015).

James W., What is an Emotion?, «Mind», 9, 1884, pp.188-205.

Kandel E.R. et alii, Principi di neuroscienze, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2012 (ed. or. 1981).

Kardiner A., L’individuo e la sua società, Milano, Bompiani, 1965 (ed. or. 1939).

Kohut H., La guarigione del sé, Torino, Boringhieri, 1980 (ed. or. 1977).

Kohut H., La ricerca del sé, Torino, Boringhieri, 1982 (ed. or. 1979).

LeDoux J.E., Ansia. Come il cervello ci aiuta a capirla, Milano, Raffaello Cortina, 2016 (ed. or. 2015).

LeDoux J.E., Brown R., A higher-order theory of emotional consciousness, in Proceedings of the National Academy of Sciences USA, 2017.

LeDoux J.E., Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Milano, Baldini e Castoldi, 2014 (ed. or. 1996).

Likert R., Una tecnica per la misurazione degli atteggiamenti, «Archivi di psicologia», 140, 1932, pp. 1-55.

Lisi R., Isteria e Gestalt Therapy. Quando tutto è pertinente, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2019.

MacLean P., Evoluzione del cervello e comportamento umano. Studi sul cervello trino, Torino, Einaudi, 1984 (ed or. 1973).

Mancia M. (ed.), Psicoanalisi e neuroscienze, Milano, Springer, 2007.

Nietzsche F., Così parò Zarathustra, Milano, Adelphi, 1992 (ed or. 1885).

Palvarini P., Le emozioni che rendono forti. Il lavoro con le emozioni in psicoterapia, Roma, Alpes, 2019.

Pascal B., Pensieri, ed.  Brunschwig.

Perls F., Hefferline R., Goodman P., Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality, London, Souvenir Press, 1951.

Perls F., Hefferline R., Goodman P., Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, Roma, Astrolabio, 1997 (or. ed. 1994).

Perls F., L’Io, la fame, l’aggressività, Milano, Franco Angeli, 1995 (ed. or. 1942).

Platone, Fedone.

Polanyi K., La grande trasformazione: le origini economiche e politiche della nostra epoca, Torino, Einaudi, 1990 (ed. or. 1944).

Polster E., Ogni vita merita un romanzo. Quando raccontarsi è terapia, Roma, Astrolabio, 1988 (ed. or. 1987).

Polster E., Polster M., Terapia della Gestalt integrata, Milano, Giuffrè, 1983 (ed. or. 1973).

Porges S.W., La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, Roma, Giovanni Fioriti, 2014 (ed. or. 2011).

Reich W., Analisi del carattere, Roma, Sugarco, 1996 (ed. or. 1933).

Ricoeur P., Dell’interpretazione. Saggio su Freud, Milano, Il Saggiatore, 1967 (ed. or. 1967).

Rogers C., La Terapia Centrata sul Cliente, Firenze, Martinelli, 1970 (ed. or. 1951).

Rosenfeld E. (ed.), Storia orale della psicoterapia della Gestalt. Conversazioni con Isadore From, «Quaderni di Gestalt», 5, 1987, pp. 11-36.

Salonia G., Dal Noi all’io-Tu: contributo per una teoria evolutiva del contatto, «Quaderni di Gestalt», V, 8/9, 1989, pp. 45-54.

Salonia G., Tempi e modi di contatto, «Quaderni di Gestalt», V, n.8/9, 1989, pp. 55-64.

Salonia G., Occhi luminosi su di te, «Messaggero cappuccino», 1999, n. 6, pp. 165-167. 

Salonia G., L’angoscia dell’agire tra eccitazione e trasgressione. La Gestalt Therapy con gli stili relazionali fobico-ossessivi-compulsivi, «GTK Rivista di Psicoterapia», 1, 2010, pp. 17-55.

Salonia G., L’errore di Perls. Intuizioni e fraintendimenti del postfreudismo gestaltico, «GTK Rivista di Psicoterapia», 2, 2011, pp. 49-66.

Salonia G., Teoria del Sé e società liquida. Riscrivere la funzione-Personalità in Gestalt Therapy, «GTK Rivista di Psicoterapia», 3, 2012, pp. 33-62.

Salonia G., L’Anxiety come interruzione nella Gestalt Therapy, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp. 33-53.

Salonia G., Pensieri su Gestalt Therapy e vissuti narcisistici, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp. 159-180.

Salonia G., Psicopatologia e contesti culturali, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp.17-32.

Salonia G., Edipo dopo Freud. Dalla legge del padre alla legge della relazione, in G. Salonia, A. Sichera, Edipo dopo Freud, «GTK-books/01», 2013, pp. 11-46.

Salonia G., La luna è fatta di formaggio. Traduzione gestaltica del linguaggio borderline (GTBL), in Id. (ed.), La luna è fatta di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2014, pp. 11-56.

Salonia G., Sull’invidia e dintorni. Profili psicologici ed evolutivi, in Id. (ed.), I come invidia, Assisi, La Cittadella, 2015, pp. 33-54.

Salonia G., Corpo-parola-corpo. L’itinerario terapeutico della Gestalt Therapy. Antonio Sichera intervista Giovanni Salonia, «GTK Rivista di psicoterapia», 8, 2020, pp. 15-34.

Sartre J.P., Esquisse d’une theorie des emotions, Paris, Hermann, 1938.

Schachter S., Singer J., Cognitive, social and Physiological  determinantes of emotional states, «Psychological review», n.69, 1962, pp. 379-399.

Snider R.S., Maiti A., Cerebellar contributions to the Papez circuit, «Journal of Neuroscience Research», 2/2, 1976, pp. 133-146.

Solomon R., The philosophy of emotions, in M. Lewis, J. Haviland-Jones, L. Barret (eds.), Handbook of emotions, New York, Guilford Press, 2008.

Stern D.N., Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, 1987 (ed. or. 1985).

Watt Smith T., Atlante delle emozioni umane. 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai, Milano, UTET, 2017 (ed. or. 2015).

Zocchi E., Stimmung e trascendenza. Il ruolo del pathos in Martin Heidegger, «Rivista internazionale di filosofia e psicologia», 8, 2017/1, pp. 47-60.

 

 

[1] J.W. Goethe, Faust, Milano, Garzanti, 1994 (ed. or. 1829), vol. II, p. 605.

[2] G. Salonia, Occhi luminosi su di te, «Messaggero cappuccino», 6, 1999, pp. 165-167. 

[3] Cfr. E. Polster, Ogni vita merita un romanzo. Quando raccontarsi è terapia, Roma, Astrolabio, 1988 (ed. or. 1987).

[4] Cfr. Eraclito, Frammenti (a cura di M. Marcovich), Firenze, La Nuova Italia, 1978, fr. 91 D-K.

[5] Nel mondo delle teorie umanistiche inizialmente si parlava in termini globali: l’Organismo umano ha un’innata spinta a raggiungere un livello di good life: cfr. C. Rogers, La Terapia Centrata sul Cliente, Firenze, Martinelli, 1970 (ed. or. 1951). Due testi classici, contributi fondamentali per qualsiasi discorso sulle emozioni sono: M.C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, Il Mulino, Bologna, 2004; N.H. Frijda, Emozioni, Il Mulino, Bologna, 1990 (ed or. 1986).

[6] Abitualmente ognuna di queste caratteristiche (attivo-passivo sulle ordinate e piacevole-spiacevole sulle ascisse) sono riportate sulla scala di Likert da 0 a 7, offrendo così una definizione operativa che ne renda immediata l’auto ed etero comprensione:  Cfr. R. Likert, Una tecnica per la misurazione degli atteggiamenti, «Archivi di psicologia», 140, 1932, pp. 1-55.

[7] W. Reich, Analisi del carattere, Roma, Sugarco, 1996 (ed. or. 1933).

[8] G. Downing, Il corpo e la parola, Roma, Astrolabio, 1995 (ed. or. 1995).

[9] Fra tutte le emozioni, l’ansia è di particolare interesse nella lettura gestaltica del disagio interiore e delle psicopatologie perché connota le “interruzioni di contatto”. Al riguardo G. Salonia, L’Anxiety come interruzione nella Gestalt Therapy, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp. 33-53. Sulle interruzioni, G. Salonia, Tempi e modi di contatto, «Quaderni di Gestalt», V, n.8/9, 1989, pp. 55-64. Cfr. anche Id., Dal Noi all’io-Tu: contributo per una teoria evolutiva del contatto, «Quaderni di Gestalt», V, n.8/9, 1989, pp. 45-54.
 
[10] Approfondimenti in G. Salonia, Sull’invidia e dintorni. Profili psicologici ed evolutivi, in Id. (ed.), I come invidia, Assisi, La Cittadella, 2015, pp. 33-54.
 
[11] Per un excursus sul concetto di emozione nell’ambito del pensiero filosofico, si veda: R. Solomon, The philosophy of emotions, in M. Lewis, J. Haviland-Jones, L. Barret (eds.), Handbook of emotions, New York, Guilford Press, 2008.
 
[12] «Cantami, o diva, del pelide Achille, l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei»: così recitano i primi tre versi del poema di Omero.
 
[13]  Platone, Fedone, 79c.
 
[14]  B. Pascal, Pensieri, pensiero 277, ed.  Brunschwig.
 
[15]  R. Descartes, Le passioni umane, Milano, Bompiani, 2003 (ed. or. 1649).
 
[16] Eccetto che, secondo lui, nella ghiandola pineale.
 
[17] Su questo tema, cfr. A. Damasio, L’errore di Cartesio: emozioni, ragione e cervello umano, Milano, Adelphi, 1995 (ed. or. 1994).
 
[18] Con questa definizione, Paul Ricoeur indica i tre grandi (Marx, Nietzsche e Freud) cui si deve il merito di aver saputo «liberare l’orizzonte per una parola piú autentica»: P. Ricoeur, Dell’interpretazione. Saggio su Freud, Milano, Il Saggiatore, 1967 (ed. or. 1967), p. 48.
 
[19] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Milano, Adelphi, 1992 (ed or. 1885), p. 33.
 
[20] W. James, What is an Emotion?, «Mind», n. 9, 1884, pp. 188-205.
 
[21] Ivi, pp. 189-190.
 
[22] W.B. Cannon, The James-Lange theory of emotion: a critical examination and alternative theory, «American Journal of Psychology», 39, 1927, pp. 10-124.
 
[23] S. Schachter, J. Singer, Cognitive, social and Physiological determinantes of emotional states, «Psychological review», 69, 1962, pp. 379-399.
 
[24] Cicerone, Tusculanae orationes, IV, 26.
 
[25] Altre teorie psico-evoluzionistiche o strutturaliste hanno offerto diverse letture delle emozioni. La presente carrellata ha solo valore di inquadramento generale del percorso fin qui compiuto dalle ricerche sulle emozioni. 
 
[26] J.P. Sartre, Esquisse d’une theorie des emotions, Paris, Hermann, 1938.
 
[27] J.E. LeDoux, Ansia. Come il cervello ci aiuta a capirla, Milano, Raffaello Cortina, 2016 (ed. or. 2015).
 
[28] Sul circuito che Papez descrisse nel 1937, cfr. R.S. Snider, A. Maiti, Cerebellar contributions to the Papez circuit, «Journal of Neuroscience Research», vol. 2, n. 2, 1976, pp. 133-146.
 
[29] D. Hill, Teoria della regolazione affettiva, Milano, Raffaello Cortina, 2017 (ed. or. 2015).
 
[30] J. LeDoux, Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Milano, Baldini e Castoldi, 2014 (ed. or. 1996); J.E. LeDoux, R. Brown, A higher-order theory of emotional consciousness, in Proceedings of the National Academy of Sciences USA, 2017.
 
[31] P. MacLean, Evoluzione del cervello e comportamento umano. Studi sul cervello trino, Torino, Einaudi, 1984 (ed or. 1973).
 
[32] R.B. Clyman, The procedural organization of emotions: a contribution from cognitive science to the psychoanalytic theory of therapeutic action, «Journal of the American Psychoanalytic Association», 39, 1991, pp. 349-382; M. Mancia (ed.), Psicoanalisi e neuroscienze, Milano, Springer, 2007.
 
[33] P. Palvarini, Le emozioni che rendono forti. Il lavoro con le emozioni in psicoterapia, Roma, Alpes, 2019, p. 119.
 
[34] Segnò il grande balzo in avanti di questa lettura il testo F. Perls, L’Io, la fame, l’aggressività, Milano, Franco Angeli, 1995 (ed. or. 1942), seguito quindi da quello che è considerato il testo base della Gestalt Therapy: F. Perls, R. Hefferline, P. Goodman, Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality, London, Souvenir Press, 1951, edizione aggiornata quindi in versione in italiano F. Perls, R. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, Roma, Astrolabio, 1997 (or. ed. 1994). Sulla storia della GT, cfr. E. Rosenfeld (ed.), Storia orale della psicoterapia della Gestalt. Conversazioni con Isadore From, «Quaderni di Gestalt», 5, 1987, pp. 11-36.
 
[35] Da ricordare, in modo particolare, i coniugi Polster. Cfr. E. Polster, M. Polster, Terapia della Gestalt integrata, Milano, Giuffrè, 1983 (ed. or. 1973) ed il celeberrimo E. Polster, Ogni vita merita un romanzo, cit.
 
[36] Al riguardo, G. Salonia, L’errore di Perls. Intuizioni e fraintendimenti del postfreudismo gestaltico, «GTK Rivista di Psicoterapia», 2, 2011, pp. 49-66.
 
[37] Cfr. E. Durkheim, Il suicidio. Studio sociologico, Milano, Rizzoli, 2007 (ed. or. 1897).
 
[38] Cfr. A. Kardiner, L’individuo e la sua società, Milano, Bompiani, 1965 (ed. or. 1939).
 
[39] G. Salonia, Psicopatologia e contesti culturali, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp. 17-32.
 
[40]  La definizione è di Polanyi: K. Polanyi, La grande trasformazione: le origini economiche e politiche della nostra epoca, Torino, Einaudi, 1990 (ed. or. 1944).
 
[41]  Per una lettura delle trasformazioni sociali secondo questa marcatura, cfr. A. Giddens, Il mondo che cambia, Bologna, Il Mulino, 2000 (ed. or. 1999); L. Friedman, La società orizzontale, Bologna, Il Mulino, 2002 (ed. or. 1999).
 
[42] Per quanto riguarda la descrizione di emozioni di base, cfr. A. Damasio, Emozione e coscienza, Milano, Adelphi, 2000 (ed. or. 1999).
 
[43] E. Borgna, L’arcipelago delle emozioni, Milano, Feltrinelli, 2001. Interessante il lavoro di T. Watt Smith che ha individuato 156 emozioni favorendo un’analisi differenziale delle sfumature che permettono di arricchire e precisare la percezione delle emozioni: T. Watt Smith, Atlante delle emozioni umane. 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai, Milano, UTET, 2017 (ed. or. 2015).
 
[44] Cfr. F. Perls, R. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, cit.; G. Salonia, Teoria del Sé e società liquida. Riscrivere la funzione-Personalità in Gestalt Therapy, «GTK Rivista di Psicoterapia», 3, 2012, pp. 33-62.
 
[45] H. Kohut, La guarigione del sé, Torino, Boringhieri, 1980 (ed. or. 1977); Id., La ricerca del sé, Torino, Bollati Boringhieri, 1982 (ed. or. 1979); D.N. Stern, Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, 1987 (ed. or. 1985).
 
[46] F. Perls, R. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, cit.
 
[47] La GT ha evidenziato come sia falsa la prospettiva delle terapie umanistiche che sottolineano l’importanza del presente in modo ingenuo.
 
[48] Cfr. al riguardo G. Salonia, Teoria del Sé e società liquida, cit.
 
[49] S. Freud, Disagio della civiltà (1929), in Id., Opere, Torino, Bollati-Boringhieri, 1989, vol. X.
 
[50] S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), in Id., Opere, cit., vol. IV. Una visione, questa, che ha portato a notevoli fraintendimenti, ad esempio nel campo delle teorie dello sviluppo infantile, dove quello che è un disagio della coppia genitoriale è visto come un  problema del bambino. Cfr. al riguardo G. Salonia, Edipo dopo Freud. Dalla legge del padre alla legge della relazione, in G. Salonia , A. Sichera, Edipo dopo Freud, «GTK-books/01», 2013, pp. 11-46.
 
[51] È il complesso di castrazione.
 
[52] Sull’autovalutazione corporea, cfr. G. Salonia, Corpo-parola-corpo. L’itinerario terapeutico della Gestalt Therapy. Antonio Sichera intervista Giovanni Salonia, «GTK Rivista di psicoterapia», 8, 2020, pp. 15-34.
 
[53] Cfr. Perls, R. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, cit.
 
[54] E. Zocchi, Stimmung e trascendenza. Il ruolo del pathos in Martin Heidegger, «Rivista internazionale di filosofia e psicologia», 8, 2017/1, pp. 47-60: 52.
 
[55] Cfr. sull’isteria R. Lisi, Isteria e Gestalt Therapy. Quando tutto è pertinente, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2019.
 
[56] Cfr. al riguardo G. Salonia, L’angoscia dell’agire tra eccitazione e trasgressione. La Gestalt Therapy con gli stili relazionali fobico-ossessivi-compulsivi, «GTK Rivista di Psicoterapia», 1, 2010, pp. 17-55.
 
[57] Id., Pensieri su Gestalt Therapy e vissuti narcisistici, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di Psicopatologia Gestaltica, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2013, pp. 159-180.
 
[58] Id., La luna è fatta di formaggio. Traduzione gestaltica del linguaggio borderline (GTBL), in Id. (ed.), La luna è fatta di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2014, pp. 11-56.
 
[59] Cfr. E. Erikson, Infanzia e società, Roma, Armando, 1976 (ed. or. 1950).
 
[60] Come la sentenza medievale recitava bene, “Nihil est in intellectu quod prius  non fuerit in sensu”.
 
[61] Al riguardo, G. Salonia, Corpo-parola-corpo. L’itinerario terapeutico della Gestalt Therapy. Antonio Sichera intervista Giovanni Salonia, cit.
 
[62] Damasio parla di mentalizzazione del corpo e di somatizzazione della mente: cfr. A. Damasio, Emozione e coscienza, cit.; Id. Il sé viene alla mente, Milano, Adelphi, 2012 (ed. or. 2010). Così LeDoux e Porges: J.E. LeDoux, Il cervello emotivo, cit.; S.W. Porges, La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, Roma, Giovanni Fioriti, 2014.
 
[63] Ce lo insegna Scheler, recentemente ben ripreso da Guido Cusinato: G. Cusinato, Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris. In dialogo con Max Scheler, Milano, Franco Angeli, 2018.
 
[64] A. Ellis, Ragione ed emozione in psicoterapia, Roma, Astrolabio, 1989 (ed. or. 1962).
 
[65] Le ricerche di Kandel ne danno conferma: E.R. Kandel et alii, Principi di neuroscienze, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2012 (ed. or. 1981).

 


Tags

GESTALT , KAIROS , TERAPIA


Categoria

Psicologia

Scarica il PDF

Siculorum Gymnasium

A Journal for the Humanites

ISSN: 2499-667X

info@siculorum.it