Narrativa forense e persuasività emotiva. Focus sulla prima orazione lisiana

di Roberta Dainotto

 

Nelle contese giuridiche attiche, affinché un’orazione potesse aggiudicarsi il voto favorevole della giuria, non era soltanto determinante che la descrizione dei fatti in questione avvenisse in maniera puntuale e che gli stessi fossero fedeli alla realtà, ma anche il modo in cui la storia veniva presentata. La giuria era chiamata ad ascoltare il medesimo caso sia dall’imputato che dall’accusatore. Per tale ragione, un rimaneggiamento con l’inserzione di dettagli che favorissero la resa argomentativa era auspicato. Il compito degli oratori consisteva, dunque, in una elaborazione scaltra e convincente degli eventi, per suffragare le prove ed orientare il giudizio in proprio favore, soprattutto in virtù del carattere definitivo del voto. A tal fine, essi bilanciavano con sapienza elementi fattuali, che descrivessero l’oggettivo spaccato storico inteso come sostrato, e narrativi, che elaborassero cioè i sentimenti vissuti, le leggi e le testimonianze, per ottenere un prodotto veritiero che avesse un impatto incisivo sugli ascoltatori.[1]

Le parti argomentative delle orazioni apportavano ai testi un ingente contributo, in quanto elaboravano sfumature narratologiche e cognitive, che ne incrementavano la vividezza e generavano reazioni emotive in chi ascoltava.[2] L’uso sapiente di frasi, una struttura avvincente, una significatività effettiva e la promozione di sensazioni di immedesimazione, erano ingredienti essenziali. Questi, combinati con uno specifico uso linguistico, una peculiare alternanza timbrica e la gestualità durante la performance, ovvero coloriture quasi drammaturgiche e di ragguardevole importanza, oltrepassavano la semasiologia.[3] Tali fattori, nel complesso, annullavano le distanze tra oratore e pubblico e valorizzavano componenti secondarie che accrescevano la tensione emozionale.[4] Spoglia del sistema elaborativo e performativo, la resa sistematico-verbale sarebbe stata solo un crudo susseguirsi di parole.

La commistione inestricabile tra elementi giuridici, eventi e sfera emotiva, fornisce una batteria di argomentazioni ed interpretazioni in grado di conferire una luce particolare al caso. Obiettivo del presente studio è una riflessione sul modo in cui il linguaggio genera percezioni emotive in grado di superare il significato testuale. Già Aristotele, nel secondo libro del trattato sulla Retorica, approccia l’oratoria giuridica ateniese con realismo, confermando il ruolo primario della giuria, riconoscendo la necessità dell’oratore di indurre in essa sentimenti per creare un’affinità di sensi e pensieri e una specifica disposizione d’animo.

 

ἐπεὶ δὲ ἕνεκα κρίσεώς ἐστιν ῥητορική (καὶ γὰρ τὰς συμβουλὰς κρίνουσι καὶ δίκη κρίσις ἐστίν), ἀνάγκη μὴ μόνον πρὸς τὸν λόγον ὁρᾶν, ὅπως ἀποδεικτικὸς ἔσται καὶ πιστός, ἀλλὰ καὶ αὑτὸν ποιόν τινα καὶ τὸν κριτὴν κατασκευάζειν. πολὺ γὰρ διαφέρει πρὸς πίστιν, μάλιστα μὲν ἐν ταῖς συμβουλαῖς ,εἶτα καὶ ἐν ταῖς δίκαις  ,τό τε ποιόν τινα φαίνεσθαι τὸν λέγοντα καὶ τὸ πρὸς αὑτοὺς ὑπολαμβάνειν πως διακεῖσθαι αὐτόν ,πρὸς δὲ τούτοις ἐὰν καὶ αὐτοὶ διακείμενοί πως τυγχάνωσιν (Aristotele, Retorica, II, 1377b).

Poiché la retorica esiste in funzione di un giudizio (infatti le deliberazioni si giudicano e la sentenza costituisce un giudizio) è necessario non solo guardare al discorso, perché risulti dimostrativo e credibile, ma anche mostrare se stessi in un certo modo e porre colui che giudica in una certa disposizione d’animo. In effetti, ai fini della persuasione molto differisce – soprattutto nelle deliberazioni, ma anche nei processi – il fatto che l’oratore si mostri in una certa maniera e far pensare che egli è disposto in un dato modo nei confronti degli ascoltatori e, inoltre, che anch’essi si trovino disposti in un certo modo nei suoi confronti.

 

Il filosofo pone l’accento sull’importanza dello stato mentale degli ascoltatori nel processo di ragionamento, inteso come frutto di deduzione e di induzione entimemica generato dall’ascolto di una orazione. La forza persuasiva, ottenuta tramite una resa vivida, ha il potere di trasformare una data percezione ed accrescere una esperienza fenomenologica di carattere soggettivo. Il risultato è una mutua influenza tra esperienze reali ed allusioni. La narrativa gioca un ruolo di primaria importanza, combinando gli elementi della storia in maniera organizzata, modellata e arricchita, confacente ad una specifica prospettiva.[5] Essa non mira esclusivamente ad una completezza espositiva, quanto, piuttosto, ad indurre una reazione nell’ascoltatore, affinché, in linea con l’oratore, egli accetti o condanni un comportamento, e assolva o incrimini una persona. L’interfaccia tra informazione e persuasione e, per estensione, tra persuasione ed emozione, ha i tratti di un accurato connubio che tende ad una manipolazione psicologica su un piano verbale e inconscio e alla creazione di proiezioni mentali.

Un riscontro pratico su quanto finora esposto è offerto dalla prima orazione di Lisia Per l’uccisione di Eratostene, discorso di difesa. Il testo è una prova dell’intima combinazione tra struttura concettuale e sensistica, e rende esplicito come la narrazione conferisca una peculiare chiave di lettura al testo, che si rivela in grado di sedurre l’intelletto e l’emotività dell’assemblea. L’autenticità dell’orazione è stata oggetto di discussione, e nel tempo sono stati analizzati gli elementi che ne metterebbero in luce la faziosità.[6] Lungi dall’essere argomento della presente indagine, qui, piuttosto, si riconosce l’elevato impianto strutturale ed argomentativo, che crea un nesso tra componenti cognitive e valutative. Già sul piano semantico, i nomi dei due contendenti hanno un forte calibro etimologico - Eufileto rappresenta il beneamato, mentre Eratostene l’amante vigoroso -, ed entrambi assumono tratti stereotipici che permangono come sottesa scintilla testuale e diventano figure di significato, assumendo i ruoli del giusto e dello sbagliato in un rapporto di antitesi.[7]

L’orazione è una difesa contro un caso di adulterio che sfocia in omicidio.[8] In ottemperanza ad una legge di Draconte, il marito che scoprisse l’adultero in flagrante delicto era legittimato a vendicarsi, e l’intera linea di difesa del testo è incentrata sulla dimostrazione della legittimità della propria azione nel rispetto di tale statuto (Lisia 1. 2, 26-27, 29-31).[9] Obiettivo di Eufileto non è negare l’avvenuto omicidio, bensì articolare la storia in modo da trovare attenuanti e giustificazioni ed ottenere l’assoluzione secondo la legge, eludendo l’ipotesi che l’uccisione sia stata intenzionale e mossa da asperità pregresse.

 

καὶ οὔτε ἔχθρα ἐμοὶ καὶ ἐκείνῳ οὐδεμία ἦν πλὴν ταύτης, οὔτε χρημάτων ἕνεκα ἔπραξα ταῦτα, ἵνα πλούσιος ἐκ πένητος γένωμαι, οὔτε ἄλλου κέρδους οὐδενὸς πλὴν τῆς κατὰ τοὺς νόμους τιμωρίας (Lisia 1. 4).

E non c’era tra me e lui ostilità alcuna al di fuori di questa, né ho compiuto questa azione per denaro, per diventare ricco da povero, né per nessun altro vantaggio, eccetto la vendetta consentita secondo le leggi.

 

L’esistenza di un precedente tra Eufileto ed Eratostene avrebbe dato adito alla supposizione di un desiderio di vendetta. Questa ipotesi avrebbe messo in discussione la natura dell’omicidio e macchiato l’immagine del difensore agli occhi dei giudici.[10] Per tale ragione, era indispensabile che egli presentasse la sua azione come una inequivocabile ed ossequiosa messa in atto delle norme vigenti. Ovviamente l’obiettivo non era semplice, ed Eufileto cerca in tutti i modi di attrarre a sé la benevolenza del pubblico, auspicando una loro immedesimazione già dall’incipit, in cui chiede di essere giudicato con una predisposizione bonaria, tale a quella che ciascuno rapporterebbe a se stesso nella medesima situazione.

 

περὶ πολλοῦ ἂν ποιησαίμην, ἄνδρες, τὸ τοιούτους ὑμᾶς ἐμοὶ δικαστὰς περὶ τούτου τοῦ πράγματος γενέσθαι, οἷοίπερ ἂν ὑμῖν αὐτοῖς εἴητε τοιαῦτα πεπονθότες: εὖ γὰρ οἶδ᾽ ὅτι, εἰ τὴν αὐτὴν γνώμην περὶ τῶν ἄλλων ἔχοιτε, ἥνπερ περὶ ὑμῶν αὐτῶν, οὐκ ἂν εἴη: ὅστις οὐκ ἐπὶ τοῖς γεγενημένοις ἀγανακτοίη, ἀλλὰ πάντες ἂν περὶ τῶν τὰ τοιαῦτα ἐπιτηδευόντων τὰς ζημίας μικρὰς ἡγοῖσθε (Lisia, 1. 1).

Apprezzerei molto, o giudici, che voi mi giudicaste, riguardo a questo caso, come giudichereste voi stessi se vi fosse successa una situazione analoga. So bene infatti che, se aveste verso gli altri la stessa opinione che verso voi stessi, non vi sarebbe nessuno che non proverebbe sdegno per quanto accaduto, anzi, tutti considerereste lievi le pene nei confronti di chi compie azioni del genere.

 

L’esortazione ad una prospettiva personale per la valutazione del caso mira a far scaturire un legame diretto tra giuria e difensore, con un coinvolgimento mentale ed etico nello spazio immaginario degli eventi. L’estensione delle norme di cui si fa araldo a tutta la Grecia, traspongono l’individualità nell’universalità, e richiamano un ulteriore senso di adesione ed appartenenza da parte dei giudici in un sistema ancora più vasto. Tale strategia si rivela ottimale, in quanto da un lato accerta una comprensione degli eventi rispetto alle complicazioni tecniche e legali nella loro portata generale, dall’altro le adatta al caso in questione, annullando ogni distanza tra il me e il voi, in favore di un me e noi, e creando un ponte ideologico con gli ascoltatori che culmina in un coinvolgimento figurativamente diretto degli stessi nella scena.[11]

Per colmare il gap tra oratore, onnisciente e presente ai fatti, e giudice, passivo conoscitore degli stessi, Lisia mette a punto un piano strutturale che segue un tempo giuridico, basato sull’illustrazione e la confutazione degli avvenimenti passati nel presente, ed un tempo narrativo, presente e in fieri nel passato, creando un raccordo di scoperta e comprensione progressiva.[12] Questa sovrapposizione temporale permette di svelare gradualmente gli elementi che compongono la trama e che confluiscono nell’atto finale, fornendo all’ascoltatore dati aggiuntivi per una valutazione a posteriori. In tale circuito, l’oratore assume le doppie vesti di narratore e di attore, intersecando i due ruoli sino al raggiungimento di una collisione che evoca una piena coscienza.[13]

Eufileto costituisce il fulcro tematico dell’orazione e la sua prospettiva è egocentrica, pertanto anche la sua narrazione è parziale. Quando si appresta a raccontare i fatti dal principio, con sincerità e senza omissioni, ciò non significa che pronuncerà soltanto parole di verità, intesa come concetto indisputabile sotto una valutazione giuridica secondo i canoni moderni, quanto della sua verità, cioè una versione rimaneggiata che si confaccia alle esigenze del caso e trovi coerenza nel proprio sviluppo.

 

ἐγὼ τοίνυν ἐξ ἀρχῆς ὑμῖν ἅπαντα ἐπιδείξω τὰ ἐμαυτοῦ πράγματα, οὐδὲν παραλείπων, ἀλλὰ λέγων τἀληθῆ (Lisia 1. 5).

Io dunque vi esporrò tutte le mie vicende dal principio, nulla tralasciando, ma dicendo la verità.

 

Tale verità è presentata nella forma di una lunga digressione narrativa (Lisia 1. 6-28) che ha come punto d’avvio l’unione coniugale tra Eufileto e la moglie, momento che costituisce una sorta di genesi della trama.

L’orazione segue un filo conduttore logico, sviluppato in stratificazioni tematiche che permettono la comprensione d’insieme e vertono all’esaustività. Con dovizia e pazienza, Lisia articola una presentazione retrospettiva che, oltre ai fatti, riguarda anche la persona di Eufileto, promuovendone un’immagine positiva, insistendo sulla sua bonarietà e sull’incapacità di meditare qualcosa di negativo nei pensieri o nelle azioni. Questi tratti sono indispensabili per delineare il protagonista come un uomo onesto e pacato, a cui la giuria possa legarsi emotivamente creando ciò che Kurland ha definito empathetic surrogacy.[14] Vale la pena notare, inoltre, che Eufileto è l’unica persona sulla quale abbiamo informazioni caratteriali all’interno del testo, essendo gli altri personaggi solo figure veicolari e quasi depersonalizzate. In particolare, il suo avversario è spesso indicato con espressioni impersonali che evitano un uso assiduo del nome.[15] Questa scelta è coerente con l’ignoranza di Eufileto sul piano narrativo-storico, poiché nell’incedere scenico egli sconosce l’adultero fino a trama inoltrata, ovvero quando gli viene rivelata la sua esistenza ed identità. Inoltre, la mancanza di riferimenti diretti evita la possibilità che la giuria gli si possa legare affettivamente.

Eufileto si presenta come un contadino semplice, moderato e pacifico, felicemente sposato con una donna che inizialmente impersona i canoni della moglie perfetta («πασῶν ἦν βελτίστη»), nei confronti della quale nutre un sentimento di grande fiducia. Il tema della fiducia ha un grande valore nel racconto: da un lato dà le coordinate di un rapporto equilibrato, mentre dall’altro insinua l’idea dell’ingenuità di Eufileto che, accecato dalla stessa, non comprende i rischi intorno a sé. L’idillio della coppia prosegue sino alla nascita del primo figlio (Lisia 1. 6-7), ed è seguito da un momento di frattura coincidente con la morte della madre di Eufileto, circostanza in cui la moglie, uscita di casa per seguirne il funerale, desta le attenzioni di Eratostene. Quest’ultimo, corrompendo la serva della donna, riesce nell’intento di sedurla (Lisia 1. 7-8).

A seguire questo primo cenno narrativo, in cui sono date le coordinate iniziali della trama, Lisia congeda la scena per un lasso di tempo durante il quale si dedica ad una descrizione minuziosa della casa (Lisia 1. 9-10). Sebbene la descrizione costituisca una parentesi testuale più statica, essa si rivela comunque funzionale allo sviluppo successivo. Inoltre, l’intervallo favorisce una metabolizzazione dei dati forniti, volto a radicare un pregiudizio nei confronti di Eratostene rispetto a quanto finora appreso. La casa è distribuita su due livelli, con specifiche destinazioni d’uso, e con gli ambienti per le donne situati al piano superiore per assicurare un maggiore isolamento dalla strada e da indiscrezioni.[16] Questo ordine viene temporaneamente invertito alla nascita del figlio, per garantire una immediata fruibilità degli spazi in relazione alle rinnovate necessità. Proprio tale mutamento spaziale contribuisce allo stabilirsi di una vita parallela della donna, gestita con libertà ed astuzia. La pacatezza di Eufileto durante la narrazione denuncia la sua totale ignoranza e rivela uno spirito di accondiscendenza verso le esigenze della moglie, che fa quasi da avamposto alla stabilizzazione dell’adulterio. L’oratore si distanzia difficilmente dal ruolo di attore e, con premeditata assurdità, concettualmente ossimorica, rinnova parole di stima verso la moglie che confermano la sua totale buona fede.

 

ὥστε ᾤμην τὴν ἐμαυτοῦ γυναῖκα πασῶν σωφρονεστάτην εἶναι τῶν ἐν τῇ πόλει (Lisia 1. 10).

così pensavo che la mia fosse la donna più onesta fra tutte nella città.

 

Questo rinforzo emotivo non crea crepe concettuali agli occhi degli ascoltatori, che riconoscono la costrizione di Eufileto nel tempo storico. Dinnanzi al candore di un personaggio senza malizia nella temporalità narrativa, la platea, in una posizione di superiorità e consapevolezza data dalla temporalità fattuale in cui si trova, nutre sentimenti di cordoglio.

Contestualmente, una serie di indizi pertinenti la sfera domestica e presentati come innocue casualità, genera sospetti riguardo la donna, esperta di depistaggi, e conclama la subordinazione di Eufileto alle sue angherie. Questi indizi, però, sono ravvisabili solo dagli ascoltatori i quali, appunto, vivono il ruolo privilegiato di terzi informati sugli eventi, e diventano ricettori acuti, in grado di trasformare ben presto le sensazioni di pregiudizio in opinioni consolidate. Tra le anomale casualità citate, vengono annoverate una romanzata scenata di gelosia della moglie contro Eufileto, finalizzata alla segregazione notturna del marito in camera, l’ambiguo cigolio della porta, giustificato dallo spegnimento improvviso del lume riacceso con l’aiuto dei vicini, l’insolito trucco sul viso al mattino, stridente con il recente lutto per la morte del fratello. Tali suoni, le luci, le voci presentate, isolati in una realtà atemporale, trasformano l’auditorio da ascoltatore onnisciente a giudice ammaliato dalla spettacolarizzazione, quasi spettatore dei fatti – almeno su un piano sensitivo e immaginativo – che, con sorpresa e gradualità, unisce i tasselli e ne comprende la faziosità. L’effetto è ottenuto grazie alla creazione di associazioni mentali e visive che combinano razionalità e sentimenti.[17] Alla luce di questi avvenimenti, Eufileto appare come il semplicione fuori di senno di cui prendersi gioco, ancora chiuso nella sua cieca ignoranza, privo di contatto con la realtà, la quale gli scorre innanzi senza che lui si renda conto, suscitando amara compassione nell’auditorio.[18] La debolezza su cui Lisia insiste è il punto di forza del suo assistito. Infatti, è proprio lo sminuimento del personaggio a uomo inesperto ed inerme ad accrescere la simpatia nei suoi confronti. Ciononostante, l’oratore mitiga gli elementi con arguzia, per far sì che il limite della decenza non venga oltrepassato, e che il supporto nei riguardi dell’assistito non si trasformi in derisione.

Affinché anche in Eufileto si innesti il sospetto, rispetto alla condizione di torpore, essenziale si dimostra l’incontro con una anziana signora, la quale gli fece la posta per conto di una precedente amante di Eratostene. L’anziana donna descrive Eratostene adultero per mestiere («ταύτην γὰρ τὴν τέχνην ἔχει»), e informa l’ingenuo marito di quanto stesse accadendo a sua insaputa (Lisia 1. 15-17). L’inattesa rivelazione accende in Eufileto il lume della ragione ed innesca una serie di riflessioni a catena. L’originaria ignoranza si trasforma in consapevolezza retrospettiva. Con un dialogo indiretto ed una incisività linguistica che conferisce amarezza alla trama, il caso assume una spettacolarizzazione che si confà alla scena. La donna, apparsa e scomparsa con celerità, assume quasi il ruolo di deus ex machina, che consente ad Eufileto di ricostruire le originarie supposizioni mutandole in evidenti certezze.

 

ταῦτά μου πάντα εἰς τὴν γνώμην εἰσῄει, καὶ μεστὸς ὑποψίας (Lisia 1. 17).

tutte queste cose mi tornavano in mente ed ero pieno di sospetti.

 

Oltre ad alterare gli stati d’animo, l’appresa notizia dell’adulterio cambia anche l’incedere della trama, ora contraddistinta da un ritmo più intenso che rispecchia il turbamento dell’attore. L’indole fumantina del protagonista è giustificata dalla sua rabbia, che sovrasta l’originaria tolleranza. Un esempio di questa concitazione è il colloquio con la propria schiava, complice della moglie, che, con brusche minacce, lontane dall’immagine di uomo calmo finora presentata, viene persuasa a riferire quel che sapeva, intimata di non rivelare niente a nessuno e di avvisarlo tempestivamente della presenza di Eratostene qualora fosse stato in casa (Lisia 1. 18-22). Usher ha individuato proprio nella rabbia il tratto predominante di Eufileto,[19] sebbene Lisia stia attento a non rimarcare esasperatamente questo sentimento, giacché l’ira non è una buona arma in un caso di difesa per omicidio. Piuttosto insiste su alcune attenuanti caratteriali che, nonostante il mutamento di sentimenti, permangono come base valutativa e permettono al pubblico di sentirsi legati al protagonista.

Per la seconda volta nel testo, giunti all’apice narrativo, Lisia interrompe l’incedere fluido della trama menzionando una cena conviviale con Sostrato, a distanza di qualche giorno dalla rivelazione della serva (Lisia 1. 22-23). Anche in questo caso, l’intervallo apparentemente sconnesso fa da preludio ad una nuova parte narrativa, e la sua funzione è quella di stabilire la quiete per consolidare l’immagine dell’estemporaneità degli eventi successivi. Prova di ciò è l’evocazione di uno spazio temporale vuoto («καὶ μετὰ ταῦτα διεγένοντο ἡμέραι τέσσαρες πέντε») che conferma che l’omicidio non fosse stato mosso da una rabbia cieca ma dall’espletamento di una norma giuridica.[20] La cena con Sostrato, si capisce presto, non avviene in una serata a caso. Durante la stessa notte, infatti, ancora animato da propositi di vendetta, Eufileto viene svegliato dalla serva che lo informa della presenza di Eratostene (Lisia 1. 23-24). Prontamente, la vittima dell’inganno raduna più gente possibile, amici e conoscenti, bussando porta per porta, per avere, al suo seguito, una schiera di testimoni.

Il concitato raggruppamento di uomini, la ricerca casa per casa, a volte risolta in un nulla di fatto, la resa visiva dalle fiaccole e la folla di gente al seguito di Eufileto, accrescono la pulsazione della scena, trasponendo la giuria nella stessa. Questo momento cambia la prospettiva. D’ora innanzi non c’è più Eufileto, attore solitario, ma una comunità, con lui a capo, radunata in fretta per cogliere l’adultero in flagrante.

 

παραλαβὼν δ᾽ ὡς οἷόν τε ἦν πλείστους ἐκ τῶν παρόντων ἐβάδιζον (Lisia 1. 24).

Radunati quanti più uomini mi era possibile, mi avviai verso casa.

 

In tal modo, l’oratore sembra mutare il ruolo del parterre da ascoltatore ad attore principale. Il mancato riferimento a personalità specifiche nella narrazione, apparentemente, risponde alla strategia di far coincidere la folla con le medesime persone chiamate, nel presente, a giudicare il caso. Cittadini, ovvero giudici, si muovono nel racconto, vedono le cose come lui le vede, provano emozioni come lui le prova, quasi condividono, nella loro trasposizione dentro la scena, l’ignoranza di Eufileto su quanto stesse accadendo, ed insieme a lui apprendono la verità, diventando testimoni fittizi. I giudici conoscono l’epilogo, ma ne vivono l’avvicendamento mediante l’ascolto. Questa descrizione cinetica persuade quasi inconsapevolmente l’ascoltatore il quale, in tal modo, entra nella trama seguendo i tempi della sua stessa evoluzione.

Giunti a casa, Eufileto ed il suo seguito trovano Eratostene in camera, spoglio di vesti e dignità. A questo punto, l’oikos assume i tratti della corte, la camera da letto un posto in cui espletare giustizia. Il marito tradito attacca l’adultero, fisicamente e verbalmente, per poi ucciderlo con una punizione inflitta non da lui bensì dalla legge della città, in un’azione di difesa che segue un crescendo drammatico fino allo scioglimento tragico e catartico.

 

ἐγὼ δ᾽, ἄνδρες, πατάξας καταβάλλω αὐτόν, καὶ τὼ χεῖρε περιαγαγὼν εἰς τοὔπισθεν καὶ δήσας ἠρώτων διὰ τί ὑβρίζει εἰς τὴν οἰκίαν τὴν ἐμὴν εἰσιών. κἀκεῖνος ἀδικεῖν μὲν ὡμολόγει, ἠντεβόλει δὲ καὶ ἱκέτευε μὴ ἀποκτεῖναι ἀλλ᾽ ἀργύριον πράξασθαι. ἐγὼ δ᾽ εἶπον ὅτι ‘οὐκ ἐγώ σε ἀποκτενῶ, ἀλλ᾽ τῆς πόλεως νόμος, ὃν σὺ παραβαίνων περὶ ἐλάττονος τῶν ἡδονῶν ἐποιήσω, καὶ μᾶλλον εἵλου τοιοῦτον ἁμάρτημα ἐξαμαρτάνειν εἰς τὴν γυναῖκα τὴν ἐμὴν καὶ εἰς τοὺς παῖδας τοὺς ἐμοὺς τοῖς νόμοις πείθεσθαι καὶ κόσμιος εἶναι’ (Lisia 1. 25-26).[21]

Io dunque, giudici, lo stendo a terra colpito, gli giro le braccia dietro la schiena e le lego, poi gli chiedo perché mi oltraggiasse entrando in casa mia. Egli ammetteva di essere in torto, ma mi supplicava e mi scongiurava di non ucciderlo, ma di esigere un risarcimento in denaro. Io allora ho risposto: «Non ti ucciderò io, ma la legge della città, che tu, trasgredendo, hai ritenuto meno importante dei piaceri. E hai preferito commettere questa colpa verso mia moglie e i miei figli piuttosto che obbedire alle leggi ed essere un uomo onesto».

 

Non vi è nel testo alcun riferimento esplicito all’omicidio, al quale si allude elegantemente mediante una perifrasi. Ciononostante, il contributo della narrazione apporta un senso di compiacimento, grazie ad una rappresentazione quasi drammaturgica dei fatti. Oltretutto, in questo frangente, la lente si sposta su Eratostene, svalutando Eufileto al ruolo di mero agente, spoglio di ogni responsabilità pratica. La sua azione è descritta come un’applicazione delle leggi, delle quali lui è solo una leva passiva. La procedura legale è addensata ad un unico momento, in cui il ruolo di Eufileto narratore ed Eufileto attore coincidono. Poche parole sono riportate per suggellare e spiegare l’azione, e sono erte a manifesto indiscutibile di giustizia. L’adulterio è presentato come un oltraggio gravissimo, non solo per la famiglia, ma per la città intera. Infatti, l’omicidio diventa un gesto compiuto per la polis prima ancora che per sé.

 

οὕτως, ἄνδρες, ἐκεῖνος τούτων ἔτυχεν ὧνπερ οἱ νόμοι κελεύουσι τοὺς τὰ τοιαῦτα πράττοντας (Lisia 1. 27).

Così, giudici, costui ricevette la ricompensa che le leggi prescrivono per chi compie tali azioni.

 

Οὕτως accoglie tutta la forza emotiva della descrizione, e diventa elemento nevralgico dell’azione. Il racconto dell’omicidio sancisce un passaggio temporale al presente, in cui vengono addotte prove che confermano la liceità dell’uccisione di Eratostene. La giustificazione dell’omicidio è essa stessa una lezione pubblica di democrazia, articolata nella seconda parte del testo.

L’abbondanza narrativa dell’orazione permette una compartecipazione degli ascoltatori, i quali riescono quasi a vedere quanto stia accadendo nella scena, come se fossero essi stessi presenti. Nel suo trattato su Lisia, Dionigi conferma l’apporto di una conversazione relazionale tra livelli che creano sensazioni quasi tangibili ed immaginativamente udibili e visibili.

 

ἔχει δὲ καὶ τὴν ἐνάργειαν πολλὴν Λυσίου λέξις. αὕτη δ᾽ ἐστὶ δύναμίς τις ὑπὸ τὰς αἰσθήσεις ἄγουσα τὰ λεγόμενα, γίγνεται δ᾽ ἐκ τῆς τῶν παρακολουθούντων λήψεως. δὴ προσέχων τὴν διάνοιαν τοῖς Λυσίου λόγοις οὐχ οὕτως ἔσται σκαιὸς δυσάρεστος βραδὺς τὸν νοῦν, ὃς οὐχ ὑπολήψεται γινόμενα τὰ δηλούμενα ὁρᾶν. καὶ ὥσπερ παροῦσιν οἷς ἂν ῥήτωρ εἰσάγῃ προσώποις ὁμιλεῖν (Dionigi di Alicarnasso, de Lysia, 7).

La vividezza è una qualità che lo stile di Lisia presenta in abbondanza. Questa consiste nella facoltà di trasmettere ai sensi le cose descritte, e nasce dalla comprensione delle cose considerate. Il prestare attenzione ai discorsi di Lisia, non renderà la mente così ottusa, insensibile o lenta da non sentirsi in grado di vedere le azioni descritte, così come di percepire vicini i personaggi che l’oratore presenta.

 

L’oratore non si limita a raccontare i fatti. Egli intende profilare Eufileto e l’avversario come emblemi cui aggrapparsi, anche ricorrendo ad argomenti probabilistici e ad esasperazioni irreali. Tenendo in considerazione che la giuria era composta da soggettività emotive, era indispensabile che la trama scuotesse la coscienza dei più. Lisia manipola gli eventi con sagacia e sfrutta gli stereotipi del matrimonio fallito, di un adultero meschino, di un uomo imbrogliato, e così via. L’insistenza su topoi caratterizzanti consentono alla platea di venire a contatto con una storia quotidiana, prossima al proprio vissuto, in grado di stimolare emozioni grazie all’inatteso e l’irrazionale.[22] L’auditorio assorbe informazioni e sensazioni dalla diegesi, adattando a quanto ascoltato l’esperienza individuale, garanzia di una risposta simpatetica. Una sottile ironia, e il suo legame con il sospetto, coadiuva la resa finale.[23]

Per corroborare la tesi esposta, l’oratore ribadisce anche nella seconda parte dell’orazione che non avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe successo, richiamando gli eventi con rammarico e preoccupazione, e giocando sulla logica dell’irrisolto. Eufileto esplica le leggi che regolano la disciplina, con l’auspicio di illustrare la serietà della questione e rendere i giudici complici e comprensivi della severità della pena su un piano oggettivo ed etico (Lisia 1. 29-36, 47-50). Le considerazioni sul rispetto delle leggi sono funzionali a sensibilizzare la giuria sull’importanza di giudicare secondo criteri normativi e non lasciare impunito un misfatto di tale portata. L’iter dell’ultima notte è posto sotto la lente investigativa, avallato da una serie di ipotesi che sfociano in cortocircuiti mentali (Lisia 1. 37-42). L’anafora della particella condizionale ‘εἰ’ promuove un’incalzante sequenza di supposizioni coerenti con la sua apparente integrità. Tutti i se ipotetici dimostrano una trasparenza d’azione che contrasta ogni ipotesi di intenzionalità. Di fronte a tale smantellamento multidirezionale, alla giuria non rimane che concordare con Eufileto.

Il testo alterna con naturalezza tempi densi e tempi scarni, entrambi equamente distribuiti, con il risultato che la narrativa contribuisce a far addentrare l’ascoltatore nella trama. I salti temporali e la costruzione diegetica sono un esempio validissimo della vividezza dell’enargeia, la quale favorisce un singolare apporto emozionale e cognitivo. Ciò si evince dall’uso del tempo verbale al presente, che segue la successione cronologica e la percezione degli eventi con maggiore prossimità, dal ricorso ad anafore temporali (Lisia 1. 6: ‹‹ἐγὼ γάρ, Ἀθηναῖοι, ἐπειδὴ ἔδοξέ μοι γῆμαι καὶ γυναῖκα, […] ἐπειδὴ δέ μοι παιδίον γίγνεται, […] ἐν μὲν οὖν τῷ πρώτῳ χρόνῳ››, 1. 7: ‹‹ἐπειδὴ δέ μοι μήτηρ ἐτελεύτησε››, 1. 9: ‹‹πρῶτον μὲν οὖν, ἄνδρες, […] ἐπειδὴ δὲ τὸ παιδίον ἐγένετο ἡμῖν››, 1. 10: ‹‹ταῦτα πολὺν χρόνον οὕτως ἐγίγνετο››, 1. 11: ‹‹προϊόντος δὲ τοῦ χρόνου››, 1. 12: ‹‹ δὲ τὸ μὲν πρῶτον››, 1. 14: ‹‹ἐπειδὴ δὲ ἦν πρὸς ἡμέραν››, 1. 15: ‹‹μετὰ δὲ ταῦτα, ἄνδρες, χρόνου μεταξὺ διαγενομένου››, 1. 20: ‹‹πρῶτον μὲν ὡς μετὰ τὴν ἐκφορὰν αὐτῇ προσίοι, ἔπειτα ὡς αὐτὴ τελευτῶσα εἰσαγγείλειε καὶ ὡς ἐκείνη τῷ χρόνῳ πεισθείη››, 1. 22: ‹‹καὶ μετὰ ταῦτα διεγένοντο ἡμέραι τέσσαρες πέντε, […] πρῶτον δὲ διηγήσασθαι βούλομαι τὰ πραχθέντα τῇ τελευταίᾳ ἡμέρα››)[24] e concettuali (la ripetuta fiducia e stoltezza), che creano concitazione e senso regolare di apprendimento, dando l’impressione di un incedere reale nel tempo storico. Contribuiscono a questo fine anche un impiego continuo di aggettivi possessivi, l’uso della terza persona dei pronomi e del riflessivo.[25]

L’analisi dell’orazione di Lisia consente di riconoscere la potenza persuasiva dell’argomentazione su un piano emotivo. Essa è garantita dal bilanciamento di vari elementi, quali la capacità oratoria, la caratterizzazione dei personaggi coinvolti, la combinazione di principi, valori ed usi della comunità ateniese. Lisia combina strategie sintattiche e testuali per indurre la giuria a giustificare Eufileto grazie ad una comprensione che oltrepassa il testo. Il punto di vista di Eufileto fa da traino all’orazione, e le impressioni sugli altri attori sono veicolate dalle sue parole. Difatti, tutti gli altri personaggi rimangono relegati al ruolo di figure strumentali ai fini argomentativi. Gli episodi menzionati sono quelli di maggior convenienza per gli interessi della difesa.

Eufileto dà forma agli eventi, li riveste di una luce nuova, conferisce loro un apporto valutativo ed emozionale arbitrario. I giudici, nella veste particolareggiata di già conoscitori sugli spalti e comunque scopritori nella trasposizione narrativa, non possono far altro che farsi travolgere dalle sensazioni generate. Lisia, abile logografo, riesce a manipolare fatti e persone interne alla trama, attraendo ed orientando, così, le simpatie e le antipatie dei giudici.

 


[1] Le sezioni narrative nelle orazioni forensi forniscono ampio spazio ad elementi di rilievo atti a profilare la polis, delineare le coordinate vigenti tra normativa e letteratura, tra leggi e attuazioni, tra sfera pubblica e privata. Importanti studi sulla narrativa forense sono stati effettuati da K. L. Scheppele, Stories Telling, «Michigan Law Review», 87, 8, 1989, pp. 2073-2098; P. Brooks, Narrativity of the Law, «Law and Literature», Taylor & Francis Online, 14, 2002, pp. 1-10; P. Brooks, Narrative in and of the Law, in J. Phelan, P- J. Rabinowitz (eds.), A Companion to Narrative Theory, Oxford, Blackwell Publishing Ltd, 2005, pp. 415-426. A questi si aggiungano i contributi di M. Gagarin, Telling stories in Athenian Law, «Transactions of the American Philological Association», 133, 2, 2003, pp. 197-207; A. Lanni, Relevance in Athenian Courts, in M. Gagarin, D. Cohen (eds.), The Cambridge Companion to Ancient Greek Law, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, pp. 112-128; A. Lanni, Law and Justice in the Courts of Classical Athens, Cambridge, Cambridge University Press, 2006; M. Edwards, D. Spatharas, Forensic Narratives in Athenian Courts, London-New York, Routledge, 2019, in materia d’impiego della tecnica narrativa nel mondo greco antico.

[2] G. Colombetti, What language does to feelings, «JCS», 16, 2009, pp. 4-26, rileva alcuni aspetti utili per l’individuazione del rapporto tra linguaggio e affettività, tra i quali il resoconto – inteso come descrizione complessiva –, il chiarimento e gli elementi costitutivi, il potenziamento, l’effetto looping, l’abbreviazione, la semplificazione e l’adombramento verbale. Ciascuno di essi mostra le modalità in cui una descrizione, da una concezione prestabilita, possa generare un significato più ampio.

[3] Una raccolta recente di studi ad opera di S. Papaioannou, A. Serafim, B. De Vela, The Theatre of Justice, Leiden, Boston, Brill, 2017, esplora la natura artistica dell’oratoria, comparando alcuni aspetti delle orazioni a performances teatrali e riconoscendo la mutua interazione tra retorica e drammaturgia. Si vedano anche gli studi di R. Garner, Law & Society in Classical Athens, London & Sydney, Croom Helm, 1987; J. Ober, B. Strauss, Drama, political rhetoric, and the discourse of Athenian democracy, in J. J. Winkler, F. I. Zeitlin (eds.), Nothing to do with Dionysos? Athenian Drama in its Social Context, Princeton, Princeton University Press, 1990, pp. 237-270; E. Hall, The Theatrical Cast of Athens. Interactions between Ancient Greek Drama and Society, Oxford, Oxford University Press, 2006, pp. 353-392.

[4] Ogni emozione è soggetta ad un cambiamento ricettivo nella fase di espressione dal mittente all’interlocutore. Un interessante spunto di riflessione è offerto da W. M. Reddy, The Navigation of Feeling: A Framework for the History of Emotions, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, pp. 88-111.

[5] Principio base di questa teoria è il riconoscimento del rapporto reciproco tra legge e narrativa. Si consultino, tra i molti, gli studi di A. G. Amsterdam, S. J. Bruner (eds.), Minding the Law: How Courts Rely on Storytelling and How Their Stories Change the Ways We Understand the Law – and Ourselves, Cambridge, Harvard University Press, 2001 e gli studi D. Spatharas, Emotions, persuasion and public discourse in classical Athens, Berlin – Boston, de Gruyter, 2019, i quali sostengono rispettivamente che la legge viva nella narrativa per ragioni ‘banali e profonde’ («law lives on narrative for reasons both banal and deep», p. 110) e che tutte le questioni legali ‘vivano’ nelle storieall legal disputes live on stories», p. 84).

[6] Per un’idea esaustiva su argomentazioni e ragioni a favore o contro l’autenticità del testo, si consultino gli sutdi effettuati da J. Porter, Adultery by the Book: Lysias 1 (On the Murder of Eratosthenes) and Comic Diēgēsis, in E. Carawan (ed.), Oxford Readings in the Attic Orators, Oxford, Oxford University Press, 2007, pp. 60–88 (già in «Echos du monde classique», 16, 1997, pp. 421-453), in particolare da p. 72 a seguire; S. M. Kurland, Changing minds: Development, Discontinuity, and the Hallmarks of Lysianic Persuasion in Lysias 1, 3, 7 and 10, Cornell, eCommons, 2014, pp. 33-36; P. O’Connell, The Rhetoric of Seeing in Attic Forensic Oratory. Austin, TX, University of Texas Press, 2017, p. 17.

[7] Naturalmente l’antitesi dei personaggi sul piano semantico ha valore se si ammette che questa orazione non è autentica. In caso contrario, se l’orazione è stata composta per un vero caso giudiziario, l’opposizione altro non è che una semplice coincidenza.

[8] Il processo si sarà svolto dinanzi al tribunale del Delfinio, che aveva competenza sul cosiddetto phonos dikaios, cioè l’omicidio giustificato. Si vedano Aristotele, Costituzione degli Ateniesi, 57. 3; Demostene, 23. 74; W. T. Loomis, The Nature of Premeditation in Athenian Homicide Law, «JHS», 92, Jan. 1, 1972, pp. 86-95.

[9] Al di là di quanto riportato nelle leggi menzionate (Lisia 1. 29-31; cfr. Demostene 23. 53), Eufileto avrebbe potuto trovare strade alternative all’omicidio, quali per esempio un giudizio in tribunale, l’imposizione di una multa, ecc. Eppure l’oratore evita di menzionare di tali eventualità, per contenere le spiegazioni sulla sua scelta. A tal riguardo, si consultino gli studi di A. Wolpert, Lysias 1 and the Politics of the Oikos, «CJ», 4, 2001, pp. 415-424; C. Carey, Lysias. Selected Speeches, Cambridge, Cambridge University Press, 1989, pp. 60-61; E. M. Harris, Did the Athenians Regard Seduction as a Worse Crime than Rape?,  «CQ», 40, 2, 1990, pp. 370-377; K. A. Kapparis, Humiliating the adulter, «Revue Internationale de droits de l’antiquité», 43, 1996, pp. 63-77; E. Carawan, Rhetoric and the Law of Draco, Oxford, Clarendon Press Oxford, 1998, pp. 286-292. Sulla questione dell’adulterio e le leggi che ne regolavano la pena, si vedano U. E. Paoli, Il reato di adulterio [moicheia] in diritto attico, «Studia et documenta historiae et iuris», XIV, 1950, pp. 123-182; S. C. Todd, A Commentary on Lysias, Speeches 1-11, Oxford University Press, 2008, pp. 46-49, 125-130; C. Carey, Lysias. Selected Speeches, cit., pp. 77-79.

[10] Certamente, la linea d’accusa avrà insistito sulla volontarietà dell’aggressione, presumendo un accordo strategico tra Eufileto, la schiava e la moglie, presunti cospiratori a discapito di Eratostene, vittima indifesa. Si veda S. C. Todd, A Commentary on Lysias, Speeches 1-11, cit., pp. 49-50 sulle ragioni della controparte.

[11] Si veda A. C. Scafuro, The Forensic Stage. Settling disputes in Graeco-Roman New Comedy, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 50-55.

[12] Il riconoscimento di una doppia prospettiva e la sua applicazione è estremamente utile ai fini della struttura della trama e dell’organizzazione delle idee. Una distinzione di tal genere è già presente in uno studio di V. Wohl, Temporal irony in Athenian forensic narrative: Lysias 1 On The Murder of Eratosthenes, in M. Edwards, D. Spatharas (eds.), Forensic Narratives in Athenian Courts, cit., pp. 171-185.  Nella sua introduzione, Wohl sostiene che «narrative temporality is always double: stories unfold at once prospectively, from beginning to end, and retrospectively, from end to beginning». Cfr. Aristotele, Poetica, 7. 1450b23-27, in riferimento alla struttura della tragedia. Si consulti anche J. R. Porter, Adultery by the Book: Lysias 1 (On the Murder of Eratosthenes) and Comic Diegesis, cit., il quale a p. 61 evidenzia che «the artful shifts in perspective between the speaker’s naïve befuddlement at the time of the affair and his cynical and hard-won knowledge post-eventum».

[13] Per uno studio analogo si consulti R. Webb, As if you were there: Enargeia and spatiality in Lysias 1, in M. Edwards, D. Spatharas (eds.), Forensic Narratives in Athenian Courts, cit., pp. 157-170.

[14] S. M. Kurland, Changing minds: Development, Discontinuity, and the Hallmarks of Lysianic Persuasion in Lysias 1, 3, 7 and 10, cit. La definizione compare per la prima volta nel testo a p. 40.

[15] Eratostene viene chiamato con il proprio nome nell’introduzione (Lisia 1. 4), quando cioè Eufileto copre il ruolo di narratore, e poi tre volte durante la narrazione (1. 16, 19, 23), con rispetto dei tempi della storia, e altre due durante la seconda parte dell’orazione (1. 40, 43).

[16] Lisia ci fornisce una fonte quasi esclusiva sulle abitazioni Ateniesi. Per uno studio dettagliato sulla distinzione dei piani abitativi, si vedano G. Morgan, Euphiletos’ house, Lysias I, «TAPhA», 112, 1982, pp. 115-123; P. Bourdieu, The Logic of Practice, Stanford, CA, Stanford University Press, 1990, pp. 271-283; S. C. Todd, A Commentary on Lysias, Speeches 1-11, cit., p. 54-55.

[17] Quintiliano, Institutio Oratoria, 6. 2. 32, 8. 3. 62-71, esamina l’importanza della raffigurazione quasi visiva degli eventi grazie alla potenza della parola e dell’enargeia, che consente all’uditorio di percepire gli stessi come prossimi a sé e non distanti. Si consulti anche D. Spatharas, Emotions, Persuasion, and Public Discourse in Classical Athens, cit., pp. 3-8, 80-122 sul ruolo delle «visual representations» come interfaccia narrativa avente carattere persuasivo nell’oratoria.

[18] Proprio per la sua ridondante ingenuità, Eufileto è stato accostato ai personaggi dei racconti popolari e comici, cfr. Apuleio, Le Metamorfosi 9. 16-25; Boccaccio, Decameron, giorno 7, novella 2-8; Simonide, fr. 7. 110-111; Aristofane, Tesmoforiazuse, 478 sg.; Caucher, Miller’s tale, ecc. Utili, a tal proposito, sono i contributi di C. Carey, Lysias. Selected Speeches. cit., pp. 60-64 (inoltre, a p. 63 Carey mette in luce che «Euphiletos seems a little too innocent to be true», ponendo l’accento sull’esasperazione della descrizione del suo carattere), e J. Porter, Adultery by the Book: Lysias 1 (On the Murder of Eratosthenes) and Comic Diēgēsis, cit., in particolare le pp. 60-72; E. Colla, Tipi da commedia? Personaggi e trame nel Corpus Lysiacum, «A Journal of the History of Rhetoric», 2015, 33, 2, pp. 109-133, in particolare le pp. 115-120.

[19] S. Usher, Individual Characterisation in Lysias, «Eranos», 63, 1965, pp. 99-119, in particolare p. 102.

[20] In Lisia 1. 38 l’oratore dichiara che Eratostene si era già introdotto a casa sua precedentemente e il misfatto era già stato consumato, quindi, comunque lo avesse sorpreso, sarebbe stato legittimato a vendicarsi. Ne consegue che l’attesa di scoprirlo in flagrante altro non sia se non un eccesso di zelo.

[21] Solo in questo paragrafo, e nello scambio di battute con la serva, si ricorre ad una forma dialogica. La scelta è chiaramente meditata. Lisia condensa l’attenzione su figure terze solo laddove estremamente necessario, isolando nella restante parte se stesso come l’unica voce cui dare ascolto.

[22] Sulle caratterizzazioni dei personaggi, si veda lo studio di S. Usher, Individual Characterisation in Lysias, cit., pp. 99-119.

[23] Quintiliano, Institutio Oratoria, 9. 3. 44-46 descrive l’eirōneía come la capacità di far intendere qualcosa di diverso da ciò che è detto. Essa è una sensazione para-uditiva, quasi fisica, che genera un coinvolgimento pervasivo. Tale dissimulazione serve ad enfatizzare un concetto e ad accompagnare la giuria ad un apprendimento graduale, cfr. Aristotele, Etica Nicomachea 2. 7. 12; 4. 7. 2-6. Per una interpretazione dell’impronta comica della narrativa dell’orazione e la creazione dei personaggi sulla base di uno scenario stereotipico, si vedano J. R. Porter, Adultery by the Book: Lysias 1 (On the Murder of Eratosthenes) and Comic Diegesis, cit.; V. Wohl, Temporal irony in Athenian forensic narrative: Lysias 1 On The Murder of Eratosthenes, in M. Edwards, D. Spatharas (eds.), Forensic Narratives in Athenian Courts, cit.

[24] Lisia 1. 6: «Ebbene, Ateniesi, quando decisi di sposarmi e portai a casa una donna […] dopo che nacque il bambino, [...] nei primi tempi dunque»; 1. 7: «dopo che morì mia madre»; 1. 9: «ma innanzitutto, o giudici, […] quando ci nacque il bambino»; 1. 10: «le cose andarono così per molto tempo»; 1. 11: «passato un po’ di tempo»; 1. 12: «lei però in un primo momento»; 1. 14: «sul far del giorno»; 1. 15: «dopo questi fatti, o giudici, quando era già trascorso un po’ di tempo»; 1. 20: «in primo luogo, come Eratostene si fosse avvicinato a lei dopo il funerale, poi come lei stessa avesse accettato di riportare il messaggio (=a mia moglie) e come quest’ultima nel tempo si fosse fatta convincere»; 1. 22: «dopo questi avvenimenti trascorsero quattro o cinque giorni, […] per prima cosa desidero raccontarvi gli avvenimenti di quell’ultimo giorno».

[25] Si confrontino gli studi di V. Wohl, Temporal irony in Athenian forensic narrative: Lysias 1 On The Murder of Eratosthenes, in M. Edwards, D. Spatharas (eds.), Forensic Narratives in Athenian Courts, cit. , p. 172: «These temporal markers give the impression of moving through time in time, keeping step with time as it advances», e di M. Campbell, A Greek Prose Reading Course for Post-Beginners. Unit 1. Forensic Oratory. Lysias: On the Murder of Eratosthenes, Bristol Classical Press, 1997, pp. 12-14.

 


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