Emozioni e razionalità: un punto di vista logico

di Filippo Riscica Lizzio

 
 
 
1. Introduzione[1]
 
Uno dei topoi della letteratura occidentale è il contrasto tra ragione ed emozioni. Non mancano, infatti, testi in cui l’intensità dell’esperienza emotiva induce alla pazzia il personaggi. Ne è un esempio L’Orlando Furioso. La pazzia, però, non è l’unica conseguenza associata alle emozioni. Tra queste, si trovano anche atti estremi ma consapevoli, come l’infanticidio di Medea o il suicidio di Isotta.
La letteratura e il dramma musicale, però, non sono gli unici luoghi in cui emozioni e ragione sono separate o contrapposte. La tradizione filosofica, in primo luogo, ha indagato a fondo questa contrapposizione e anche il diritto ha, in una certa misura, accolto questa bipartizione nella mente umana: ne è un esempio l’istituto del delitto d’onore, in vigore in Italia fino al 1981.
A uno sguardo superficiale, quindi, la contrapposizione tra queste due sfere della mente umana, sembra essere un fatto abbastanza radicato. Tuttavia, anche solo tornando alla Repubblica di Platone, uno dei primi testi della nostra tradizione culturale a fornirci una teoria della mente umana, la parte razionale e la parte passionale sono sì separate, ma non necessariamente in contrasto. Tutt’altro, nell’individuo cittadino della città ideale, si trovano armonizzate: senz’altro sotto la guida della parte razionale, ma non, per ciò, in contrasto con essa. Il contrasto, quindi, non è immanente nella nostra tradizione culturale, ma appartiene, piuttosto, ad alcune delle correnti che la formano.
Sicuramente la tradizione che ha separato la ragione e le emozioni è stata predominante all’interno delle ricerche di filosofia della mente e in quelle riguardanti la razionalità.[2] Nelle prime, a partire da William James, le emozioni sono state ricondotte alla mera percezione dei mutamenti corporei.[3] Ne segue che il loro contenuto cognitivo è solo un effetto delle emozioni.[4] Nelle seconde, il ruolo delle emozioni è stato tradizionalmente estromesso dallo studio della scelta razionale.[5]
Queste due tradizioni, però, sono state attaccate su vari fronti. Le ricerche svolte dalle neuroscienze hanno mostrato come in soggetti con lesioni cerebrali che lasciano intatte le capacità razionali, ma che impediscono le normali reazioni emotive, il processo decisionale fosse compromesso al punto da portare a scelte per loro stessi dannose.[6] Tra queste, l’assenza della paura induce a compiere scelte finanziarie rischiose proprio per la loro incapacità di percepire come pericolosa la scelta fatta.[7] Il ruolo che le emozioni svolgono, quindi, non è puramente estetico, momentaneo e opposto alle scelte riflessive, ma rilevante per le nostre pratiche razionali.
D’altro canto, la razionalità umana è tipicamente caratterizzata dalle capacità logiche. Ossia, dalla capacità di dedurre informazioni da altre già possedute. Lo studio della logica, soprattutto per come è condotto in filosofia, astrae da ogni caratteristica contingente del ragionamento e si concentra solamente sulla forma che questo assume, distinguendo tra forme valide e invalide. Alla prova dei fatti, una persona razionale dovrebbe agire o supportare credenze ottenute rispettando le norme dettate dalla logica. In questo senso, quindi, la logica ha uno statuto normativo per la razionalità umana. Inoltre, quando la logica viene unita alla teoria della decisione, dovrebbe indicare in maniera univoca il miglior corso d’azione da seguire. In tutto ciò, le emozioni non giocano alcun ruolo.
Sembra, quindi, che i pazienti descritti da Damasio debbano peccare in capacità logiche quando compiono scelte dannose. Tuttavia, questo non è quello che dicono le osservazioni sperimentali. Anche i pazienti con capacità logiche superiori alla media, quando sono privati dell’esperienza emotiva, risultano incapaci di prendere decisioni razionali. Da ciò, sembra seguire che, almeno per il suo aspetto normativo, la logica abbia poco da dire a riguardo della razionalità umana.[8]
L’obiettivo di questo contributo è sostenere che, a partire da alcune ricerche di logica contemporanea facenti riferimento al cosiddetto informational turn,[9] sia possibile inserire le emozioni all’interno dell’analisi della razionalità umana, soprattutto quando questa si applica a problemi di epistemologia e di analisi delle informazioni. Secondo questa corrente di ricerca, la logica non si dovrebbe occupare solamente di identificare le inferenze deduttivamente valide e distinguerle da quelle che valide non sono, ma dovrebbe comprendere un campo di indagine più ampio: lo studio della corretta manipolazione dell’informazione. Inoltre, la logica, vista come modellizzazione matematica di certe pratiche razionali, non dovrebbe necessariamente astrarre da ogni caratteristica contingente, ma potrebbe, e in certi casi dovrebbe, considerare le limitazioni proprie della razionalità umana.[10]   
 
La tesi che sosterrò è che, nonostante gli studi di logica tradizionali non permettano di cogliere le influenze che le emozioni svolgono nel ragionamento, quelli che fanno riferimento al cosiddetto informational turn consentono di renderne conto. Fanno ciò non in maniera esplicita, ma lasciando spazio, all’interno del modello, a dei passaggi in cui le emozioni possano giocare un ruolo cruciale.
 
 
2. Emozioni: cognizioni, sensazioni e pattern di ragionamento
 
Per prima cosa bisognerà chiarire in che rapporto stiano le emozioni e la razionalità.
Già gli Stoici consideravano le emozioni forme di giudizio. Come tali, essi ritenevano che svolgessero un ruolo non secondario nell’analisi della cognizione umana. La razionalità, da questo punto di vista, non era opposta alle tempeste delle emozioni. All’interno del panorama contemporaneo, le teorie cognitivo-valutative delle emozioni (cognitive-evaluative theories of emotions) rivendicano lo spazio delle emozioni all’interno della razionalità. Le emozioni, da questo punto di vista, non sarebbero meri eventi senza pensiero, ma veri e propri giudizi, carichi di contenuto intenzionale, supportati da credenze (beliefs) e rivolti verso oggetti o eventi. Questa posizione è stata difesa ed esplicitamente connessa al pensiero stoico da Martha Nussbaum.[11]
Di diverso avviso sono le teorie delle emozioni che hanno i loro fondamenti teorici nei lavori di William James e Carl Lange.[12] Queste teorie interpretano le emozioni come eventi privi di contenuto cognitivo (thoughtless) e le identificano con le reazioni fisiologiche dell’organismo che accompagnanogli eventi che il senso comune identifica con le emozioni. Da questa prospettiva, dunque, le emozioni non sono altro che la consapevolezza di certe sensazioni corporee. Da ciò segue che le emozioni non possono essere parte dell’analisi della razionalità.
Se il ruolo cognitivo svolto dalle emozioni è corretto, come sostengono le teorie cognitivo-valutative e gli approcci ibridi,[13] questi fenomeni vanno inseriti all’interno di una più ampia indagine riguardante la razionalità. Inoltre, dovrebbero trovare dei punti di contatto con le altre discipline che si occupano dello studio della razionalità. Una di queste è la logica.
All’interno del panorama filosofico il ruolo cognitivo ed epistemico delle emozioni è stato riconosciuto almeno a partire dalla monografia di Ronald de Sousa The Rationality of Emotion.[14]
           Qual è, quindi, il rapporto tra emozioni e razionalità? Per prima cosa, va detto che il termine razionalità si riferisce a un insieme di pattern cognitivi variegato, che include il ragionamento deduttivo, quello induttivo e le varie forme di ragionamento statistico. Il rapporto, se esiste, può quindi configurarsi o come rapporto con tutti i riferimenti del termine o solo con alcuni di essi. Inoltre, anche il rapporto con tutti ammette sfumature. Può, infatti, essere che le emozioni abbiano le stesse relazioni con tutti i tipi di razionalità oppure che pur avendo una relazione con ognuno di essi, queste siano differenti.
Un passaggio cruciale per la mia analisi del ruolo delle emozioni nel ragionamento logico è dato dai lavori in behavioural economics sintetizzati nel libro di Daniel Kahneman Thinking, Fast and Slow, che vanno sotto il nome di dual process theory.[15] Secondo questi studi, la cognizione umana è caratterizzata da due sistemi interconnessi, ma con caratteristiche diverse. Da un lato, abbiamo il cosiddetto Sistema 1. Questo pattern di attività coinvolge il cervello a livello sia conscio che inconscio. Esso è deputato all’analisi veloce dell’informazione, ma anche all’attuazione di veloci strategie di risposta, che permettono di conciliare la necessità di decidere quali azioni compiere con quella di risparmiare le limitate risorse cognitive a nostra disposizione. Dall’altro lato, abbiamo il cosiddetto Sistema 2. Esso entra in gioco nell’elaborazione di informazioni complesse ed è completamente cosciente. Lo impieghiamo quando analizziamo in dettaglio un problema, considerando tutte le possibili soluzioni. Quando i pattern tipici del Sistema 2 sono attivati, l’impegno cognitivo è maggiore. Queste differenze cognitive sono rispecchiate da un differente sforzo fisiologico. Come testimoniato da numerosi esperimenti condotti da Kahneman, durante l’analisi e la risoluzione di problemi complessi, le pupille si dilatano e i parametri fisiologici mutano, segnalando lo stress fisico dell’attività intellettuale.[16]
Il Sistema 2 è, dunque, la sede della razionalità propriamente detta. All’interno di questo pattern di attività possiamo trovare il ragionamento logico. Il ruolo logico-decisionale svolto dal Sistema 1 non va, però, sottovalutato. Infatti, è proprio a partire da questi pattern che la maggior parte delle decisioni sono prese. Inoltre, all’interno di questi pattern possiamo rintracciare il ruolo svolto dalle emozioni.[17]
Nel quadro che abbiamo brevemente descritto, quindi, lo studio della logica, così come tradizionalmente intesa, si situa all’interno delle attività svolte dal cosiddetto Sistema 2, mentre il ruolo svolto dalle emozioni si situa all’interno del Sistema 1.
I due sistemi, però, cooperano, fino al punto che, come abbiamo visto parlando delle ricerche di Damasio, difetti nelle capacità emotive hanno ripercussioni profonde nella capacità di prendere decisioni. Come vedremo nella prossima sezione, l’analisi dei processi decisionali è uno degli ambiti di cui si occupa la logica contemporanea. Sulla base dei risultati sperimentali emerge, quindi, che un modello della decisione logica che escluda il ruolo svolto dalle emozioni sia carente, perché prevede che l’agente razionale agisca in un certo modo, per esempio massimizzando le proprie utilità. Tuttavia, nella realtà, gli agenti che mantengono intatte, e ad alti livelli, le proprie capacità razionali, ma sono privi della risposta emotiva, agiscono in modi che è intuitivo definire come irrazionali.[18]
Le emozioni, quindi, svolgono un ruolo diretto nei ragionamenti euristici, mentre hanno un ruolo indiretto rispetto ai ragionamenti deduttivi e induttivi condotti con precisione e concentrazione. Questi, a loro volta, sembrano essere causati o, perlomeno, favoriti da segnali di attivazione che possono essere indotti dalle emozioni.
Nella prossima sezione vedremo come seguendo l’informational turn sia possibile integrare questi aspetti, trattando alcune emozioni come “attivatori” dei pattern di ragionamento inferenziale e di analisi delle informazioni studiati dalla logica.
 
 
3. L’informational turn nella logica
 
Come abbiamo visto, la cognizione umana si articola secondo pattern di ragionamento che obbediscono a differenti compiti e obiettivi. In particolare, accanto alle funzioni cognitive tradizionalmente analizzate dagli studi sulla razionalità, si trovano quelle funzioni che permettono una veloce analisi dell’informazione e una altrettanto veloce risposta a questa.
Il ruolo svolto dalle emozioni della razionalità umana è stato da alcuni autori inserito proprio all’interno di queste attività. In particolare, secondo l’influente teoria di de Sousa, le emozioni permettono di isolare ambiti su cui fissare le proprie capacità cognitive.[19] In questo modo esse permettono di risolvere l’impasse che scaturirebbe dall’analisi di strategie particolarmente complesse, un problema noto in teoria della decisione. Inoltre, questa proposta ha il vantaggio teorico di combaciare con gli studi nel campo delle neuroscienze presentati da Damasio.[20] Da questo punto di vista, infatti, non c’è da sorprendersi se persone con capacità cognitive intatte, ma incapaci di esperire emozioni, siano altrettanto incapaci di prendere decisioni: le limitate capacità puramente razionali, da sole, non sono in grado di risolvere il problema combinatorio posto da qualsiasi decisione di una certa complessità. Le emozioni, quindi, possono essere viste come degli attivatori di pattern di azioni.  
La logica si occupa, tradizionalmente, dello studio delle inferenze formalmente corrette. Nel fare ciò essa astrae da qualsiasi contenuto che non sia la forma logica dellenunciato. Questo stile di analisi si adatta bene a unidea della razionalità umana completamente astratta da quei pattern di ragionamento che Kahneman ha chiamato Sistema 1. La logica e la teoria della razionalità, in questo modo, si adattano perfettamente allo studio della razionalità umana.
Tuttavia, seguendo i lavori presentati dei paragrafi precedenti, ci rendiamo conto che, sebbene la logica non sia in contraddizione con quanto detto, essa abbia poco da dire riguardo a quest’analisi della razionalità umana. L’obiettivo di quest’ultima sezione è di spiegare perché la logica, lungi dal non dire niente rispetto a queste proposte, può essere uno strumento di analisi indispensabile.
Per fare ciò, però, dobbiamo espandere l’ambito di analisi della logica dallo studio delle inferenze valide a quello dello studio delle invarianze nell’elaborazione dell’informazione. Questa svolta, proposta, a partire dagli anni ottanta, dal logico Johan van Benthem, è il cosiddetto informational turn. Se tradizionalmente la logica si occupava solamente dello studio delle inferenze corrette, ora la logica si dovrebbe occupare, più in generale, delle pratiche di elaborazione dell’informazione, tenendo conto delle dinamiche di queste elaborazioni.[21] All’interno di queste dinamiche trovano spazio non solo le classiche inferenze, ma anche le azioni epistemiche.[22] La mia proposta sarà che almeno alcune emozioni possono essere viste come tali tipi di azioni.
Per prima cosa, vediamo in che senso la logica può essere descrittiva e caratterizzante.
A partire dallo studio delle logiche modali, le ricerche logiche hanno iniziato a occuparsi della logica come strumento di descrizione e caratterizzazione di strutture matematiche. L’aspetto descrittivo è inscritto delle caratteristiche del linguaggio, che permettono o meno di definire le proprietà di una struttura. L’aspetto caratterizzante è dato dai teoremi che dimostrano che una certa descrizione vale solo e soltanto per una struttura con certe proprietà e viceversa.[23]
Tra le strutture che si prestano a questo tipo di analisi si trovano i grafi usati per studiare i problemi di teoria della decisione.[24] In essi troviamo dei nodi, che corrispondono a possibili situazioni, collegati da possibili percorsi, che corrispondono a possibili scelte. Le scelte a loro volta sono tradizionalmente fatte secondo dei criteri di ottimizzazione del risultato finale.
Tuttavia, nel momento in cui questo approccio ignora il ruolo svolto dalle emozioni nelle decisioni, compie un’astrazione che, sebbene legittima da un punto di vista di modellizzazione, gli impedisce di essere presentato come un modello realistico per l’analisi della razionalità umana. Inoltre, se presentato come modello puramente normativo diviene vittima dell’obiezione che questa pretesa normativa è inapplicabile per l’essere umano, in quanto quest’ultimo è costitutivamente orientato all’azione dalle emozioni.
Questa obiezione, però, si scontra solamente con un tipo particolare di modellizzazione e non attacca le possibilità dell’analisi logica. Infatti, affinché le emozioni siano suscettibili di modellizzazione logica, è sufficiente che esibiscano dei pattern o che diano luogo a preferenze tra stati di cose. Se una o entrambe queste condizioni sono realizzate, allora sarà possibile integrare le emozioni all’interno dei nostri modelli logici. Questo potrà essere fatto in due modi: o attraverso un’analisi implicita, in cui si osservano solamente i risultati delle azioni originate dalle emozioni, oppure in forma esplicita, attraverso l’inserimento nel modello di un linguaggio dedicato a catturare le azioni emotive. In questi modi è possibile superare la critica presentata.  
Vediamo ora come inserire le emozioni all’interno di un’analisi epistemica della razionalità. Quello che presenterò non sarà un sistema logico. Piuttosto, sottolineerò alcune caratteristiche delle logiche epistemiche dinamiche e sosterrò che queste sono compatibili con un’analisi esplicita di quelle emozioni che manifestano pattern epistemici costanti, come, per esempio, la curiosità. Lo sviluppo dell’analisi logico-formale sarà condotto in ricerche successive.
Iniziamo con una discussione informale degli elementi analizzati dalla modellizzazione logica.[25] Per prima cosa, ogni sistema logico è composto da due elementi. Da un lato abbiamo un modello, ossia una rappresentazione, fatta attraverso il linguaggio e gli strumenti della teoria degli insiemi, di una ontologia. Ovviamente, a questo livello di analisi, l’ontologia sarà astratta, nel senso che si occuperà di oggetti qualsivoglia. Questi oggetti, poi, saranno organizzati secondo predicati. Ossia, dei raggruppamenti che rappresentano oggetti aventi le stesse caratteristiche. Un esempio molto concreto di tali raggruppamenti può essere l’insieme delle mele rosse. Questo insieme conterrà tutti quegli oggetti che hanno la proprietà di essere mele e di essere rosse. Sulla base di questo modello, interpreteremo un linguaggio che, per essere abbastanza espressivo,[26] dovrà avere simboli che rappresentano oggetti e simboli che rappresentano i raggruppamenti, ossia i predicati. Inoltre, avrà simboli per parlare di alcuni o di tutti gli oggetti: i quantificatori. Sulla base di questo macchinario, si costruisce il calcolo, ossia l’insieme di regole di trasformazione che rappresentano le inferenze corrette.
Quello appena descritto è il modello su cui si basano molte logiche predicative. Ossia, quelle che studiano la validità di inferenze concernenti solamente oggetti e predicati. In questo modo, saremo in grado di studiare cosa segua logicamente da asserzioni come “Tutti i corvi sono neri” e “Qualche uccello è un corvo”. Tuttavia, asserzioni più complesse come “Credo che tutti i corvi siano neri” o “So che tutti i corvi sono neri” non possono essere analizzate.
Il modo più semplice per ovviare a questo problema è selezionare un oggetto dalla nostra ontologia e assegnarli proprietà epistemiche. Ossia, la capacità di credere, conoscere o dubitare qualcosa. Una volta fatto ciò, dovremo arricchire il nostro linguaggio per renderlo capace di cogliere queste nuove proprietà.[27] Per fare ciò introdurremo dei simboli che rappresentano la conoscenza o la credenza. Tuttavia, questo non basterà a risolvere il problema. Secondo la tradizione più affermata in logica epistemica, la conoscenza e la credenza sono nozioni modali.[28] Come tali, queste nozioni vanno analizzate all’interno di una semantica a mondi possibili. Questi mondi rappresenteranno tutte le diverse configurazioni di oggetti. Un agente potrà dire di conoscere un’asserzione quando tutti i mondi a cui ha accesso rendono vera questa asserzione, mentre potrò dire di crederla quando solo i mondi più plausibili a cui ha accesso rendono vera questa asserzione.[29]
In questo modo avremo un’analisi della conoscenza e della credenza statica. Ossia, una volta dato un modello e un linguaggio interpretato su di esso, ciò che l’agente crede o conosce non sarà suscettibile di variazioni. Tuttavia, sappiamo benissimo che la vita epistemica delle persone è variegata, proprio perché le loro conoscenze e le loro credenze sono in costante mutamento, a causa dell’ingresso di nuove informazioni.
Per rendere conto di ciò dovremo introdurre delle azioni che rappresentano dei mutamenti. Questi mutamenti possono essere intesi, per esempio, come il presentarsi di un’informazione di cui non eravamo a conoscenza che entra in contrasto con quanto sapevamo già. In questo caso, il nostro modello subirà un cambiamento.
In questa rappresentazione, l’agente ha, per così dire, un rapporto passivo con la realtà: subisce le informazioni che riceve dal mondo e sulla base di queste acquisisce conoscenze o credenze. Tuttavia, questo agente non agisce.
Accanto ai modelli doxastico-epistemici, esistono modelli logici che studiano le preferenze e le decisioni.[30] In questo caso, l’agente non è posto di fronte a una rappresentazione statica del mondo, ma deve scegliere tra differenti corsi di azioni. Questo elemento introduce due nuovi elementi: un aspetto temporale e un aspetto decisionale. Per gli scopi del presente articolo ignoriamo l’aspetto temporale e concentriamoci su quello decisionale.
Il problema logico della scelta si sovrappone al problema della razionalità. Infatti, i criteri di scelta che vengono analizzati non sono quelli che vengono studiati dalla psicologia, nei casi individuali, o dalla psicologia sociale, in quelli collettivi, ma obbediscono a criteri di razionalità. Come ha sintetizzato Jon Elster, il modello della scelta razionale si basa sull’interazione tra desideri, credenze e informazioni.[31] I desideri stabiliscono gli obiettivi da raggiungere, le credenze rappresentano il mondo e le informazioni influenzano sia la formazione di credenze che i desideri. L’interazione tra questi elementi ha bisogno di seguire criteri di razionalità. In primo luogo, le credenze devono formarsi sulla base delle informazioni seguendo regole logiche, sia deduttive, che induttive. A loro volta, però, le credenze influenzano la ricerca dell’informazione e, pertanto, l’informazione stessa. Un’azione simile hanno i desideri. Infatti, sulla base di questi, si ricerca, ancora una volta, l’informazione necessaria a soddisfarli. Nel fare ciò, l’informazione a disposizione muta. I desideri e le credenze, però, non si influenzano. Questo è un caposaldo della scelta razionale ed è necessario per assicurare che la realtà sia rappresentata sulla base della migliore informazione possibile e non dei desideri che si hanno.
Come abbiamo visto, l’azione è la facoltà che viene compromessa quando un soggetto non è in grado di esperire emozioni. Vediamo, quindi, come sia possibile integrare aspetti epistemici e aspetti decisionali all’interno di una logica delle decisioni. Di per sé queste azioni svolgeranno lo stesso ruolo matematico. Ossia, saranno delle funzioni che apportano dei cambiamenti nei modelli epistemici oppure indirizzeranno delle azioni in quelli decisionali. Per esempio, nel caso di modelli doxastici, alcune emozioni interverranno sull’ordinamento dei mondi possibili, in maniera tale da rendere più plausibili quelle situazioni che soddisfano l’emozione in questione. Per esempio, nel caso del sentimento della gelosia, l’ordinamento dei mondi sarà mutato in maniera tale da rendere più plausibili quelle situazioni che verificano il tradimento o qualsiasi altro evento che è fonte di tale sentimento.
Le emozioni, però, non svolgono semplicemente un ruolo nelle credenze. Ossia, non inducono solamente un ordinamento delle situazioni possibili. Prendiamo il caso della curiosità. Quando siamo incuriositi da qualcosa siamo portati a indagarne le proprietà e a cercare nuove informazioni. Per esempio, di fronte a un fenomeno sconosciuto, una persona che ne rimane incuriosita cercherà nuove evidenze, indagherà che proprietà ha manifestato e quante volte si è verificato. Quindi, aggiungerà informazioni al suo panorama epistemico e facendo ciò lo muterà in una maniera tale da permettergli di distinguere le situazioni rilevanti da quelle che rilevanti non sono. In definitiva, la curiosità avrà agito come un’autentica azione epistemica. Specularmente, di fronte allo stesso fenomeno, una persona che non abbia manifestato alcuna curiosità e che non sia portata da altri motivi a indagare il fenomeno non subirà gli stessi mutamenti epistemici di quella precedente. Dunque, posti di fronte a uno stesso scenario, la persona che avrà manifestato l’emozione avrà subito dei mutamenti epistemici, quella che non si è interessata non li avrà subiti. In definitiva, le azioni indotte dalla curiosità sono volte alla ricerca delle informazioni o delle prove, due attività tipicamente epistemiche.
Un altro caso di grande rilevanza epistemica è quello della fiducia.[32] A differenza del caso della curiosità, che può avere manifestazioni sia individuali sia collettive,[33] la fiducia può trovarsi solamente in contesti con più persone. Questo tipo di emozione ha delle connotazioni eminentemente epistemiche ed è alla base della diffusione delle notizie nelle reti sociali. Prendiamo il caso in cui una persona diffonda una notizia, per esempio che il campanile della chiesa di San Michele ad Amburgo è crollato. Due persone ricevono la notizia: la prima si fida della fonte e l’altra no. Le conseguenze epistemiche saranno divergenti. Nel primo caso, infatti, le credenze saranno mutate, perché le situazioni in cui il campanile è crollato saranno ritenute più plausibili di quelle in cui non lo è. Nel secondo caso, invece, le credenze non muteranno. Questo genere di analisi è già presente nella letteratura logica, sebbene non sia esplicitamente presentato come l’analisi del ruolo svolto dalle emozioni nel ragionamento.[34]
Finora abbiamo visto due aspetti. Da un lato, delle attività e delle azioni epistemiche che coinvolgono scelte consapevoli e la valutazione logica delle informazioni. Dall’altro lato, abbiamo visto come almeno alcune emozioni possiedano dei ruoli cognitivi tipici delle azioni epistemiche. Nelle sezioni precedenti, però, avevamo anche osservato come i risultati delle ricerche psicologiche diano supporto alla dual-process theory. Sulla base di quanto detto finora, quindi, potremmo pensare che le emozioni e la razionalità si dividano i compiti. L’assenza delle emozioni dall’analisi logica delle nozioni epistemiche non sarebbe dovuta ad altro che a un differente livello di analisi.
Tuttavia, abbiamo anche visto che i pattern del Sistema 1 influenzano le attività coscienti del Sistema 2. Se, quindi, il modello logico vuole essere un buon modello delle facoltà che svolgono un ruolo nel processo decisionale e in quello doxastico, c’è bisogno che questa interazione sia rappresentata e che alle emozioni, in quanto motore fondamentale del processo decisionale, sia dato un ruolo.
Per quanto riguarda la modellizzazione dei due processi, questa è già stata iniziata in lavori di logica epistemica riguardanti la modellizzazione di agenti a razionalità limitata.[35]
Per quanto riguarda il ruolo svolto dalle emozioni, invece, non è presente al momento un’esplicita trattazione logica. Sebbene alcuni lavori riguardanti la diffusione delle informazioni nelle reti sociali facciano uso di nozioni come la fiducia, ciò non è stato fatto considerando le azioni studiate come frutto di un’azione. Similmente, in lavori che hanno studiato la polarizzazione da un punto di vista logico si è fatto uso di nozioni come amico-nemico, che possono essere ricondotte ad aspetti emotivi.[36]
Qui vogliamo proporre, invece, che, accanto ai desideri, che determinano i risultati che preferiamo, alle credenze e alle informazioni, debbano trovare posto anche alcuni tipi di emozioni, le quali svolgeranno il ruolo di azioni epistemiche e che saranno attivate quanto l’agente riceverà un’informazione adeguata. Da un punto di vista formale, queste informazioni saranno interpretate come precondizioni. Ossia, come stati del modello che devono realizzarsi affinché l’emozione sia scaturita. Più intuitivamente, come dei fatti che devono essere veri, affinché l’emozione si manifesti.[37] In questo modo saremo in grado di catturare la natura immediata che la risposta emotiva ha sulle attività cognitive coscienti. Inoltre, lo strumento formale impiegato è perfettamente in linea con quanto fatto nelle ricerche di logica epistemica dinamica, dove affinché una certa azione epistemica sia considerata come compiuta, una certa precondizione deve essere soddisfatta.
Per il momento, l’attribuzione delle precondizioni sarà fatta su base intuitiva. Sarà compito di lavori successivi approfondire le connessioni tra risposte emotive e precondizioni. Per avere un’idea della strategia che si intende applicare, prendiamo degli esempi. Affinché si manifesti della gioia, v’è bisogno che si sia verificato un evento che, per esempio, fornisce notizie che sono sia inaspettate sia indicatrici di nuove e positive possibilità per l’agente che le riceve. Similmente, affinché si manifesti la curiosità, v’è bisogno che nel mondo si sia verificato un fenomeno che sfugge a facili spiegazioni o di cui non si abbiano molte informazioni. In entrambi i casi, l’emozione scaturisce dalla presenza di stati di cose adeguati.[38]
Riprendiamo il caso della curiosità, emozione che abbiamo detto sembrare avere, almeno intuitivamente, una componente eminentemente epistemica.[39] Affinché questa emozione si verifichi è necessario che alcune condizioni siano soddisfatte. In sede di modellizzazione logica non è importante specificare con esattezza quali siano queste condizioni. È sufficiente ammettere che esistano. A questo scopo assumeremo che, affinché si manifesti curiosità, l’agente debba ricevere un’informazione che non aveva.
Prendiamo un esempio. Una ragazza che affronta la prima lezione di fisica alle scuole superiori ha già una vaga idea riguardante la struttura del mondo esterno. Probabilmente, ha già ipotizzato che questo sia composto solamente da oggetti materiali. Tuttavia, questa ipotesi, forse resa esplicita da una credenza o forse rimasta implicita, è compatibile con un grandissimo numero di situazioni, che descrivono sia differenti strutture della materia, sia differenti metodologie di analisi. Durante la prima lezione di fisica la ragazza scoprirà che i fenomeni studiati da questa disciplina possono essere tutti analizzati attraverso la matematica. alcuni scenari in precedenza reputati possibili, per esempio quelli in cui la matematica non può essere impiegata, ma permetterà di concentrarsi su altri.
Il modello logico che deve essere usato per catturare questa situazione deve avere due caratteristiche in aggiunta a quelle delle logiche epistemiche “tradizionali”.[40] In primo luogo, deve ammettere l’acquisizione di nuove informazioni. Senza entrare nei tecnicismi logici, possiamo cogliere intuitivamente ciò che avviene nel seguente modo. All’inizio, l’agente in questione intrattiene solamente un numero limitato di credenze. Queste sono rappresentate da un insieme in cui sono presenti delle proposizioni che le rappresentano. Per esempio, se l’agente crede che il mondo sia materiale, nell’insieme sarà presente la proposizione Il mondo è materiale. Accanto a questo insieme di credenze, l’agente mette in ordine di preferenza tutte le situazioni possibili compatibili con questa proposizione. Tra queste ci saranno situazioni in cui la struttura della materia è molto differente da quella reale, altre in cui è molto simile, altre ancora in cui la matematica, per qualche ragione, non può essere impiegata nell’analisi dei fenomeni fisici. Nel momento in cui l’agente riceve la nuova informazione, la proposizione che la rappresenta viene aggiunta all’insieme contenente le proposizioni che sono credute. Ora, quindi, la proposizione La matematica può essere impiegata nello studio dei fenomeni fisici è inclusa. Tuttavia, dopo l’inclusione, è necessario eliminare tutti gli scenari in cui questa proposizione è resa falsa.
Quale ruolo svolge la curiosità in tutto ciò? Una volta eliminate le situazioni in cui la matematica non può essere impiegata come strumento analitico, rimangono sia quelle in cui questa può essere impiegata con tutti i fenomeni fisici sia quelle in cui l’impiego è limitato solo ad alcuni. La curiosità può svolgere un ruolo nel selezionare la strategia da seguire.[41] Ancora, per esempio, l’agente potrebbe essere alla ricerca di una spiegazione per un fenomeno fisico a cui aveva assistito. In questo caso, la curiosità potrebbe indirizzare l’agente a cercare una spiegazione attraverso i metodi proposti dalla nuova informazione. Per apprezzare ancora di più il ruolo svolto dall’emozione, bisogna anche considerare che, a parte criteri di coerenza e semplicità, la logica epistemica non prescrive come portare avanti le proprie indagini. L’emozione, in questo caso la curiosità, ed è questa la proposta fondamentale del mio contributo, è l’azione epistemica che colma questa lacuna.
Per tirare le fila di questo discorso, dunque, la curiosità ha bisogno che certe condizioni si verifichino. Dal punto di vista della modellizzazione logica, quali siano esattamente non importa. Al verificarsi di queste, essa viene applicata su problemi aperti per l’agente in questione. Essa indirizza l’agente verso una strategia di indagine da seguire o verso un problema specifico, per cercarne la soluzione. In questo modo, essa svolge un’azione epistemica, perché induce una modifica delle possibilità epistemiche dell’agente. Senza di essa l’agente dovrebbe o seguire tutte le possibilità lasciate in sospeso o scegliere a caso. In questo modo, invece, un modello che tenga conto del ruolo svolto da un’azione epistemica possiede un elemento cruciale per colmare il divario tra un’analisi puramente logica, e quindi avulsa da qualsiasi specificazione riguardante le limitazioni dell’agente, e un’analisi puramente descrittiva e, pertanto, non logica e non normativa per il ragionamento. Il vantaggio di questo approccio, così come di ogni approccio basato sull’informational turn, è che l’aspetto normativo dell’analisi logica può prendere in considerazioni casi particolari in cui sono state aggiunte limitazioni che simulano le caratteristiche degli agenti sotto analisi. In questo modo, è più facile isolare l’insieme delle conclusioni che è possibile raggiungere, così come i pattern inferenziali che è possibile seguire, date certe limitazioni cognitive. In fine, poiché il modello logico prende in considerazione le limitazioni degli agenti a cui si applica come modello normativo, esso è in grado di superare l’obiezione, facilmente mossa nei confronti di modelli più astratti, che agenti come gli esseri umani non siano, costitutivamente, in grado di obbedire sempre alle regole logiche previste dal modello. 
 
 
4. Conclusioni: emozioni come azioni epistemiche?
 
Da quanto abbiamo detto finora, le ricerche di psicologia e di neuroscienze, insieme con alcune linee di ricerche interne alla tradizione analitica, hanno attribuito un ruolo epistemico alle emozioni. Almeno alcune di queste, infatti, sembrano svolgere un ruolo rilevante all’interno di alcuni scenari epistemici come la raccolta delle informazioni e la testimonianza. Inoltre, gli studi logici che si rifanno all’informational turn hanno ampliato il campo di indagine della logica, ammettendo attività non inferenziali come la raccolta delle informazioni tra quelle suscettibili di studio logico.
Le emozioni, dunque, possono essere considerate azioni epistemiche? Sulla scorta di quanto detto, esiste sufficiente evidenza per sostenere che almeno alcune esperienze emotive svolgano un ruolo non marginale nell’elaborazione delle credenze e delle conoscenze. Tuttavia, esistono altri tipi di emozioni che agiscono in maniera dannosa su queste stesse attività.[42] Da ciò, però, non si deve concludere che le emozioni non debbano essere presenti dello studio dell’epistemologia.
Alcune di queste, in quanto azioni epistemiche, possono essere incluse nei nostri modelli logici. Un punto di partenza potrebbe essere proprio l’analisi logica della curiosità, vista come una funzione che determina la strategia epistemica da seguire.
 
 
 
 
Riferimenti bibliografici
 
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     H. van Ditmarsch, W. van der Hoek, B. Kooi, Dynamic Epistemic Logic, Dordrecht, Springer, 2008.
 

[1] Universität Hamburg, Facoltà di Scienze Umanistiche, Dipartimento di Filosofia, e Facoltà di Business, Economia e Scienze Sociali, Dipartimento di Economia, Von-Melle-Park 9, 20146, Hamburg, filippo.riscica.lizzio@uni-hamburg.de.
 
[2] Cfr. J. Prinz, Emotion: Motivating Feelings, in A. Beckermann, B. P. McLaughlin, S. Walter (eds.), The Oxford Handbook of Philosophy of Mind, Oxford, Oxford University Press, 2009, pp. 678-690.
 
[3] Cfr. W. James, What is an Emotion?, «Mind», 9, 34, 1884, pp. 188-205.
 
[4] Ibidem.
 
[5] Cfr. J. Elster, Emotional Choice and Rational Choice, in P. Goldie (ed.), The Oxford Handbook of Philosophy of Emotion, Oxford, Oxford University Press, 2009.
 
[6] A. R. Damasio, Descartes’ Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, New York, G.P. Putnam’s Sons, 1994.
 
[7] Ibidem.
 
[8] Bisogna ricordare che questo non è il primo problema sollevato nei confronti della logica come modello della razionalità umana. Altrettanto pericolosa è la conseguenza dell’onniscienza, presente in alcune analisi logiche della conoscenza.
 
[9] Cfr. J. van Benthem, Logical Dynamics of Information and Interaction, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.
 
[10] Cfr. J. van Benthem, Logic and reasoning: Do the facts matter?, «Studia Logica», 88, 1, 2008, pp. 67-84.
 
[11] M. Nussbaum, Upheavals of Thought: The Intelligence of Emotions, Cambridge, Cambridge University Press, 2003.
 
[12] Cfr. W. James, What is an Emotion?, cit.
 
[13] Cfr. A. Scarantino, R. de Sousa, Emotion, «The Stanford Encyclopedia of Philosophy», (Winter 2018 Edition), < https://plato.stanford.edu/entries/emotion/> [accessed 13 December 2020].
 
[14] R. De Sousa, The Rationality of Emotion, Cambridge Mass., MIT Press, 1987.
 
[15] D. Kahneman, Thinking, Fast and Slow, Penguin Books, 2012.
 
[16] D. Kahneman, Attention and Effort, New York, Prentice-Hall, 1973.
 
[17] D. Kahneman, Thinking, Fast and Slow, cit., pp. 137-145.
 
[18] Cfr. A. R. Damasio, Descartes’ Error, cit.
 
[19] R. de Sousa, The Rationality of Emotion, cit., pp. 9-10.
 
[20] Cfr. A. R. Damasio, Descartes’ Error, cit.
 
[21] Cfr. J. van Benthem, Language in Action: Categories, Lambdas and Dynamic Logic, Cambridge Mass., MIT Press, 1995. Vedi anche J. van Benthem, Exploring Logical Dynamics, Center for the Study of Language and Information, 1996. 
 
[22] Cfr. H. van Ditmarsch, W. van der Hoek, B. Kooi, Dynamic Epistemic Logic, Dordrecht, Springer, 2008.
 
[23] Cfr. P. Blackburn, M. de Rijke, Y. Venema, Modal Logic, Cambridge, Cambridge University Press, 2001.
 
[24] Cfr. J. van Benthem, Logic in Games, Cambridge Mass., MIT Press, 2014.
 
[25] Questo paragrafo può essere saltato da chiunque abbia delle conoscenze logiche di base.
 
[26] Il problema dell’espressività di un linguaggio e di conseguenza di un sistema logico è spesso tralasciato dai testi introduttivi. Anche molti testi avanzati tralasciano questo problema. Tuttavia, esso comprende molte delle domande aperte negli stuti logici contemporanei. Inoltre, il problema dell’espressività coglie alcuni problemi filosofici riguardanti il rapporto tra linguaggi e realtà di cui è difficile sottolineare l’importanza. Cfr. J. van Benthem, Modal Logic for Open Minds, Center for the Study of Language and Information, 2010.
 
[27] Gli studi su cui ci basiamo sono tutti lavori di logica proposizionale epistemica. Questo vuol dire che il linguaggio è privo di quantificatori come “tutti” o “qualche”. Gli enunciati su cui si applicano sono del tipo “Il gatto è sul tavolo”. Sono doxastici quando si parla di credenze: “Credo che il gatto sia sul tavolo”. Sono epistemici quando si parla di conoscenze: “So che il gatto è sul tavolo”.
 
[28] Cfr. J. Hintikka, Knowledge and Beliefs: An Introduction to the Logic of Two Notions, Cornell University Press, 1962. 
 
[29] Le logiche epistemiche sono caratterizzate da una grandissima varietà di analisi. Quella presentata è solo una delle possibili analisi. Per avere un’idea della varietà di approcci si consiglia di consultare R. Rendsvig, J. Symons, Epistemic Logic, «The Stanford Encyclopedia of Philosophy», (Summer 2019 Edition), [accessed 13 December 2020].
 
[30] Cfr. J. van Benthem, Logic in Games, cit.
 
[31]  J. Elster, Reason and Rationality, Princeton, Princeton University Press, 2009.
 
[32] La fiducia è una delle emozioni che più hanno interessato i filosofi analitici contemporanei. Essa è indispensabile per trattare in maniera soddisfacente i fenomeni di epistemologia sociale che coinvolgono lo scambio di informazioni tra persone. A riguardo Cfr. J. Lackey, Testimony: Acquiring Knowledge from Others, in A. I. Goldman, D. Whitcomb (eds.), Social Epistemology: Essential Readings, Oxford, Oxford University Press, 2011.
 
[33] Infatti, possiamo dire che, per esempio, un eremita è curioso rispetto a un problema teologico. Allo stesso modo, possiamo dire che un gruppo di ricerca è curioso rispetto alla soluzione di un problema fisico. Lo stesso non può dirsi della fiducia. Infatti, ha poco senso attribuire il sentimento di fiducia a una persona singola, priva di relazioni sociali. Questa emozione, dunque, sembra essere essenzialmente sociale.
 
[34] Cfr. J. Seligman, F. Liu, P. Girard, Logic in the Community, Indian Conference on Logic and Its Application, Berlin-Heidelberg, Springer, 2011. Vedi anche: Y. Katz, J. Goldbeck, Social network-based trust in prioritized default logic, «AAAI», 6, 2006, pp. 1345-1350.
 
[35] S. Smets, A. Solaki, The Effort of reasoning: modelling the inference steps of bounded rational agents, International Workshop on Logic, Language, Information, and Computation, Berlin-Heidelberg, Springer, 2018.
 
[36] Cfr. M. Pedersen, S. Smets, T. Ågotnes, Further Steps Towards a Logic of Polarization in Social Networks, in M. Dastani, H. Dong, L. van der Torre. (eds.), Logic and Argumentation, CLAR 2020. Lecture Notes in Computer Science, 12061, Springer, 2020, pp. 324-345.
 
[37] A riguardo possiamo interpretare le precondizioni di un’emozione come gli stati di cose che determinano l’adeguatezza di un’emozione. Per esempio, la Nussbaum ritiene che si possa parlare di emozioni adeguate e non adeguate rispetto a un dato fatto. Cfr. M. Nussbaum, Upheavals of Thought, cit. e R. De Sousa, The Rationality of Emotion, cit.
 
[38] Cfr. M. Nussbaum, Upheavals of Thought, cit., sulla nozione di fitting (adeguatezza) delle emozioni.
 
[39] Quella che segue è una descrizione volta a esemplificare le condizioni che si possono verificare. Nel caso in cui il lettore dovesse trovarsi in disaccordo, può sostituire i dettagli. Nulla dell’argomento presentato in questo contributo si poggia sui dettagli di questo esempio.
 
[40] Per tradizionali intendo quelle che sono definite sulla base di relazioni tra mondi e che non tengono conto del cambio di informazione.
 
[41] Già Kuhn, nel suo influentissimo La struttura delle rivoluzioni scientifiche, aveva sottolineato che l’indagine scientifica non obbedisce sempre a criteri di pura razionalità. Questo fatto è amplificato quando gli agenti epistemici sono sottoposti a vincoli rispetto alle risorse temporali da poter impiegare.
 
[42] D. Davidson, How Is Weakness of the Will Possible?, in Essays on Action and Events, Oxford, Oxford University Press, 2001, pp. 25-43.
 


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LOGICA , SENSAZIONI , RAZIONALITà , EPISTEMOLOGIA


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Filosofia

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