Per una Sentiment Analysis eretica. Un esperimento digitale su L’eresia catara di Luigi Pirandello

di Christian D'Agata

 
 
 
1. Sentiment Analysis e Letteratura. Un’introduzione
 
La Sentiment Analysis nella sua definizione più generale è «the field of study that analyzes people’s opinions, sentiments, appraisals, attitudes, and emotions toward entities and their attributes expressed in written text»[1] e rientra tra le applicazioni della linguistica computazionale e del Natural Language Processing. Sin da questa prima formulazione risulta evidente come Sentiment Analysis sia un termine ‘ombrello’ che riunisce metodologie e approcci profondamente diversi come l’estrazione automatica di opinioni (opinion mining) o l’analisi delle emozioni (emotion analysis). La parola Sentiment viene infatti utilizzata indifferentemente sia per le opinioni che per le emozioni, nonostante le prime si caratterizzino per la razionalità del giudizio espresso su un determinato oggetto e le seconde siano invece un processo psicologico-fisiologico prodotto da un evento-stimolo.[2] A tal proposito, Liu sottolinea come per il dizionario Merriam-Webster: «sentiment is defined as an attitude, thought, or judgment prompted by feeling, whereas opinion is defined as a view, judgment, or appraisal formed in the mind about a particular matter».[3] Ciò di cui si occupa la Sentiment Analysis è ugualmente eterogeneo, si va dai discorsi politici, alle opinioni dei consumatori, dai social network agli articoli giornalistici. Negli ultimi anni si sta assistendo, inoltre, allo sviluppo di alcune ricerche che intendono coniugare Sentiment Analysis e critica letteraria, provocando un’interessante commistione tra informatica ed estetica, dal momento che non si tratta più di estrarre semplici tendenze superficiali, ma di restituire la dimensione profonda di un testo. Kim e Klinger, in una fondamentale inchiesta sulla Sentiment Analysis applicata agli studi letterari, A Survey on Sentiment and Emotion Analysis for Computational Literary Studies,[4] sostengono la possibilità di raggruppare la maggior parte delle applicazione letterarie della Sentiment Analysis in tre grandi famiglie: gli studi che si occupano di classificare le opere in base al sentiment, quelli che cercano di mappare le emozioni e quelli che si propongono di analizzare i sentimenti dei personaggi. Nella prima tipologia rientrano tutte quelle applicazioni che, in base all’emozione prevalente (considerando di solito soltanto emozioni semplici come gioia, paura, rabbia e tristezza), classificano e spesso riconducono a un determinato genere letterario le opere di finzione. Il secondo raggruppamento, la cosiddetta topografia delle emozioni, intende invece associare un’emozione a ogni luogo citato nel testo, permettendo così la creazione di vere e proprie mappe delle emozioni. All’interno di tale tipologia rientrano anche quei progetti che tentano di mappare un sentiment lungo un periodo storico o in base alla classe sociale di appartenenza degli autori. A differenza delle precedenti applicazioni che interpretano il testo come un documento da classificare o da descrivere, gli studi del terzo e ultimo gruppo tendono invece ad analizzare l’opera in profondità cercando di comprendere le emozioni associate ai personaggi, descrivendo anche i rapporti di forza e più in generale le loro relazioni.
Dal punto di vista computazionale la maggior parte[5] degli studi presi in esame prevede una metodologia rule-based con dizionario: gli algoritmi associano a una porzione testuale una determinata emozione in base alla maggiore o minore frequenza di un set di parole caratteristiche che il dizionario individua preliminarmente per ogni emozione. Secondo Kim e Klinger ciò però comporterebbe un problema fondamentale, in quanto rivelerebbe un approccio sostanzialmente lessicale sotteso alla Sentiment Analysis, che si baserebbe essenzialmente sulla frequenza delle parole caratteristiche:
 
No doubt, a dictionary and count-based approach will be helpful in understanding the distribution of the emotion lexicon throughout the story. But is it enough for interpretation? Can hermeneutics, in its traditional form, make use of such knowledge? […] In other words, what kind of interpretation should we expect from the sentiment and emotion analysis research in the DH community?[6]
 
Emerge così una questione spesso fin troppo trascurata, ovvero la possibilità di produrre un’ermeneutica autentica a partire dalla Sentiment Analysis. Bisogna dunque interrogarsi criticamente sullo statuto della conoscenza che essa offre agli studiosi di Digital Humanities.
 
 
2. Pirandello e le emozioni: l’esperimento di Rebora
 
Un esperimento che si propone di riflettere sull’aspetto ermeneutico della questione, da un punto di vista prettamente computazionale, è quello di Simone Rebora che in Shared emotions in Reading Pirandello[7] riconsidera l’efficacia della Sentiment Analysis negli studi letterari. L’esperimento coinvolge due corsi universitari e consiste nel marcare manualmente ogni paragrafo con un valore numerico positivo (da +1 a +5), neutro (0) o negativo (da -1 a -5), associando facoltativamente a ogni valore un commento. Il primo risultato ottenuto da Rebora è stato quello di verificare come l’Inter-annotator agreement (Krippendorff’s Alpha), un indice che misura l’accordo tra le diverse annotazioni, si sia attestato su un valore sostanzialmente basso (0.19) sconsigliando l’uso della Sentiment Analysis per i testi letterari, come già Sprugnoli aveva verificato per i testi di argomento storico.[8] Se si portasse alle estreme conseguenze questo risultato bisognerebbe ripensare da capo l’interpretazione proposta dalla Sentiment Analysis. Infatti, se diversi annotatori valutano in maniera fortemente discordante uno stesso testo, un qualunque algoritmo che cercasse di emulare il giudizio umano non farebbe altro che attuare una scelta arbitraria come le altre, a meno che non si pensi che l’elaboratore nella sua illusoria neutrale oggettività[9] possa produrre un giudizio maggiormente preciso e accurato. 
In ogni caso, Rebora ha poi analizzato in maniera separata i commenti degli studenti e la novella attraverso la funzione word count del pacchetto Syuzhet con i dizionari italiani di riferimento Sentix e OpeNER. Ha così potuto confrontare la media dei valori ottenuta dalle annotazioni degli studenti coi valori degli algoritmi della Sentiment Analysis scoprendo come ««analyses of comments show much higher correlations than analyses of the commented text. This may be considered as a confirmation of the fact that SA [Sentiment Analysis] is much more effective when studying reader response, than when analyzing narrative structure».[10]
L’esperimento di Rebora mostra allora come la Sentiment Analysis sia più efficace nell’interpretare la risposta emotiva degli studenti piuttosto che nel ‘leggere’ le emozioni presenti nel testo, e ciò è facilmente comprensibile in quanto gli studenti tendono a commentare il testo con un lessico semplice e descrittivo (facilmente riconoscibile dagli algoritmi della Sentiment Analysis), mentre i testi letterari si fondano sull’ambiguità semantica e sullo scarto stilistico dell’autore rispetto alla norma.
Se grande merito di Rebora è stato quello di utilizzare strumenti computazionali per confutare l’efficacia della Sentiment Analysis in letteratura, ci sembra che il suo esperimento debba essere integrato attraverso un’ermeneutica dell’annotazione con l’obiettivo di analizzare al meglio lo scarto esistente tra le diverse interpretazioni degli studenti che già emerge dall’esiguo valore dell’Inter-annotator agreement.
 
 
3. L’Eresia catara, ovvero «come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare l’interpretazione».
 
Per configurare il setting del nostro esperimento si è scelto di prendere come spunto quello di Rebora e adattarlo ai diversi scopi del presente lavoro: per questo motivo l’annotazione proposta non si è limitata a valori numerici positivi o negativi, né si è limitata a scegliere come unità minima di analisi il paragrafo. Se infatti in Rebora vi era la necessità di trovare uno schema abbastanza rigido così da rendere possibile l’analisi computazionale, il nostro esperimento si è caratterizzato per una maggiore libertà offerta agli studenti, rimandando poi all’analisi successiva il compito di soppesare i dati. Bisogna osservare poi che l’esperimento si è verificato in una particolare situazione comunicativa ovvero durante un ciclo di lezioni erogate a distanza (DAD). Ciò ha comportato che, per massimizzare l’effetto emotivo determinato dall’applicazione ermeneutica,[11] la scelta più logica sia ricaduta sulla novella L’eresia catara di Luigi Pirandello. La novella, infatti, apparsa per la prima volta nella rivista La Riviera ligure nel febbraio 1905, poi in Erma bifronte nel 1906 e confluita infine nella sezione La mosca (1923) di Novelle per un anno,[12] racconta la vicenda di Bernardino Lamis, professore di storia delle religioni che prepara e poi svolge una «formidabile lezione» sull’eresia catara senza accorgersi di star parlando a una platea di soprabiti. La Didattica a distanza, infatti, laddove non presupponga un uso adeguato dei mezzi tecnologici, muta sostanzialmente la relazione tra docente e studente, con il primo che non può instaurare un contatto visivo e l’altro che non ha la possibilità di restituire un feedback immediato: i corpi mancano e si rischia che a rimanere siano soltanto i soprabiti. La novella, dunque, presenta in sé tutti quei tratti del sentimento del contrario[13] (nell’evento-lezione del professor Lamis) facilmente attualizzabili dallo studente nel contesto potenzialmente straniante della lezione a distanza.
Nello specifico, l’esperimento ha coinvolto una classe di diciotto studenti del corso di Lessicografia della Laurea Magistrale in Scienze del testo per le professioni digitali dell’Università degli Studi di Catania. Il gruppo sperimentale si è caratterizzato sia per una notevole competenza raggiunta nel campo della codifica dei testi che per la provenienza da corsi di laurea diversi (Lettere, Scienze e lingue per la comunicazione, Scienze politiche), ciò ha permesso di proporre un esperimento di codifica e allo stesso tempo, per la natura interdisciplinare del corso di laurea, ha reso possibile la formazione di un gruppo con competenze letterarie abbastanza eterogenee. Dal punto di vista tecnico, ogni studente, come compito da fare liberamente a casa senza alcuna previa introduzione alla novella, ha prodotto una codifica dividendo liberamente il testo in sequenze, segnalando inoltre parole o locuzioni capaci di evocare una determinata emozione. Si cita qui di seguito la consegna seguita dagli studenti per sviluppare la propria analisi:
 
Analizzate la novella pirandelliana dividendo il testo in sequenze (tag ) indicando per ogni sequenza l’argomento (come valore dell’attributo type), commentando poi la scelta (con l’attributo ana [analysis]). Una volta conclusa la divisione in sequenze, scegliete alcune parole chiave (o locuzioni) che per voi sono significative nell’interpretazione della novella attraverso il tag e gli attributi type e ana. L’analisi delle sequenze e delle parole chiave potrà essere frutto di una interpretazione focalizzata su temi, strutture narrative, personaggi, emozioni, etc. In particolare, tra i vari distinct cercate di individuare quelle parole chiave o locuzioni che producono in voi una determinata emozione attraverso l’attributo type=“sentiment” indicando con n= “tipo_emozione” il sentiment individuato.
 
Nello specifico la codifica in XML-TEI è stata sviluppata utilizzando il seguente schema:
 
- Seg per la suddivisione in sequenze del testo con un attributo type per indicare il tipo di sequenza;
- Distinct per parole-chiave o locuzioni connotate sotto qualche aspetto;
- Sentiment come valore dell’attributo type del tag Distinct per quelle locuzioni che veicolano una determinata emozione;
- N come attributo di Distinct per indicare il tipo di emozione o Sentiment;  
- Ana come attributo dei tag Seg o Distinct per permettere al codificatore di commentare la propria scelta.
 
La combinazione di questi tag è servita a esplicitare una determinata interpretazione da parte degli studenti-marcatori. A scopo esemplificativo agli studenti è stato fornito il seguente passo codificato:
 
<seg type=“Introduzione” ana=“Questa sequenza introduce l’ambientazione”> Era una <distinct type=sentimentn=inquietudineana=“Percepisco un senso di inquietudine che emerge dal testo attraverso il tempo atmosferico”>notte buia e tempestosa</distinct> quando l’uomo si svegliò</seg>[14]
 
La codifica del testo permette non soltanto un’esplicitazione dei criteri interpretativi, ma serve soprattutto a spingere lo studente-marcatore a fare una riflessione profonda sulle parole dell’opera. Egli si trova nudo di fronte al testo e, nel momento dell’annotazione, è portato a chiedersi quali emozioni stia provando. Inoltre, dal punto di vista computazionale, il corpus dei testi codificati in XML può essere inserito nel Database BaseX che, attraverso il linguaggio XQuery, permette di processare i dati in maniera immediata restituendo la frequenza dei tag usati. In questo modo si è riusciti a ottenere una prima rappresentazione delle scelte operate dagli studenti da un punto di vista meramente quantitativo. Nello specifico, i dati sulle sequenze (fig. 1)[15]  mostrano come vi sia un sostanziale disaccordo tra gli studenti dal momento che si va da un minimo di 7 sequenze a un massimo di 20. Già questo basterebbe a dimostrare la variabilità dell’interpretazione da parte dei lettori quando la sequenza minima non è quella neutra del paragrafo. Ma il disaccordo è ancora più evidente leggendo i dati sui sentiment (fig. 2) che oscillano da un minimo di 0 a un massimo di 76. Pur omettendo i due casi limite, la variabilità rimane comunque alta con uno spettro che va da 1 ai 28 sentiment individuati con una media che si attesta sui 15 sentiment per testo. Andando più in profondità, estraendo dalla codifica le tipologie dei tag, si può vedere come una buona parte delle sequenze individuate (tabella 1) sia quella tipica della narratologia (sequenza descrittiva, narrativa, riflessiva, narrazione, descrizione) oppure abbia come riferimento i personaggi (protagonista, Lamis, professore) o un particolare evento (lezione, evento, flashback). Invece, le emozioni individuate dai vari sentiment (tabella 2) mostrano come vi sia una certa propensione per lo spettro negativo (Tristezza, Rabbia, Paura, Ansia, Amarezza, Inquietudine, Angoscia) rispetto a quello positivo (Gioia, Tenerezza, Amore, Felicità, Fierezza) con una particolare predilezione per un’emozione complessa come la compassione, a cui si uniscono le sette occorrenze di «empatia». Risulta così di notevole interesse il fatto che l’emozione preferita dagli studenti sia proprio quella della compassione/empatia che rappresenta in nuce l’umorismo come «sentimento del contrario».
 
 
Tabella 1. Occorrenze Sequenze                  Tabella 2. Occorrenze Sentiment
Tag
Occorrenze
 
Tag
Occorrenze
Descrittiva
32
 
Compassione
34
Narrativa
28
 
Tristezza
24
Descrizione
22
 
Rabbia
20
Introduzione
15
 
Gioia
18
Riflessiva
14
 
Paura
14
Lezione
11
 
Tenerezza
11
Narrazione
9
 
Ansia
10
Protagonista
8
 
Sorpresa
8
Lamis
8
 
Amarezza
8
Personaggi
8
 
Empatia
7
Professore
7
 
Inquietudine
7
Presentazione
5
 
Amore
6
Evento
5
 
Angoscia
4
Conclusione
5
 
Felicità
4
Flashback
5
 
Fierezza
4
 
 
4. «La formidabile lezione del professor Bernardino Lamis» tra close reading e reader-response criticism
 
Una prima ricognizione dei dati estratti dalla codifica ci ha permesso di verificare in maniera empirica come l’accordo tra i vari annotatori sia sostanzialmente basso, sia nel numero di sequenze individuate sia nel numero di sentiment. Per approfondire la questione bisogna tornare alla codifica del testo praticando una lettura ravvicinata delle interpretazioni degli studenti. Le varie sequenze, pur nella loro variabilità, sembrano convergere tutte nella sequenza finale dove si raggiunge il climax della vicenda: il professor Lamis, infervorato, decanta a voce alta la sua lezione senza accorgersi che il suo uditorio non è fatto di persone in carne ed ossa:
 
Una ventina di soprabiti impermeabili, stesi qua e là a sgocciolare nella buja aula deserta, formavano quel giorno tutto l’uditorio del professor Bernardino Lamis.
Il Ciotta li guardò, sbigottito, sentì gelarsi il sangue, vedendo il professore leggere così infervorato a quei soprabiti la sua lezione, e si ritrasse quasi con paura.
Intanto, terminata l’ora, dall’aula vicina usciva rumorosamente una frotta di studenti di legge, ch’erano forse i proprietarii di quei soprabiti.
Subito il Ciotta, che non poteva ancora riprender fiato dall’emozione, stese le braccia e si piantò davanti all’uscio per impedire il passo.
–  Per carità, non entrate! C’è dentro il professor Lamis.
–  E che fa? – domandarono quelli, meravigliati dell’aria stravolta del Ciotta. Questi si pose un dito su la bocca, poi disse piano, con gli occhi sbarrati:
–  Parla solo!
Scoppiò una clamorosa irrefrenabile risata.
Il Ciotta chiuse lesto lesto l’uscio dell’aula, scongiurando di nuovo:
– Zitti per carità, zitti! Non gli date questa mortificazione, povero vecchio! Sta parlando dell’eresia catara!
Ma gli studenti, promettendo di far silenzio, vollero che l’uscio fosse riaperto, pian piano, per godersi dalla soglia lo spettacolo di quei loro poveri soprabiti che ascoltavano immobili, sgocciolanti neri nell’ombra, la formidabile lezione del professor Bernardino Lamis.[16]
 
Questa sequenza si distingue per l’agnizione posta a conclusione della novella che rappresenta uno stimolo emotivo sia per uno dei personaggi protagonisti, il Ciotta, sia per il lettore. Inoltre, tutta la sequenza è giocata sulla contrapposizione dialettica tra il Ciotta e i proprietari dei soprabiti in modo da coinvolgere con maggiore intensità il lettore. L’estrema significatività della scena, riconosciuta dalla maggior parte degli studenti-marcatori, ci ha portato a sceglierla come la principale sequenza da confrontare per riflettere sul conflitto delle interpretazioni.
Il primo capoverso («Una ventina di soprabiti impermeabili, stesi qua e là a sgocciolare nella buja aula deserta, formavano quel giorno tutto l’uditorio del professor Bernardino Lamis») è stato codificato da sei studenti con le seguenti emozioni: «inquietudine», «disorientamento», «umorismo», «incredulità», «amarezza», «sorpresa». Se quattro di esse si riferiscono al senso di sorpresa e disorientamento che il lettore avverte nel momento della scoperta della vera natura dell’uditorio, è interessante notare come in due casi emerga il sentimento dell’amarezza per il destino del professor Lamis attraverso anche l’identificazione di quel sentimento del contrario che è proprio dell’umorismo. In altri quattro casi è invece la reazione emotiva del CiottaIl Ciotta li guardò, sbigottito, sentì gelarsi il sangue») a essere segnalata attraverso le emozioni di «turbamento», «shock», «disagio» e «sorpresa».
Proseguendo nel racconto, si segnala che le varie interpretazioni convergono soprattutto nel momento del conflitto tra il Ciotta e gli studenti che cercano di entrare in aula. Ciotta, infatti, supplica i colleghi di fermarsi, di non dare questa ulteriore mortificazione al «povero vecchio» e gli annotatori hanno interpretato la scena con le seguenti emozioni: «pena», «empatia», «compassione e rabbia», «amarezza» e ancor una volta «compassione». In particolare, la coppia aggettivo-sostantivo «povero vecchio» è stata segnalata nella maggior parte dei casi come quella più rilevante, come se tutta la compassione, la rabbia, l’amarezza provate dal Ciotta – e con lui dal lettore – siano condensate in quell’unica formula, mostrando in questo modo come spesso le emozioni siano originate dal testo non soltanto dalla frequenza di occorrenze di determinate parole semanticamente orientate, ma anche da apax che si stagliano per la loro forza espressiva in particolari momenti del racconto.
Infine, la terza e ultima sequenza analizzata mostra tutta l’ambiguità del testo letterario, il quale non solo può disorientare un elaboratore capace di soffermarsi soltanto sulla superficie lessicale, ma anche alcuni lettori e interpreti. La scena è la seguente: alla domanda su cosa il professore stia facendo il Ciotta risponde con una certa dose di disperazione dicendo che il professore «parla da solo!» provocando così nei suoi interlocutori lo scoppio di una «clamorosa irrefrenabile risata». In questo caso gli annotatori hanno descritto la scena in due modi opposti: c’è chi si è soffermato sull’emozione provata dagli studenti che ridono («ilarità», «divertimento») descrivendo sostanzialmente ciò che accade in scena come avrebbe fatto un software capace di rilevare semplicemente l’uso del lemma «risata»; e chi, invece, focalizzandosi sull’emozione provata dal Ciotta – e dal lettore – sente «umiliazione» e «indignazione». Interessante notare come, anche in questo caso, da un annotatore venga individuato il sentiment «umorismo», che non si configura come unemozione classica, ma una modalità narrativa atta a provocare un’emozione complessa come quella del riso amaro, «quella tal perplessità tra il pianto e il riso»[17]  che ricorda il motto di Giordano Bruno «in tristitia hilaris, in hilaritate tristis».[18] Riassumendo, se i primi si sono soffermati su quell’avvertimento del contrario evidente nella risata degli studenti, i secondi, facendo emergere il sentimento del contrario, sono andati oltre, individuando l’umiliazione e l’indignazione per ciò che accade. Quest’ultimo esempio evidenzia la complessità delle emozioni presenti nell’atto della lettura e ci porta a fare alcune considerazioni finali.
Le emozioni individuate dal campione degli studenti-annotatori sono state di volta in volta sia le emozioni attribuite ai personaggi che quelle esperite dal lettore. Sebbene possano in molti casi corrispondere, l’esempio della «clamorosa irrefrenabile risata» mostra come la ricchezza del testo stia proprio nella possibilità che possano divergere richiedendo al lettore uno sforzo interpretativo. Da un punto di vista più propriamente teorico ciò che gli studenti-annotatori hanno individuato sono le emozioni finzionali[19] che «riguardano lo storyworld e, più specificatamente, la comprensione degli stati dei personaggi e l’identificazione con essi, uno stato coincidente con le emozioni empatiche e di simpatia verso un personaggio».[20] Emozioni finzionali che, come ricordano Calabrese e Fioroni, nel lettore possono anche «verificar[si] in assenza dell’emozione del personaggio; ad esempio chi legge può provare suspense quando viene menzionato un evento minaccioso per il protagonista mentre esso non è ancora consapevole del pericolo che incombe su di lui».[21]
La varietà delle emozioni, invece, è stata determinata dall’estrema libertà che è stata concessa agli annotatori; vi sarebbe stato sicuramente un maggiore accordo se si fosse deciso di utilizzare una tassonomia di emozioni ben definita, come la classificazione di Paul Ekman[22] o la Ruota delle emozioni di Plutchik.[23] Ma la libertà accordata al lettore è quella che viviamo nell’esperienza quotidiana di fronte al testo e il tentativo da parte degli studenti di formalizzare liberamente le proprie emozioni ha messo in luce l’ampiezza e la complessità dello spettro emotivo evocato dalla lettura. L’esperimento avrebbe potuto certamente forzare il lettore su determinate emozioni fondamentali o addirittura – come spesso accade nella Sentiment Analysis – nella scelta dicotomica tra emozione positiva e negativa, ma questo avrebbe certamente significato impoverire profondamente l’atto stesso della lettura.
 
 
5. Non c’è un testo in questa classe (digitale)
 
Ciò che sembra emergere da questo esperimento è che prima di riflettere sugli algoritmi o sulle metodologie computazionali da applicare, il ruolo dell’umanista digitale dovrebbe essere quello di affermare con forza lo statuto del testo, che non può essere reso inoffensivo o pacificato, qualcosa su cui non si può semplicemente operare, che non si può dissezionare a piacimento e magari abbandonare alla lettura automatica di un computer; ma qualcosa da vivere, da ‘patire’ nel senso etimologico del termine. Alla Sentiment analysis applicabile alla letteratura sembra allora doveroso rispondere tornando a una rinnovata estetica della ricezione, anche e soprattutto attraverso le potenzialità offerte dagli strumenti digitali come si è cercato di fare in questo esperimento, se non ancora più in là, alla tradizione estetica novecentesca secondo cui «larte è una vera sintesi a priori estetica, di sentimento e immagine nellintuizione»:[24]
 
In essa, il singolo palpita della vita del tutto e il tutto è nella vita del singolo; e ogni schietta rappresentazione artistica è se stessa e l’universo, l’universo in quella forma individuale, e quella forma individuale come l’universo. In ogni accento di poeta, in ogni creatura della sua fantasia, c’è tutto l’umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale, che diviene e cresce in perpetuo su sé stesso, soffrendo e gioendo.[25] 
 
E questa rappresentazione artistica per essere fruita, nella sua interezza e nella sua profondità non può che richiedere un paziente ascolto da parte del lettore: per Croce, infatti, «l’artista produce un’immagine o fantasma; e colui che gusta l’arte volge l’occhio al punto che l’artista gli ha additato, guarda per lo spiraglio che colui gli ha aperto e riproduce in sé quell’immagine».[26] Il lettore che nell’immagine artistica ritrova l’intuizione e riproduce in sé il sentimento – e qui andiamo oltre Croce per giungere a Gadamer – risponde a un appello e ci mette qualcosa di sé, del suo vissuto, della sua condizione esistenziale:
 
Ciò che si presenta allo spettatore come gioco dell’arte non si esaurisce nel puro abbandono dell’istante, ma implica una pretesa di durata e il perdurare di un appello […]. L’appello vale per qualcuno, e quindi deve farsi valere presso lui […] All’estatico oblio di sé dello spettatore corrisponde perciò la sua continuità con sé stesso. Proprio ciò in cui egli come spettatore si perde pretende da lui la continuità del senso. È la verità del suo mondo, del mondo religioso e morale in cui egli vive, quella che si rappresenta davanti a lui, ed egli vi si riconosce.[27]
 
E ancora:
 
L’opera poetica ha invece qualcosa di essenziale in comune con ogni altro testo letterario, e cioè il fatto che essa, nel suo intimo significato, ci parla. La nostra comprensione non mira specificamente a cogliere la perfezione di fattura che le appartiene in quanto opera d’arte, ma ciò che essa ha da dirci.[28]
 
Il testo, dunque, necessita di un lettore, di una negoziazione ermeneutica fondante, e necessita di un punto di vista: non vi può essere una lettura neutra e puramente oggettiva e dunque non ci potrà mai essere lettura autentica da parte di una macchina, almeno finché essa non avrà un vissuto, non potrà sognare, non proverà reali emozioni.
 
6. Grafici
(si veda il pdf [ndR])
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                   
                                   
 
 
 
 
 
 
 
 
 

[1] B. Liu, Sentiment Analysis. Mining Opinions, Sentiments, and Emotions, New York, Cambridge University Press, 2015, p. 1.
 
[2] «Un’emozione è un tipo di reazione corporea e viscerale a una situazione che comporta un vantaggio o uno svantaggio per il benessere di un organismo» (M. Bernini, M. Caracciolo, Letteratura e scienze cognitive, Roma, Carocci, 2013, p. 80).
 
[3] B. Liu, Sentiment Analysis, cit., p. 2.
 
[4] E. Kim, R. Klinger, A Survey on Sentiment and Emotion Analysis for Computational Literary Studies, «arXiv», 6 settembre 2019, [ultimo accesso 10 novembre 2020].
 
[5] Altri approcci di Sentiment Analysis, meno frequenti ma ugualmente presenti, utilizzano metodologie diverse quali il deep learning e il decisions tree.
 
[6] E. Kim, R. Klinger, A Survey on Sentiment and Emotion Analysis, cit., p. 18.
 
[7] S. Rebora, Shared Emotions in Reading Pirandello. An Experiment with Sentiment Analysis, in C. Marras, M. Passarotti, G. Franzini, E. Litta (a cura di), La svolta inevitabile: sfide e prospettive per l’Informatica Umanistica. Marras, Atti del IX Convegno Annuale dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD), Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020, pp. 216-221. .
 
[8] R. Sprugnoli, S. Tonelli, A. Marchetti, G. Moretti, Towards sentiment analysis for historical texts in Digital Scholarship in the Humanities, 31, 4, 2016, pp. 762–772, .
 
[9] Sull’illusorietà della neutralità degli algoritmi e sulla politicità del codice cfr. D. Fiormonte, Per una critica del testo digitale. Letteratura, filologia e rete, Roma, Bulzoni Editore, 2018.
 
[10] S. Rebora, Shared Emotions in Reading Pirandello, cit., p. 219.
 
[11] Cfr. H. G. Gadamer, Verità e metodo, trad. it. a cura di G. Vattimo, Milano, Bompiani, 2014, pp. 635-644.
 
[12] L. Pirandello, L’eresia catara in Novelle per un anno, I, Milano, Mondadori, 1956, pp. 732-740.
 
[13] Cfr. L. Pirandello, L’umorismo, Milano, Mondadori, 2009, pp. 119-163.
 
[14] Per una migliore visualizzazione della codifica si è preferito usare il grassetto per i tag, il corsivo per gli attributi, il sottolineato per indicare il sentiment.
 
[15] Si rimanda al §6 per i grafici sulle sequenze e sui sentiment: sull’asse x si trovano i nominativi degli studenti – omessi per privacy – e sull’asse y il valore numerico delle sequenze (grafico 1) e dei sentiment (grafico 2). La lunghezza di ciascuna barra rappresenta quindi il numero totale delle sequenze o dei sentiment individuati da ciascun marcatore.
 
[16] L. Pirandello, L’eresia catara, cit., pp. 739-740.
 
[17] L. Pirandello, L’umorismo, cit., p. 121.
 
[18] Motto in epigrafe al Il candelajo di Giordano Bruno (citato in L. Pirandello, L’umorismo, p. 108).
 
[19] Le emozioni finzionali si contrappongono alle emozioni da artefatto simbolico «relative alla percezione del livello estetico dell’opera, che scaturiscono dal modo in cui il discorso narrativo si sviluppa e dunque alle sue caratteristiche stilistiche e strutturali» (S. Calabrese, F. Fioroni, Leggere la mente. La lettura come stile di vita, Bologna, ArchetipoLibri, 2012, p. 47).
 
[20] Ibidem.
 
[21] Ivi, p. 51. cfr. K. Djkstra, R. A. Zwaan, A. C. Graesser, J. P. Magliano, Character and Reader Emotions in Literary Texts, in «Poetics», 23, 1994, p. 138.
 
[22] Cfr. P. Ekman, Cross-Cultural Studies of Facial Expression, in P. Ekman, Darwin and Facial Expression: A Century of Research in Review, New York, Academic Press, 1973, pp. 169-222.
 
[23] Cfr. R. Plutchik, H. Kellerman, Emotion: Theory, research, and experience: Vol. 1. Theories of emotion, 1, New York Academic Press, 1980.
 
[24] B. Croce, Breviario di estetica, Milano, Adelphi, 1990, p. 53
 
[25] Ivi, p. 153.
 
[26] Ivi, p. 22.
 
[27] H. G. Gadamer, Verità e metodo, cit., pp. 275-279.
 
[28] Ivi, p. 349.
 


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