Editoriale

di Antonio Sichera e Arianna Rotondo

Giancarlo Magnano San Lio è stato l’anima del Siculorum Gymnasium, la gloriosa rivista della Facoltà di Lettere dell’Università di Catania guadagnata a una nuova vita nel 2014, all’inizio della direzione del DISUM da parte di Magnano, con l’aggiunta di un significativo sottotitolo: A Journal for Humanities. Il Siculorum oggi taglia il traguardo dei dieci anni. Senza di lui. O almeno così potrebbe sembrare. In verità, la presenza di Giancarlo per noi e per i tanti che hanno contribuito alla rivista lungo questi dieci anni è quanto mai viva e tangibile. Il Siculorum porta infatti, sin dalla veste grafica, l’impronta della sua signorilità, della sua misura, del suo modo gentile di essere al mondo. Per questo abbiamo sentito la necessità di dedicare a Giancarlo questo numero della rivista che speravamo di presentare e di celebrare insieme a lui. Vogliamo così fare memoria del direttore/fondatore del nuovo Siculorum e offrire oggi ai nostri lettori un ritratto originale del Magnano uomo e studioso. È un percorso che avverrà in diverse tappe, in questo numero tutto dedicato a lui.

L’uomo anzitutto: nelle pagine iniziali del numero, i colleghi e gli allievi a lui più vicini – Santo Burgio, Corrado Giarratana, Luigi Ingaliso e Ivana Randazzo,– ci consegnano un’immagine a tutto tondo di una carriera e di un percorso umano e intellettuale che ha segnato la storia, prima della Facoltà di Lettere e poi del Dipartimento di Scienze Umanistiche, come dimostra tra l’altro l’intitolazione a Giancarlo Magnano San Lio del Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, fortemente voluta anzitutto da Marina Paino, amica e collega di una vita.

Ma non solo. Giancarlo era un grande studioso. E quando si lavora in maniera intensa e assidua su una zona della filosofia moderna e contemporanea (ma vale per ogni autentico interesse di ricerca umanistico) non si studia semplicemente un ‘oggetto culturale’, bensì si va esprimendo nel tempo, in controluce, un modo di pensare e di sentire il mondo. Si vanno così esplicitando – come se si trattasse della linfa dell’anima che alimenta i libri, i saggi, gli articoli – le tensioni profonde, le idee forti sottese che sorreggono le diverse figure della ricerca.

È questo il tessuto connettivo delle prime due sezioni del numero: Res e Riletture. Ci siamo interrogati cioè su quali fossero i principi-guida, i nodi ultimi del lavoro di Giancarlo e abbiamo chiesto ad alcuni dei suoi amici filosofi – con la mediazione generosa di Edoardo Massimilla – di scrivere un saggio attorno a questi nuclei profondi della ricerca del Magnano studioso.

A partire da un aspetto di metodo, del tutto centrale. Ci riferiamo a un modo di concepire la pratica della filosofia in senso radicalmente storico che Giancarlo ha attinto dai suoi maestri, da Corrado Dollo a Peppino Cacciatore e Fulvio Tessitore. Su tale profilo euristico della ricerca filosofica di Giancarlo scrivono sia Roberta Visone, che illumina a tal proposito lo scarto decisivo tra la scienza di Darwin e l’ideologia di Spencer, a cui si allinea Alfred Russel Wallace; sia Rosella Faraone, che difende lo statuto della storia della filosofia in quanto filosofare tout court, vista la strutturale esigenza del dialogo, della conversazione tra filosofi di ogni epoca, nella costruzione del discorso di qualunque pensatore, fosse anche il più speculativo. Come a dire che alla dimensione teoretica del pensare è sempre sottesa la tradizione in cui ci si inserisce e con la quale ci si intrattiene. Lo statuto storico del filosofare, al di là di sterili contraddizioni, aggancia l’atto del pensare alla realtà del divenire umano, delle sue fatiche e delle sue contraddizioni, mitigando fughe solipsistiche o invenzioni narcisistiche. Senza dogmatismi, ovviamente. Lo Heidegger letto da Giancarlo sotto la guida di un giovanissimo Mazzarella resta un’eccezione luminosa, più per la scelta selettiva delle fonti storiche però, che per la loro mancanza.

Tutto l’itinerario filosofico di Magnano ha ruotato attorno all’idea di cultura, a cui ha dedicato la gran parte delle sue energie, all’interno della scuola napoletana e nel quadro di una costante collaborazione con l’«Archivio di Storia della Cultura». A illuminare questo sfondo contribuisce Giovanni Morrone, con una riflessione fondamentale sul nesso tra cultura e modernità, colto nella sua feconda contraddizione interna. Del moderno, infatti, la cultura è al contempo orizzonte ineludibile e strumento di critica implacabile. La cultura si fa e si esprime nella critica, che è sempre, paradossalmente, critica della cultura stessa. La sua natura è quella di mettersi in questione nel suo proprio costituirsi. Il moderno è dunque l’epoca della cultura e della sua negazione creativa. Una dialettica questa – tipica della cultura e della ragione moderne – all’interno della quale Raffaele Carbone mette in luce, sulla scorta di Horkheimer, il passaggio storico, fondamentale nella Neuzeit, dalla cultura borghese ottocentesca, erede dell’assetto aristocratico, alla contemporanea cultura di massa, divenuta produzione, merce di consumo da immettere nel gioco del mercato.

Duplicità, ma anche unità. Nella filosofia contemporanea, il pensatore che più di ogni altro ha tentato di unificare l’agire culturale, nelle sue diverse manifestazioni, sotto una categoria onnicomprensiva, è stato senza dubbio Ernst Cassirer, con il suo concetto di «forma simbolica». Si può dire che la Philosophie der symbolischen Formen abbia rappresentato una sorta di basso continuo degli studi di Giancarlo. Alla lezione di Cassirer, alla sua feconda problematicità, dedica un saggio accurato in Res Renato Pettoello. E proprio attorno a uno scritto di Magnano su Cassirer, in occasione degli ottant’anni della Philosophie, ruota la sezione Riletture di questo numero del Siculorum, dove quattro professori del DISUM, di diverso orientamento filosofico, discutono criticamente il contributo del loro collega e amico. Si tratta di un filosofo teoretico, Alberto Giovanni Biuso; di una storica della filosofia antica, Giovanna Rita Giardina; di un filosofo del linguaggio, Marco Mazzone; di una filosofa morale, Maria Vita Romeo.

Della ricerca di Giancarlo la Germania e lo storicismo tedesco hanno rappresentato il terreno d’elezione. A Dilthey Magnano ha dedicato molti anni dei suoi studi, divenendo traduttore e interprete di spicco, tra i più noti e influenti, del filosofo delle Geisteswissenschaften. Con emozione e gratitudine ospitiamo in questo numero del Siculorum una traduzione diltheyana di Marica Magnano San Lio. Si tratta di una recensione giovanile a Die Kultur der Renaissance in Italien, il capolavoro di Jacob Burckhardt. Una recensione in cui Dilthey comincia ad affrontare il problema della fondazione di una Kulturgeschichte. Ai nostri occhi, questa traduzione è però anzitutto l’omaggio di una figlia filosofa al papà che l’ha allevata e custodita in questi studi, restituendo a tutti noi il senso di una continuità profonda e toccante. All’atmosfera tedesca degli studi di Giancarlo rimanda anche il contributo di Domenico Conte, uno dei maggiori studiosi dell’opera di Thomas Mann, del quale viene analizzato in particolare il Doctor Faustus, mettendo in luce l’inquietante genialità di Adrian Leverkühn, sotto le cui spoglie si nasconde la personalità di un Führer: questioni di filosofia, di letteratura, ma anche di stringente attualità, di fronte alla deriva dell’uomo forte al comando sulla quale sembra celebrarsi il crepuscolo della democrazia in Occidente.

Ci sono poi due idee che hanno accompagnato tutto il lavoro filosofico di Giancarlo, costituendone – diremmo – i tratti peculiari, chiarissimi agli occhi di lettori della sua opera anche solo minimamente attenti. La prima idea portante è quella di «individuo». Un individuo inteso ovviamente non nel senso dell’isolamento e del rifiuto dell’alterità, bensì in quello, per Magnano ben più calzante, di soggetto libero, autonomo, capace di farsi carico responsabilmente delle proprie scelte e della propria vita. Essere individui significa in questa chiave assumere il rischio della soggettività, con la sua luce e la sua ombra. Senza deflessioni e senza estremismi, tenendo in mano le redini dell’esistenza, accettando la solitudine della determinazione e della scelta, riservandosi uno spazio ultimo di de-cisione, che vuol dire coraggio ma anche cesura inevitabile col mondo, con la sua chiacchiera, con le sue pressioni. Domenico Fazio affronta la questione in termini schopenhaueriani, a partire dalla definizione dello statuto del sapere storico e del suo nesso con l’essenza dell’umanità.

L’altro cardine dello sfondo euristico del Magnano studioso è senza ombra di dubbio lidea di uomo, anzi di Umanità’. Giancarlo ha sempre avuto una sensibilità particolare per la dimensione umana della vita e della ricerca. Si è trattato, dal suo punto di vista, di un focus costante sull’«uomo intero», e cioè su un’umanità che non fosse sovrapposizione di elementi irrelati né puro primato della mente, dell’intelletto. Nel suo pensare, essere uomini significa volgersi all’umanità in un senso totale, in tutte le sue componenti. Un’umanità compresa ma mai smembrata. Fine, ma sempre integrata. Nobile, ma non slegata dalla ‘materia’ vitale del corpo e del sentimento. Una ‘Umanità’ con la maiuscola, per indicare il rispetto e la considerazione che il filosofo Magnano nutriva per la nostra condizione e per i suoi orizzonti ideali. Maurizio Cambi cerca di dar ragione di questa zona così delicata del lavoro del Nostro, appoggiandosi idealmente alla parabola di Giordano Bruno, alfiere dell’immanenza della ragione e della dignità intrinseca dell’umano.

La carriera di Giancarlo Magnano è stata costellata di onorificienze accademiche e soprattutto di incarichi istituzionali prestigiosi – dalla direzione del DISUM al prorettorato –, da lui assunti per senso di responsabilità e per spirito di servizio. A questa componente politica della sua vita universitaria si lega implicitamente il saggio che Elio Franzini, amico di antica data di Giancarlo, dedica alla situazione accademica odierna, ai suoi problemi, alle sue prospettive, alla sua necessità di considerazione pubblica, di finanziamento adeguato, di diversa valutazione, di necessario rinnovamento. Res si chiude dunque indicativamente con un contributo animato da sincera passione e da grande preoccupazione circa il futuro dell’istituzione a cui Giancarlo ha dedicato la vita (e che proprio a Catania, nella più antica università siciliana, ha subito una ferita giudiziaria profonda e sbagliata, di cui Magnano è stato icona e vittima, come ha poi dimostrato un’assoluzione quasi beffarda, arrivata pochi giorni dopo la sua morte. La storia è lenta, ma alla fine chiede il conto: molti se ne dovranno ricordare). 

In dialogo con la vita e l’opera di Giancarlo è concepita anche la sezione Agorà di questo numero della rivista. Per un verso, perché vi convergono, in direzioni diverse e in una forma di ideale restituzione, i contributi di allievi che hanno condiviso con il loro professore di Storia della Filosofia progetti e pensieri: Gianluca Bellia, Domenico Spinosa, Marta Vilardo, Isabella Bazzano e Viviana Galletta. Per l’altro, perché Santo Di Nuovo, anima e timoniere di lungo corso delle Scienze della Formazione e degli studi di Psicologia a Catania, ha voluto rendere omaggio a Giancarlo con un saggio fenomenologico su psicopatologia e psicoterapia, in sintonia con l’eredità jaspersiana verso la quale il Magnano storico della filosofia contemporanea ha indirizzato la figlia Marica sin dai primi passi della sua ricerca, in Italia come in Germania (e al viaggio tedesco di Marica e Giancarlo sulle orme di Jaspers risale la bellissima foto ospitata in copertina).

Non poteva mancare nemmeno questa volta BiblioSicily, una sezione a cui il direttore Magnano teneva tanto proprio per la sua natura speciale, quella di mettere assieme i libri, la cultura e la Sicilia. I libri che sono stati suoi compagni. La cultura, di cui si è nutrito e che ha nutrito ed elevato con la sua lezione. La Sicilia, che ha perso troppo presto un suo grande figlio, ma che se lo ritroverà vivente, con gioia, sul filo del tempo e dell’umanità. 

 


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FILOSOFIA , UMANITà , CULTURA TEDESCA , GIANCARLO MAGNANO SAN LIO


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