Mete turistiche resilienti: la riscoperta della Sicilia rurale in tempo di pandemia

di Grazia Arena

 

1. Introduzione

L’evento imponderabile e traumatico della pandemia da Covid-Sars 19, che ha colto di sorpresa il mondo intero, ha fatto mutare contestualmente anche i modelli e le pratiche turistiche. In particolare, si è passati da una accelerata mobilità turistica, complice il proliferare di servizi e mezzi di comunicazione globalizzati che caratterizza le attuali società postindustriali, ad una sempre più limitata possibilità di movimento determinata da ragioni che fuoriescono dalle ordinarie problematiche economiche, sociali e culturali. Nell’arco di soli due anni (dalla primavera del 2020 ad oggi), infatti, il turismo, soprattutto quello di massa, si è configurato come un fenomeno sociale pericoloso, in quanto, per sua natura, favorisce comportamenti individuali e collettivi tra i viaggiatori che amplificano le relazioni e innescano inevitabilmente meccanismi di diffusione incontrollata della pandemia. Le odierne paure legate ai rischi del contagio da Covid, dunque, hanno indebolito il turismo, sia in riferimento alla decrescita delle imprese che ruotano attorno a questo comparto fondamentale dell’economia, sia in riferimento alle pratiche di svago e divertimento che storicamente hanno aiutato l’uomo a evadere dalla quotidianità e dall’impegno lavorativo, rappresentando un bisogno esistenziale inalienabile.

In particolare, le numerose misure sanitarie messe in atto dai governi per contenere il contagio hanno fatto letteralmente retrocedere i viaggiatori dalle mete tradizionalmente attrattive, e quindi affollate, e hanno generato nei turisti il bisogno di esperienze sicure, da vivere all’aperto, nella natura o in luoghi meno alla moda (dove la presenza turistica non è massiva), ma pur sempre di forte riconoscibilità storico-culturale. L’esperienza turistica vecchia maniera, d’assalto, che nell’immaginario collettivo si sostanzia di spiagge, località montane celebri e grandi capitali mondiali ha subito una seria battuta d’arresto. E questa volta non soltanto dovuta alle campagne ambientaliste che ci ricordano gli effetti distruttivi di un  …] turismo anonimo e ubiquitario, che si limita all’evasione dall’ambiente di vita e di lavoro […]» (Persi, Ugolini 2017, p. 82),  ma specialmente alla consapevolezza di una crisi pandemica che è foriera di morte e ci costringe a declinare il nostro innato bisogno di viaggiare secondo un principio di sicurezza e distanziamento sociale, che è, in questo momento, la nuova essenza del turismo. Da qui la rinascita di un interesse per le aree interne della Sicilia, per le loro piccole comunità locali incastonate in paesaggi più “appartati”, rurali, collinari, montani e dotate di potenzialità forse latenti, forse neglette, ma di straordinaria valenza culturale.

Sulla base di tali presupposti si intende riflettere sulle reali opportunità di cambiamento e di valorizzazione turistica nell’ambito di un’area, nel cuore della Sicilia, rappresentata dalle provincie di Enna e Caltanissetta, con l’obiettivo di valutarne la capacità di resilienza dopo periodi di stringenti lockdown, che hanno privato totalmente le sue comunità di un fattore importante di crescita: il turismo. Lo studio, condotto prevalentemente sul campo, soprattutto per valutare il profilo territoriale e ambientale complessivo dell’area oggetto di interesse e la qualità dell’offerta culturale, si è avvalso anche dei principali documenti progettuali che sono legati specificamente alla promozione di tali territori.

 

2. L’area del “Global Geopark Rocca di Cerere” UNESCO: breve inquadramento geografico

L’area in esame ha una configurazione fisico-territoriale che apparentemente sembra aver gettato una pesante ipoteca sulle sue reali possibilità di sviluppo, facendone una specie di “Sicilia nella Sicilia” destinata a non poter supportare fattori di cambiamento e di valorizzazione turistica. Attraversando questo territorio, rilevante appare il mosaico di paesaggi naturali e agricoli: sinuose colline dalla terra bruna o completamente ricoperta di verde, quando esplode la primavera, si intrecciano alle valli ingiallite dai campi coltivati a seminativi, soprattutto grano, la cui riconoscibilità è fondata su una stratificazione di segni di forte identità storico-sociale ed economica. «Le valli sono largamente aperte, le maggiori con un fondo piano e terrazzato, nel quale i fiumi serpeggiano a meandri stranamente angolosi, e con alvei piuttosto stretti: del resto per parecchi mesi all’anno sono asciutti o quasi« (Sestini 1963, p.185). Questa trama di campi dalla morfologia morbida, teatro di una millenaria pratica agro-silvo-pastorale che ha fatto convivere armonicamente natura e cultura, si muove su una geologia profonda di argille, salgemma e zolfo, che costituiscono l’altopiano gessoso-zolfifero con cui si identifica questa parte della Sicilia interna. In direzione del versante tirrenico-settentrionale, il territorio è chiuso dalla catena montuosa dei Nebrodi, a nord est, e da quella madonita a nord ovest. Mentre ad est il limite è rappresentato dai modesti rilievi del complesso montuoso degli Erei. Verso sud si apre invece una sequenza di colline e via via, verso la costa, di aree pianeggianti che culminano nella Piana di Gela. Il territorio, complessivamente, si presenta, dunque, abbastanza articolato, caratterizzato dalla presenza di rilievi elevati, intervallati da altopiani e ampie aree collinari e pianeggianti. Anche il paesaggio agrario …] non è però assolutamente uguale. Certo la coltura estensiva predomina: su e giù per le ondulazioni del terreno campi di grano senza limiti, che alternano con quelli di fave e di sulla (e secondariamente di orzo e di vecce). Gli spazi propriamente incolti non sono gran che, ma negli aspetti del paesaggio ne tengono le veci i terreni a riposo, pascolo per pecore e capre. Può darsi che da un luogo anche panoramico non si scorga neppure un albero, né una casa e tanto meno un centro abitato« (Sestini 1963, p. 187). Al suo interno, il sistema insediativo ha una configurazione fortemente influenzata dall’orografia. I paesi sono piccoli e sviluppati per nuclei sparsi, l’abitato è formato da aggregazioni di case terrane addossate le une alle altre e le stradine sono spesso strette e interrotte da scalinate ripide che collegano i vari quartieri.

Nel volgere di pochi decenni tutti questi piccoli centri sono stati interessati da importanti trasformazioni demografiche, poiché un esodo lento ma inarrestabile motivato dalla quasi totale estinzione delle attività economiche tradizionali, ha fatto svuotare numerosi paesini, quelli più interni e isolati delle zone montane,[1] già di piccole dimensioni e funzionalmente poco polarizzanti (Ruggiero 2001, pp. 85-99; Scrofani 2001, pp. 423-424). Questo debole tessuto demografico, in seno ad una trama urbana non forte, costituita da una maglia insediativa di comuni dispersi e piccoli, i condizionamenti dei caratteri geomorfologici e la lontananza geografica dalle coste e dalle maggiori vie di comunicazione, sono stati fattori di indubbio svantaggio, che hanno fatto sì che essa restasse a lungo ai margini dei principali itinerari di viaggio, così come accadeva nel passato.

Sin dall’epoca del Grand Tour, per limitarsi  ad un cenno che riguarda il periodo compreso tra il  Settecento e l’ Ottocento, numerosi  viaggiatori  stranieri, quali, ad esempio, J. H. Riedesel, R. P. Knight, H. Swuinburne, F. Munter, e altri ancora, giunti nella nostra Isola per passare in rassegna, con spirito d’avventura e curiosità intellettuale, tante mete canoniche e difficili della Sicilia,  si pensi all’ascesa del monte Etna, preferivano spostarsi lungo i nodi costieri del percorso, ma non perché quelli interni non avessero eguale fascino culturale, ma perché ponevano limiti logistici, a causa del  loro isolamento e dell’assenza di un’adeguata viabilità. E se una tale realtà poteva trovare giustificazione nella Sicilia interna di tre secoli fa, sorprende invece come essa permanga nel tempo, riproponendo quadri di isolamento che contrastano con la vitalità delle fasce litorali. 

Ma proprio questo territorio interno e marginale che ancora Sciascia descriveva «intento a sottrarsi al mare ed escluderlo dietro un sipario di alture o di mura», che Tomasi di Lampedusa rappresentava «di un’aridità ondulante all’infinito, in groppe sopra groppe, sconfortate e irrazionali delle quali la mente non poteva afferrare le linee principali, concepite in una fase delirante della creazione», che Addamo vedeva »giallo e rossiccio, arido e fumoso, dove volano i corvi e il silenzio è vasto, ferrigno« e Vittorini trovava più somigliante »come terra e come popolo al Pakistan delle steppe o all’Estremadura« (Campione 1994, pp. 295-297), oggi esercita un forte richiamo turistico in virtù di quelle  caratteristiche geografiche che avevano generato storicamente “chiusure” e inibito relazioni: l’isolamento affascina, viene percepito come garanzia di identità e originalità dei luoghi. E a ben vedere, in effetti, tutto il territorio di riferimento, per un denominatore comune di storia ed economia, continua a rappresentare il simbolo del dominio economico tipicamente feudale di età medievale e moderna, scomparso negli ordinamenti fondiari, ma non nel paesaggio (Manzi 2001, pp. 289-294). Ragion per la quale esso, ancora oggi, custodisce con vivezza canoni di grande espressività del rapporto tra proprietari terrieri e contadini, soprattutto nel paesaggio agrario, dominato da estesi campi aperti, colture cerealicole, antiche masserie, e nelle tradizioni. La vastità del paesaggio, in particolare, è un elemento di privilegio che offre all’osservazione qualità come l’assetto naturale, la storia dell’insediamento, della politica e dell’economia, che spesso sfuggono là dove ha preso il sopravvento la presenza umana, nelle grandi città turistiche.

Nell’apertura di questo spazio geografico prossimo, la cultura trasformata in valori territoriali, in paesaggio, diventa “parlante” per chi ama leggere il territorio attraversandolo in modo tranquillo, placido. Quello della Sicilia interna è un paesaggio “lento” per eccellenza, che invita ad una scoperta graduale, curiosa, in questo momento difficile la più ricercata, la più benefica per chi vuole vivere il turismo senza la fretta del mordi e fuggi e in luoghi non violati dalla folla ciarliera che in tempo di pandemia rappresenta anche il campanello d’allarme di pericolosi assembramenti. Capaci di affascinare con il “bel paesaggio”, di emozionare con le narrazioni di un mondo antico che si mescola a quello quotidiano, semplice, vero, questi luoghi rendono ancora possibile viaggiare, passeggiare, conoscere nonostante la generalizzata preoccupazione per una pandemia che ci ha immobilizzati.

 

3. Il Piano di Azione Locale Rocca di Cerere Geopark e i possibili itinerari resilienti

Se, da un lato, tutti gli elementi particolarmente significativi dei processi di territorializzazione che si sono generati nel corso del tempo nell’area oggetto di studio – le architetture rurali del paesaggio agrario, i piccoli centri urbani di impianto medievale, le aree di archeologia industriale, quelle dei geositi e le tante eminenze monumentali – rappresentano un ricco heritage paesistico che stimola a riscoprire lo spessore culturale di tale area, dall’altro lato il punto di avvio imprescindibile per uscire gradualmente dalla marginalità del contesto territoriale interno e promuovere  la specificità culturale locale in esso racchiusa, in prospettiva turistica, è stato rappresentato dai  modelli virtuosi  di valorizzazione, a beneficio di numerose comunità locali interne dell’ennese e del nisseno, contenuti  nel Piano di Azione Locale Rocca di Cerere Geopark, ricadente nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale SICILIA 2014-2020 (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale).[2]
Dal Piano si evince con chiarezza come la strategia scelta per diffondere un turismo resiliente e di qualità  sia stata ispirata da una concezione di valorizzazione globale e integrata  dei beni culturali presenti sul territorio, con l’obiettivo di privilegiare non le singole eminenze culturali,  ma l’identità  molteplice dei luoghi che complessivamente e in modo permanente dà corpo ad un paesaggio culturale variegato e irripetibile, che merita di essere reso fruibile e competitivo nella sua interezza, soprattutto in relazione alle nuove dinamiche della “vacanza di prossimità”. L’esempio particolarmente eloquente di questa rivitalizzazione complessiva è rappresentato dalla catena di iniziative culturali contenute nel Piano che sembra voglia puntare l’attenzione sostanzialmente su tre testimonianze celebri del passato: la Villa Romana del Casale (EN), i complessi minerari dello zolfo di Floristella-Grottacalda (EN) e Trabia-Tallarita (CL) e la Dea di Morgantina (EN), ma di fatto contempla itinerari molteplici,  rapportati alle specificità locali, culturali e ambientali, che legano ciascuno dei tre elementi significativi di patrimonio culturale ai rispettivi territori di  riferimento.

La villa del Casale di Piazza Armerina[3] è divenuta celebre nel mondo dopo il suo inserimento nella World Heritage List dell’UNESCO, e per questo forse è più conosciuta dell’altro straordinario esempio di villa imperiale, la Villa del Tellaro (SR), oltre che per ragioni legate alle sue dimensioni, al migliore stato di conservazione e allo sfarzo dei particolari architettonici e musivi. È un esempio sublime della storia della Sicilia interna che dà un’immagine culturalmente elevata del territorio, stimolando un notevole interesse turistico (Arena 2009, pp. 21-22). L’archeologia industriale delle ex miniere di zolfo Floristella-Grottacalda e Gallizzi, ricadenti in seno ad un vasto territorio tra Enna, Aidone, Piazza Armerina  e Valguarnera, e del complesso Trabia-Tallarita, localizzato nel territorio di Riesi, in provincia di Caltanissetta (Spampinato 1983), rappresenta un altro esempio di identità storica locale dominante.[4] Con la loro localizzazione paesaggisticamente pregnante nelle campagne dell’hinterland dell’Isola, le ex miniere infatti svelano una realtà speculare a quella dell’economia latifondista: in Sicilia, fino ad un tempo relativamente recente, le attività di tipo cerealicolo-pastorale e quelle estrattive  nelle miniere di zolfo rappresentavano le due alternative di lavoro e di vita in una terra a regime feudale-latifondista chiusa e stagnante, che non offriva altre alternative alla sterminata schiera di contadini poveri.  Si tratta di una realtà sicuramente difficile e amara anche a rievocarsi, per tutto quello che rappresenta nell’immaginario collettivo dei siciliani, ma ricca di potenziale espressivo, “esperienziale”, e dunque fondamentale per costruire l’offerta turistica del territorio. La Dea (Venere) di Morgantina è una preziosa testimonianza di arte magnogreca, databile tra il 425 e il 400 a.C., raffigurante una divinità femminile.[5] Di grande valore culturale, anche questa statua consente di entrare nelle pieghe della storia insediativa del territorio in esame, offrendo una “narrazione” dei luoghi, quella di epoca greca, che è ricercata dal turista più sensibile e attento.

Da queste tre testimonianze “simboliche” scaturisce indubbiamente l’inconfondibile fisionomia del territorio, la sua storia più profonda, ma esse fungono da poli generatori di molteplici occasioni di scoperta per il turismo rurale, eno-gastronomico, letterario ed archeologico. Tutto il territorio si contraddistingue, infatti, per un mix di eredità culturale tangibile, accumulata nel corso dei secoli, e di eredità immateriale, arrivata sino ai nostri giorni anche con le consuetudini e le specificità gastronomiche o con gli usi e i costumi di vita quotidiana.  Ciò che ciascuna parte di questo territorio ha prodotto e mantenuto pressoché intatto, tradizioni vitivinicole, ricette gastronomiche legate alla vita cerimoniale dell’ormai scomparso mondo contadino, può rappresentare il fulcro di iniziative di grande significato per la resilienza dell’area. Sappiamo, peraltro, che oggi uno stimolo forte a quel tipo di turismo etichettato come slow, che ricerca l’autentico, l’incontaminato, l’evasione dalla vita frenetica e la riconciliazione con la natura e la tradizione, deriva proprio dall’«appeal enogastronomico» (Albanese 2013, p. 490). Vista la notevole  importanza attribuita,  da questo segmento turistico di nicchia, proprio alla componente enogastronomica locale, creare itinerari a tema oppure misti, ad esempio facendo dialogare percorsi naturalistici e degustazioni di prodotti locali, può essere un viatico prezioso anzitutto per potenziare i flussi e poi naturalmente anche ai fini  di un maggiore sviluppo territorializzato, costruito sulle vocazione autoctone, a cui oggi guardano con forza le comunità locali (Arena, Sorbello 2018, pp. 73-122).

Ma questo è soltanto uno degli innumerevoli esempi di potenzialità sulle quali costruire percorsi che incrementino il turismo. Un altro esempio potrebbe essere rappresentato dai luoghi della memoria, quelli che illustri scrittori quali Verga, Sciascia, Addamo, nelle loro opere, hanno eletto a simbolo della Sicilia “più brulla, la più povera, la più abbandonata, ma anche la più affascinante, la più silenziosa” (Barilaro 2004, pp. 151-172). I percorsi letterari sono un elemento attrattivo e resiliente fondamentale, ma ancora sottovalutato, in grado di ancorare il visitatore alle radici culturali di ogni territorio e di contrastare il declamato sfaldamento della memoria storica, tipico delle generazioni più giovani. In particolare, enormi opportunità di conoscenza sono offerte dal Parco Letterario Leonardo Sciascia “Regalpetra” che si allarga su tre provincie: Enna, Caltanissetta, Agrigento. Nell’ambito della sua compagine territoriale ricadono anzitutto i paesaggi sulfurei, sia quelli del sottosuolo, dove scendevano i “carusi”, i minatori, per svolgere il loro duro lavoro estrattivo, sia quelli a cielo aperto delle strutture industriali ormai dismesse, che servivano per la lavorazione dello zolfo.[6] Il Parco Letterario ingloba inoltre numerosi centri storici a bassa densità abitativa, molto caratteristici per struttura e per posizione panoramica, alcuni di impianto medievale, con la tipica piazza principale nella quale si concentrano piccoli negozi e si condividono momenti di socialità in occasione di sagre e ricorrenze religiose.

          L’elevata ruralità del paesaggio, il retaggio storico e le tracce residuali della civiltà contadina arricchiscono ulteriormente lo scenario del Parco Letterario rendendo gli itinerari più suggestivi. Va considerata infine la vocazione naturalistica dell’area che è portatrice di altre forme di fruizione del Parco Letterario, ad esempio quella escursionistica, che attualmente si predilige per vivere una relazione più intima e in armonia con la natura, al riparo da interazioni sociali che preoccupano non poco.

Lo strumento progettuale e gestionale rappresentato dal PAL Rocca di Cerere Geopark (Fig. 1) serve a promuovere, dunque, tutto il “capitale territoriale”, ovvero il patrimonio materiale e immateriale, i contesti paesaggistici e rurali dell’entroterra siciliano, le componenti archeologiche e architettoniche, i siti minerari, i profondi riferimenti etnoantropologici, le attività artigianali, i modelli agro-alimentari locali e di qualità dei singoli comuni che aderiscono al Piano. Giova a questo punto precisare che l’attribuzione dello status di Geopark all’area in esame non si riferisce al fatto che racchiude all’interno dei suoi confini le millenarie tappe evolutive della storia geologica del nostro pianeta. Gli ambiti di un Geopark sono sempre spazi di cultura in senso ampio e la loro fruizione non è di nicchia, riservata ai geologi e agli scienziati.  Seppur primaria rimane la valenza geo-ambientale, che deriva dalla loro elevata specificità geologica ed ecosistemica, tuttavia, si tratta di ambiti che hanno un enorme “spessore semantico” e assolvono a svariate funzioni resilienti. Eccole di seguito descritte, senza pretesa di completezza: i luoghi del Geopark Rocca di Cerere hanno una notevole valenza paesaggistica, perché sono impreziositi da eccezionali scorci naturalistici e panoramici che stimolano il turismo naturalistico; sono anche luoghi dell’agire umano, che hanno conosciuto alterne vicende di popoli e culture. Ad essi si può correlare un valore storico-culturale e archeologico, che è rintracciabile in numerose permanenze identitarie: centri storici minori, vestigia archeologiche e strutture edilizie sopravvissute alla disgregazione dell’organizzazione geo-economica latifondista; realizzano un felice connubio tra contesti ambientali di pregio e cultura enogastronomica di eccellenza, poiché sono luoghi attraversati dalle “vie del gusto” e dalle “strade del vino”; assolvono altresì ad una funzione ludico-sportiva: sono i luoghi privilegiati di numerosi cultori dell’arrampicata, della speleologia, del rafting e dunque offrono grandi opportunità ad un turismo ricreativo e sportivo rispettoso delle valenze ambientali; sono luoghi di grande valenza simbolico-identitaria dove si sono coagulati stili di vita contadina, folklore,  miti, usi e costumi, di una Sicilia lontana, alla quale  i turisti  oggigiorno amano attingere, in una società sempre più sottoposta alle spinte accelerate della modernità che tutto cancella; sono luoghi con valenze didattico-formative poiché offrono lo scenario privilegiato per scoprire e decodificare una certa fetta di sapere scientifico che attiene al mondo degli ecosistemi e della biodiversità. Rappresentano quindi un laboratorio didattico a cielo aperto che sostanzia anche l’educazione ecologica e la crescita etica (Arena 2017, pp. 119-129).

Uno scenario geografico così ricco di qualità ambientali, culturali e scientifiche, rappresenta il contesto ideale per un turismo resiliente, di tipo esperienziale, ma anche “creativo” e sostenibile. Da un lato offre al turista l’opportunità di vivere un contatto profondo con la natura e in generale con la cultura del territorio, facendolo sentire molto più al riparo dai rischi della pandemia di quanto non accada nelle tradizionali mete turistiche affollate. Grazie alla rarefazione dello spazio paesaggistico, che è tipico delle estese aree interne della Sicilia, il rapporto turista-territorio si percepisce infatti come sicuro e sereno, lontano dalle pressioni massive che si avvertono nelle località turistiche alla moda. Dall’altro lato, un territorio siffatto arricchisce l’esperienza del turista con elementi di sollecito, quali la storia, le tradizioni, la memoria, grazie ai quali egli può compenetrarsi nel territorio e diventarne protagonista “creativo” (Richard 2000, pp. 16-20). Condividendo la definizione di Germana Citarella, «il turista  creativo si compenetra nell’ambiente circostante, al fine di sviluppare nuove abilità e conoscere il territorio, ad esempio partecipando a corsi pratici, frequentando laboratori culturali o acquisendo competenze mediante l’interazione con le comunità locali che sono chiamate a vigilare sul corretto utilizzo delle risorse e a partecipare attivamente alla diffusione di un modello sostenibile di sviluppo turistico […]» (Citarella 2015, pp. 75-76). Non a caso la nuova progettualità turistica nell’ambito dei comuni del Global Geopark mostra più attenzione a tutte le iniziative che implicano il riconoscimento di questo ruolo quasi elettivo al turista. Si tratta di iniziative assai coinvolgenti che collocano il turista al centro di momenti di apprendimento non solo teorico, ma anche pratico-laboratoriale per fargli acquisire competenze artigianali, lavorative, legate sia al mondo rurale in senso stretto (il lavoro nei campi, la conduzione del gregge al pascolo), sia alla trasformazione delle materie prime agricole (produzione di confetture, dell’olio, del vino, della ricotta, del pane). Una strategia, questa, che, estendendo al turista l’approccio operativo e partecipativo ad alcuni aspetti della vita dei luoghi, plasma “fruitori sostenibile” sostenibili, cioè capaci di relazioni armoniche, partecipative e rispettose con il territorio. In altre parole, l’offerta in seno al Geopark prospetta la possibilità di un incontro armonico, partecipativo e rispettoso tra turista e territorio. Il programma delle attività con le quali il Geopark crea un punto di incontro tra il turista e le identità dei suoi luoghi è assai ricco e diversificato, in modo da permettere la riscoperta di questa parte della Sicilia interna a varie tipologie di fruitori.

La trasformazione  recente del Global Geopark Rocca di Cerere UNESCO in Ecomuseo (febbraio 2020), apre prospettive di grande interesse in un territorio dove sono possibili combinazioni originali tra natura, storia e cultura, poiché prefigura la possibilità di superare il tradizionale approccio frammentario ai beni culturali di tutta l’area oggetto di studio e inaugura un modello di fruizione dinamico, evoluto, immateriale, che faciliterà la rivitalizzazione di tutte le componenti culturali e paesaggistiche che definiscono l’unicità di questo territorio culturale.

Grazie all’istituzione dell’Ecomuseo sarà possibile consegnare alla fruizione turistica non il singolo sito, ma l’intero paesaggio culturale, al di là di ogni delimitazione fisica, geomorfologica, che non sia quella segnata dall’omogeneità degli elementi che compongono il suo sistema. E poiché di questo sistema fa parte anche la popolazione locale, un ruolo sociale resiliente assai importante potranno svolgere anche le istanze partecipative delle comunità, all’interno della più ampia progettualità politica: alle comunità locali, alla loro consapevolezza del patrimonio culturale di cui sono custodi e al loro impegno civico  spetta il compito di prendersi cura del territorio dell’Ecomuseo, e non nel senso che compete ad un ente pubblico, di governance, ma nel senso del dialogo, del confronto con i responsabili della pianificazione territoriale, dunque attraverso l’interazione sociale e l’associazionismo, per “colmare le distanze” dal territorio, divenendo finalmente coscienti e responsabili attori del loro ambiente di vita quotidiana.

 

4. Riflessioni conclusive

In una congiuntura storica che chiede di adattarci ai cambiamenti, ai divieti, alle imposizioni intervenute con la pandemia e di diversificare le mete turistiche, indirizzando le nostre scelte verso un turismo di prossimità e sostenibile, il territorio in esame consente un’inversione di tendenza, verso una più profonda e responsabile scoperta dei luoghi dell’entroterra siciliano. A seguito dell’istituzione dell’Ecomuseo Global Geopark UNESCO Rocca di Cerere sono state programmate tante iniziative di valorizzazione territoriale che, se realizzate, riusciranno a infondere vigore all’economia dei piccoli comuni di tutta l’area ennese e nissena e vitalità ai flussi turistici.
Ma per fare emergere nettamente le potenzialità di questo territorio, proprio i comuni interessati sono chiamati a rendere conto di svariati fattori di debolezza, quali, ad esempio: scarsi livelli di accessibilità interna ma ancor più esterna, con i comuni limitrofi, dovuti al mancato ammodernamento della rete viaria e infrastrutturale in generale. Ma questo è il problema irrisolto della viabilità di tutta l’Isola. La Sicilia ha la rete urbana primaria e secondaria (ad es. Trapani, Marsala, Mazara) costiera, mentre il resto dei centri urbani ha scarsa forza attrattiva in senso crhistalleriano, con effetti diretti sulle condizioni di marginalità e trascuratezza delle arterie stradali che fanno riferimento a questi sistemi insediativi poco rilevanti; scarsa attenzione alla vulnerabilità ambientale che caratterizza soprattutto i comuni delle fasce altimetriche più elevate, spesso chiusi nell’isolamento a causa del maltempo e delle frane; lenta riqualificazione dei piccoli centri urbani di interesse storico-culturale, che è invece condizione imprescindibile per il rafforzamento della vocazione turistica. In particolare, sarebbe auspicabile immaginare progetti per incentivare il recupero di antiche strutture e dimore che hanno svolto un ruolo fondamentale nella strutturazione del paesaggio urbano; poca attenzione a modelli alternativi e sostenibili di ricettività; debole presenza di percorsi naturalistici attrezzate per attività ludiche, sportive o di campeggio; scarsa attenzione alla formazione specialistica per figure esperte nel turismo locale.
Inoltre, è stato rilevato, nel corso di numerose visite ai centri più interni di Troina, Centuripe, Aidone, Valguarnera Caropepe, Riesi che le amministrazioni locali, anche fuori dalle fasi di lockdown, dettate dall’emergenza sanitaria, hanno mantenuto la chiusura al pubblico di luoghi di interesse culturale, quali i musei, riservando uno sgradevole effetto sorpresa ai visitatori ignari. La qual cosa è un dato negativo per l’immagine turistica dei luoghi.

Le istituzioni locali dovrebbero prendere piena coscienza dei punti deboli e saldare il debito che ancora hanno con il territorio e con tanti aspetti organizzativi di fondo per incoraggiare i turisti. La resilienza turistica in un territorio assai ricco di tradizione e originalità, qual è l’hinterland siciliano, ennese e nisseno, si alimenta sia valorizzando tassello dopo tassello il patrimonio identitario a contestualizzazione locale, per renderlo fruibile, sia agevolandone la fruizione con idonei ammodernamenti infrastrutturali. L’asimmetria tra le strategie di valorizzazione dei beni culturali locali e la pianificazione territoriale purtroppo fa stentare il decollo del turismo. Di certo non soddisfa le esigenze di coloro i quali vorrebbero stabilire uno stretto legame con le comunità visitate ma entrano in conflitto con i limiti del “sistema territoriale” (Bizzarri 2013, pp. 471-485).

COMUNI INTERESSATI

AIDONE-ASSORO-CALASCIBETTA-ENNA-LEONFORTE-NISSORIA-PIAZZA ARMERINA- VALGUARNERA- VILLAROSA

FATTORI DI VALORIZZAZIONE

 

OBIETTIVI

BENEFICI PER LE COMUNITÀ LOCALI

TURISMO SOSTENIBILE

POTENZIARE IL TURISMO DI PROSSIMITÀ POTENZIARE IL GEOTURISMO POTENZIARE L’ECOTURISMO POTENZIARE IL TURISMO ESPERIENZIALE

RILANCIO DELL’IMMAGINE TURISTICA PROLUNGAMENTO DELLA PERMANENZA DEI TURISTI NELL’AREA DEL PAL

SVILUPPO E INNOVAZIONE DELLE FILIERE E DEI SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI (AGROALIMENTARI – ARTIGIANALI E MANIFATTURIERE)

VALORIZZARE I PRODOTTI TIPICI LOCALI ATTRAVERSO MARCHI DI QUALITÀ

RENDERE DISPONIBILI ALL’ACQUISTO I PRODOTTI TIPICI LUNGO GLI ITINERARI DI VISITA ATTRAVERSO FILIERE AGRO-ALIMENTARI CORTE

PROMOZIONE DELLA BIODIVERSITÀ AGRICOLA GARANZIA DEI LEGAMI TRA PRODOTTI E AREA GEOGRAFICA DI PROVENIENZA RILANCIO DELL’IMPRENDITORIA AGRICOLA DELLE NUOVE GENERAZIONI MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI VITA DEI RESIDENTI

INCLUSIONE SOCIALE DI SPECIFICI GRUPPI SVANTAGGIATI E/O MARGINALI

RAFFORZARE IL RUOLO ATTIVO DELLE ISTITUZIONI E DELLE COMUNITA’ LOCALI MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI VITA DELLE POPOLAZIONI RURALI RAFFORZARE DINAMICHE DI INCLUSIONE/INTEGRAZIONE FONDATE SUL CONFRONTO FRA INSIDERS E OUTSIDERS COINVOLGERE NELL’AGRICOLTURA (SOCIALE) CATEGORIE DI POPOLAZIONE FRAGILE O CON PROBLEMATICHE DI SALUTE

SVILUPPO DEL TURISMO DELLE FASCE PIU’ ANZIANE E DI QUELLE CON DISABILITÀ O LIMITATA MOBILITÀ RAFFORZAMENTO DEL SENSO DI APPARTENENZA DELLE POPOLAZIONI AL PROPRIO TERRITORIO

 

 

Fonte: elaborazione dell’Autrice sulla base del documento europeo “Piano di Sviluppo Rurale Sicilia 2014-2020” - PIANO DI AZIONE LOCALE ROCCA DI CERERE GEOPARK.

 

 

Riferimenti bibliografici

Albanese V., Slow tourism e nuovi media: nuove tendenze per il settore turistico, in «Bollettino della Società Geografica Italiana», XIII/VI, 2013, pp. 489-503.

Arena G., Declinazioni territoriali di paesaggi siciliani. Otto casi di studio, Acireale-Roma, Bonanno, 2017.

Arena G. (a cura di), Territori, famiglie e dimore in Sicilia. Modi e culture dell’abitare, Catania, C.U.E.C.M., 2005.

Arena G., Sorbello M., Montalbano e Gangi. Modelli sostenibili di sviluppo locale nell’era del globale, in «Geotema», 57, 2018, pp. 128-142.

Arena G., Sorbello M., La salvaguardia attiva delle diversità locali per una glocalizzazione socialmente equa. Il viaggio alla ricerca degli antichi sapori della Sicilia, «Studi e ricerche socio-territoriali», 8, 2018, pp. 73-122.

Barilaro C., I parchi letterari in Sicilia. Un progetto culturale per la valorizzazione del territorio, Catanzaro, Rubbettino, 2004, pp. 151-172.

Bizzarri C., L’impatto di nuovi flussi turistici a scala globale: il caso della community delle golf, in «Bollettino della Società Geografica Italiana», XIII/VI, 2013, pp. 471-487.

Campione G., Le molte sicilie, in G. Campione G., E. Sgroi (a cura di), Sicilia. I luoghi e gli uomini, Roma, Gangemi, 1994, pp. 295-298.

Citarella G., Valorizzazione turistica dei territori creativi protetti, in «Geotema» 49, 2015, pp. 73-78.

Manzi E., Paesaggio, turismo e sostenibilità. Qualche indicazione per un’utopia necessaria, «Bollettino della Società Geografica Italiana», XII/VI, 2001, pp. 389-403.

Persi P., Ugolini M., Aree interne tra riflessione e applicazione geografica (con riferimenti alle Marche), «Geotema», 55, 2017, pp. 80-84.

Regione Siciliana, «Piano di Sviluppo Rurale Sicilia 2014-2020 - Piano di Azione Locale Rocca di Cerere Geopark», www.roccadicerere.eu/2014-2020 (accesso effettuato il 3 dicembre 2020).

Richard G., Raymond, C., Creative tourism, «Atlas New», 23, 2000, pp. 16-20.

Ruggiero V., La valorizzazione dei centri storici minori. Progetti e iniziative nel quadro dello sviluppo sostenibile del Mezzogiorno, in V. Ruggiero, L. Scrofani (a cura di), Centri storici minori e risorse culturali per lo sviluppo sostenibile del Mezzogiorno, Catania, C.U.E.C.M., 2001, pp. 85-99.

Scrofani L., Percorsi virtuali e percorsi reali: la valorizzazione del paesaggio siciliano interno, in V. Ruggiero, L. Scrofani (a cura di), Centri storici minori e risorse culturali per lo sviluppo sostenibile del Mezzogiorno, Catania, C.U.E.C.M., 2001, pp. 422-433.

Sestini A., Il paesaggio, Milano, T.C.I., 1963, (Conosci l’Italia, vol. VII).

Spagnoli L., Il paesaggio nella «differenzialità singolare» dei luoghi. Dalla rappresentazione all’azione progettuale, «Bollettino Della Società Geografica Italiana», XIII/ IV, 2011, pp. 541-554.

    Spampinato R., Gli Zolfari siciliani 1860-1914. Lavoro, cultura di mestiere, conflittualità, «Quaderni del Dipartimento di Scienze Storiche Antropologiche Geografiche», 4, ottobre  1983, Catania, Università di Catania.

 


[1] La Sicilia, a partire dal secondo dopoguerra, ha sperimentato un esodo senza precedenti di popolazione rurale che dalle campagne, dai centri più interni e arroccati si è diretta verso le aree costiere, alla ricerca di opportunità di lavoro. È indubbio che questa forte spinta centrifuga debba essere letta anche nel quadro di un generale abbandono della cultura contadina che nella dialettica con la cultura nuova dei centri urbani costieri è diventata sempre più marginale, appannaggio di alcuni piccoli borghi resistenti in parte alla modernità. 

[2] Il complesso iter per la valorizzazione delle aree interne dei territori di Enna e Caltanissetta prende l’avvio nel 1998 con la costituzione del Gruppo di Azione Locale (G.A.L.) Rocca di Cerere Geopark. Attraverso varie fasi di gestione del Programma LEADER – LEADER 2007-2013 e attualmente LEADER 2014-2020 – si è giunti, nel 2015, al raggiungimento dello status di Global Geoparks riconosciuto dall’UNESCO e di recente, febbraio 2020, al riconoscimento del ruolo di Ecomuseo.

[3] La Villa del Casale di Piazza Armerina sorge all’interno di una stretta valle, ai piedi del monte Mangone, ed è l’espressione più antica e aulica della lunga tradizione delle ville in Sicilia. Costruita nel periodo della pax romana del tardo Impero rappresentò il locus amoenus di qualche illustre membro dell’aristocrazia romana che certamente era costretto a recarsi di frequente in Sicilia per verificare le rendite dei fondi, forse per conto dell’amministrazione imperiale. E nello stesso tempo godeva di periodi di riposo e di svago. Che la villa non assolvesse esclusivamente ad una funzione  di utilitas, cioè di gestione amministrativa-produttiva, ma fosse altresì un luogo di godimento dell’ otium, valore peraltro fondante della cultura romana, lo attestano i temi mosaicati del pavimento, che si rifanno a varie specie venatorie, terrestri ed acquatiche, e a immagini di corpi nudi massaggiati con unguenti dai servi, a chiara testimonianza di come una parte del soggiorno nell’Isola fosse dedicato al benessere personale, tra battute di caccia e bagni termali.

[4] L’attività estrattiva dello zolfo in particolare ha caratterizzato l’economia siciliana di questo vasto territorio interno per un lungo periodo a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, modificandone radicalmente l’ambiente e il modo di vivere della popolazione locale. Quando il settore fu colpito da ripetute fasi di crisi dovute sia alle rischiose fluttuazioni dei prezzi che alle ataviche carenze strutturali dell’industria mineraria siciliana, ebbe inizio un inarrestabile processo di dismissione e abbandono degli impianti minerari.

[5] Fu rinvenuta nelle campagne del comune di Aidone nel corso di scavi illegali che ne decretarono un destino infausto, fatto di trafugamenti, compravendite ad opera di collezionisti d’arte e antiquari italiani, francesi, svizzeri e di indebite appropriazioni. Non a caso per tanto tempo è stata di proprietà del Getty Museum, fino a quando, nel 2010, dopo una complessa fase investigativa ad opera dei carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale, è stata ricondotta nella sua sede naturale e legittima, là dove era stata portata alla luce.

[6] Il cuore del bacino zolfifero siciliano è localizzato nel territorio nisseno, dove si ha un’alta concentrazione di ex miniere, ma i giacimenti sono sparsi in seno ad un territorio centrale molto vasto, che da est ad ovest dell’Isola è lungo circa 130 km ed è largo circa 60 km (Barilaro 2004, p. 162).

 


Tags

TURISMO , SICILIA RURALE , DOCUMENTAZIONE EUROPEA , ECOMUSEO


Categoria

Geografia

Scarica il PDF

Siculorum Gymnasium

A Journal for the Humanites

ISSN: 2499-667X

info@siculorum.it